Georges Perec – Specie di spazi
Nella creazione di Clex – Cluster of Experts, il nuovo format di crescita professionale di Forma Mentis, stiamo organizzando la biblioteca ideale di un progettista nell’era digitale. Ogni lunedì un libro per iniziare la settimana. Oggi voglio proporvi un titolo un po’ inusuale, da un autore estremamente atipico. Georges Perec Specie di spazi Edito da Bollati Boringhieri «Vorrei che esistessero […]
Nella creazione di Clex – Cluster of Experts, il nuovo format di crescita professionale di Forma Mentis, stiamo organizzando la biblioteca ideale di un progettista nell’era digitale. Ogni lunedì un libro per iniziare la settimana.
Oggi voglio proporvi un titolo un po’ inusuale, da un autore estremamente atipico.
Georges Perec
Specie di spazi
Edito da Bollati Boringhieri
«Vorrei che esistessero luoghi stabili, immobili, intangibili,
mai toccati e quasi intoccabili,
immutabili, radicati;
luoghi che sarebbero punti di riferimento e di partenza».
– Georges Perec
«Vorrei che esistessero luoghi stabili, immobili, intangibili, mai toccati e quasi intoccabili, immutabili, radicati; luoghi che sarebbero punti di riferimento e di partenza, delle fonti: il mio paese natale, la culla della mia famiglia, la casa dove sarei nato, l’albero che avrei visto crescere (che mio padre avrebbe piantato il giorno della mia nascita), la soffitta della mia infanzia gremita di ricordi intatti…
Tali luoghi non esistono, ed è perché non esistono che lo spazio diventa problematico, cessa di essere evidenza, cessa di essere incorporato, cessa di essere appropriato.
Lo spazio è un dubbio: devo continuamente individuarlo, designarlo. Non è mai mio, mai mi viene dato, devo conquistarlo.
I miei spazi sono fragili: il tempo li consumerà, li distruggerà: niente somiglierà più a quel che era, i miei ricordi mi tradiranno, l’oblio s’infiltrerà nella mia memoria, guarderò senza riconoscerle alcune foto ingiallite dal bordo tutto strappato. Non ci sarà più la scritta in lettere di porcellana bianca incollate ad arco sulla vetrina del piccolo caffè di rue Coquillière: “Qui si consulta l’elenco telefonico” e “Spuntini a tutte le ore”. Come la sabbia scorre tra le dita, così fonde lo spazio. Il tempo lo porta via con sé e non me ne lascia che brandelli informi. Scrivere: cercare meticolosamente di trattenere qualcosa, di far sopravvivere qualcosa: strappare qualche briciola precisa al vuoto che si scava, lasciare, da qualche parte, un solco, una traccia, un marchio o qualche segno».
Georges Perec è stato un autore francese membro del gruppo Ouvroir de Littérature Potentielle (Officina di Letteratura Potenziale), fondato nel 1960 da Raymond Queneau e François Le Lionnais, di cui facevano parte scrittori e matematici del calibro di Italo Calvino, Marcel Duchamp e Jacques Roubaud. Il gruppo si caratterizza per l’utilizzo di vincoli narrativi come strumenti per stimolare la creatività. Tra questi, il gruppo si basa spesso su problemi matematici e scacchistici, grazie alla presenza nel gruppo di personalità come Jacques Roubaud e riallacciandosi quindi alle opere di autori come Louis Carrol e Edwin A. Abbott.
L’autore di Specie di Spazi è tra gli esponenti più significativi del gruppo e il suo La vita, istruzioni per l’uso (La Vie mode d’emploi) è emblema delle tecniche messe in atto dall’officina: nel romanzo, descrive la vita degli abitanti di una casa parigina seguendo uno schema che riprende la mossa del cavallo nel gioco degli scacchi.
“Vivere è passare da uno spazio all’altro,
cercando il più possibile di non farsi troppo male”.
Nella sua straordinaria delicatezza, Specie di Spazi parte dall’amore che l’autore aveva per la classificazione, per gli elenchi e le liste, ed è una sorta di bestiario degli spazi, principalmente interni ma non solo. Un libro fondamentale per un architetto e per un interior designer, se è vero che – come diceva Bruno Zevi – gli interni sono «lo spazio è il luogo dove si applicano e si qualificano tutte le manifestazioni dell’architettura». Segue una sorta di struttura “a salire”, dal particolare al generale, e si suddivide in 13 sezioni:
- La pagina;
- Il letto;
- La camera;
- L’appartamento;
- Il palazzo;
- La strada;
- Il quartiere;
- La città;
- La campagna;
- Il Paese;
- L’Europa;
- Il Mondo;
- Lo Spazio.
Ve ne propongo alcuni estratti. Trovate on-line alcune bellissime recensioni, tra cui quella di Donatella Moica (qui) e quella di Veronica Giuffré sul suo blog I Calzini Spaiati (qui).
4. L’appartamento
Non so, e non voglio sapere, dove cominci e dove finisca il funzionale. Ad ogni modo, per quel che mi risulta, nella divisione modello degli appartamenti di oggi, il funzionale funziona secondo una procedura univoca, sequenziale e nittemerale: le attività quotidiane corrispondono a determinate fasce orarie e ad ogni fascia oraria corrisponde una delle stanze dell’appartamento.
Non si pensa abbastanza alle scale.
Niente era più bello, nelle vecchie case, delle scale.
Niente è più brutto, più freddo, più ostile, più meschino, nei palazzi d’oggi.
Si dovrebbe imparare a vivere di più nelle scale. Ma come?
5. Il Palazzo
Immagino un palazzo parigino di cui sia stata tolta la facciata – una specie d’equivalenyte del tetto sollevato nel Diavolo zoppo o della scena del gioco del go rappresentata nel Genji monogatari emaki – in modo che, dal pianterreno alle mansarte, tutte le stanze che si trovano dietro la facciata siano immediatamente e simultaneamente visibili.
6. La strada
Esercitazioni: […]
Decifrare un pezzo di città, i suoi circuiti: perché gli autobus vanno da tale posto a tal altro?
Chi sceglie gli itinerari, e in funzione di che cosa?
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