Umberto Eco – Vertigine della Lista

È sotto i miei occhi tutti i giorni, quando lavoro da casa, perché siede sulla mensola davanti al computer, su quella che è contemporaneamente la mensola più visibile a chi viene ospite da noi, e passa le ore sul nostro divano, e quella che cambia di meno, mentre tutte le altre subiscono un turnover periodico […]

È sotto i miei occhi tutti i giorni, quando lavoro da casa, perché siede sulla mensola davanti al computer, su quella che è contemporaneamente la mensola più visibile a chi viene ospite da noi, e passa le ore sul nostro divano, e quella che cambia di meno, mentre tutte le altre subiscono un turnover periodico che porta a prendere fiato ciò che è rimasto a lungo sepolto. La quantità di libri in casa è tale da costringerci a tenerli in doppia fila.

L’unica mensola a fila singola è quella, dove Vertigine della Lista siede insieme agli altri libri suoi gemelli, sempre curati da Umberto Eco, sempre editi da Bompiani in un lussuoso formato: Storia della Bellezza, Storia della Bruttezza e l’ultimo splendido Storia delle Terre e dei Luoghi Leggendari.

Nonostante sia sotto i miei occhi tutti i giorni, non ho pensato a consigliarvelo fino a quando non l’ho visto passare su LinkedIn, di recente, non ricordo a opera di quale dei miei contatti “indiretti”. Avevo appena terminato di preparare la mia lezione sul BIM per l’Interior Design, un trip down memory lane dopo oltre un anno di GIS, analisi dati e infrastrutture. E in particolare avevo utilizzato la Guida al Codice Anticlassico di Bruno Zevi (consigliato qui) in relazione all’ipotetico destino che attende il generative design così come lo conosciamo oggi, almeno secondo Daniel Davis. Mi si è quindi riaccesa una lampadina. Il concetto di elenco, di lista, è un concetto con cui ci misuriamo tutti i giorni (Dynamo o meno), ma lo padroneggiamo davvero? Umberto Eco, come sempre, ci porta a vedere le cose per quello che potrebbero significare, anziché per quello che appaiono.

Umberto Eco, Vertigine della Lista. Bompiani.

Nell’Iliade appaiono due modi di rappresentazione. Il primo si ha quando Omero descrive lo scudo di Achille: è una forma compiuta e conchiusa in cui Vulcano ha rappresentato tutto quello che egli sapeva e che noi si sa su una città, il suo contado, le sue guerre i suoi riti pacifici. L’altro modo si manifesta quando il poeta non riesce a dire quanti e chi fossero tutti i guerrieri Achei: chiede aiuto alle muse, ma deve limitarsi al cosiddetto, ed enorme, catalogo delle navi, che si conclude idealmente in un eccetera. Questo secondo modo di rappresentazione è la lista o elenco.
Ci sono liste che hanno fini pratici e sono finite, come la lista di tutti i libri di una biblioteca; ma ve ne sono altre che vogliono suggerire grandezze innumerabili e che si arrestano incomplete ai confini dell’indefinito. Come mostra questo libro e l’antologia che esso raccoglie, la storia della letteratura di tutti i tempi è infinitamente ricca di liste, da Esiodo a Joyce, da Ezechiele a Gadda. Sono spesso elenchi stesi per il gusto stesso dell’enumerazione, per la cantabilità dell’elenco o, ancora, per il piacere vertiginoso di riunire tra loro elementi privi di rapporto specifico, come accade nelle cosiddette enumerazioni caotiche.
Però con questo libro non si va solo alla scoperta di una forma letteraria di rado analizzata, ma si mostra anche come le arti figurative siano capaci di suggerire elenchi infiniti, anche quando la rappresentazione sembra severamente limitata dalla cornice del quadro. Così il lettore troverà in queste pagine una lista di immagini che ci fanno sentire la vertigine dell’illimitato.

U. Eco

Ho trovato di averne già parlato, su questo blog, probabilmente all’epoca della sua pubblicazione, dieci anni fa. A giudicare dalla formattazione dell’articolo, forse ero ancora su Splinder. Trovate l’articolo originario qui. Promettevo che avrei continuato a parlarne. Non l’ho mai fatto. Lo faccio ora. Meglio tardi che mai. Non si dica che non mantengo le mie promesse.

Nel Linguaggio Moderno dell’Architettura, Bruno Zevi dedica il suo primo capitolo, dopo un’introduzione di metodo e di inquadramento, all’elenco come metodologia progettuale.

Principio genetico del linguaggio moderno, compendia in sé tutti gli altri. Segna la linea di demarcazione etica ed operativa tra coloro che parlano in termini attuali e i ruminanti delle lingue morte: ogni errore, involuzione, blocco psicologico, arrugginimento mentale in sede di progettazione è riconducibile, senza eccezioni, al mancato rispetto di questo principio.

B. Zevi

Ma cos’è la lista per Eco e cos’è l’elenco per Zevi? Per Zevi si tratta di un «cardine etico, prima che operativo», perché «elencare significa risemantizzare». E fa l’esempio delle finestre: mentre il classicismo seleziona un modulo e poi studia la sequenza, i rapporti tra vuoti e pieni, gli allineamenti orizzontali e verticali (che chiama “sovrapposizione di ordini”), l’architetto moderno è chiamato da Zevi a ragionare ogni finestra come una parola a sé, in relazione espressiva strettissima con l’ambiente interno che deve illuminare. «Può assumere qualsiasi forma: rettangolare, quadrata, circolare, ellittica, triangolare, composita, a profilo libero. […] può essere un’asola lunga e stretta a filo di soffitto o di pavimento, un taglio a filo di parete, un nastro ad altezza d’uomo».

E l’elenco?

Il principio dell’elenco, secondo Zevi, esclude il concetto di facciata. Differenzia le finestre per forma e collocazione. E questo modo di procedere moltiplica le possibilità di scelta: è la vertigine di Eco, la complessità che rende necessari strumenti digitali e di computazione per essere domata.

La metodologia dell’elenco riazzera continuamente, verifica anche i cinque principî, come fecero lo stesso Le Corbusier, nella stagione senile, da Ronchamp in poi. Il «purismo» ne costituiva un pesante limite, poiché la «pianta libera» era tale solo entro il perimetro di una figura geometrica «pura». E perché mai dovremmo mitizzare la geometria, la linea e l’angolo retti? L’elenco dice ‘no’ anche a questi precetti. Coinvolge contenuti e forme, etica e socialità, come la lingua.

B. Zevi

Eco sembra avere in mente Zevi nel suo capitolo 8 di questa che è fondamentalmente un’antologia, ovvero quello titolato “Scambi tra lista e forma”.

Nella misura in cui una lista caratterizza una serie per quanto difforme di oggetti come appartenenti allo stesso contesto o visti dallo stesso punto di vista […], essa conferisce ordine, e dunque un accenno di forma, a un insieme altrimenti disordinato.

Cita poi la Primavera di Arcimboldo come esempio di un «modo più sottile di trasformare una lista in forma». Si tratta di una sezione breve, forse la più breve del libro, ma uno spazio ben maggiore viene dedicato alle liste di luoghi (capitolo 6, tra il sipario di De Chirico per il Mefistofele di Arrigo Boito e citazioni di Ezechiele – non 25:17, purtroppo, ma 27:3-27 – Sidonio Apollinare, Charles Dickens, Edgar Allan Poe, Marcel Proust e Italo Calvino con Le Città Invisibili, Blaise Cendrars, Walt Whitman, Victor Hugo, James Joyce, Jorge Luis Borges con L’Aleph).

Arrivo, ora, all’ineffabile centro del mio racconto: comincia qui la mia disperazione di scrittore. Ogni linguaggio è un alfabeto di simboli il cui uso presuppone un passato che gl’interlocutori condividono.

J.L. Borges

Ogni lunedì un libro per iniziare la settimana, e direi che questa settimana sono già stata abbastanza prolissa.

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