Gate 7 – una ventata di Tokyo Babylon

Saranno anni che non riesco ad andare oltre al numero due di un fumetto delle Clamp. La proporzione tra la quantità di numeri uno che compro e la quantità di fumetti che continuo, chi mi conosce lo sa, è a dir poco catastrofica, ma Gate 7 (ゲート セブン) forse minaccia di farmi arrivare addirittura al […]

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Saranno anni che non riesco ad andare oltre al numero due di un fumetto delle Clamp. La proporzione tra la quantità di numeri uno che compro e la quantità di fumetti che continuo, chi mi conosce lo sa, è a dir poco catastrofica, ma Gate 7 (ゲート セブン) forse minaccia di farmi arrivare addirittura al terzo numero. Come mai? Beh, in parte mi ci spinge un fervore nostalgico da cinquantenne in crisi di mezza età e non posso resistere alle atmosfere del fumetto, simili per alcuni versi a quel piccolo gioiello che era Tokyo Babylon o a quel capolavoro dal finale inedito che è X-1999: Chikahito Takamoto (高本 致佳人), giovane studente di Tokyo, durante la sua prima visita a Kyoto assiste allo straordinario spettacolo di tre inou impegnati nel combattimento contro una creatura soprannaturale. Passano gli anni, l’incontro viene archiviato come allucinazione, ma Takamoto è destinato ad incontrare nuovamente il gruppo una volta che le vie del destino lo portano a trasferirsi a Kyoto. Dei personaggi, al momento non particolarmente sfaccettati e dal sapore abbastanza conosciuto, sono parte dell’Ura-Shichiken (il circolo di Inoi con quartier generale a kami-shichiken, vicino al santuario shintoista Kitano):

  • la piccola enigmatica Hana, che manovra il Myoho, ovvero le leggi mistiche della vita, e che con un bacio ha lanciato su Chikahito l’incantesimo destinato a riportarlo a Kyoto: è il classico personaggio semi-autistico maschile con fattezze femminili (o femminile con ambiguità maschili) che piace tanto ai giapponesi;
  • il giovane e solare Toyotomi Hidetsugu, capo del suo clan e quindi proprietario, oltre che del quartier generale ura-shichiken, dell’oni veggente Mikoto, entrambi ereditati da suo padre: è il classico ragazzo moro che sorride sempre con aperta e cordiale tranquillità, e già al secondo numero ci si domanda che cazzo ci trovi da sorridere sempre;
  • l’altrettanto giovane ma riflessivo Akechi Mitsuhide, che combatte contro Mikoto nel desiderio di ottenere il dairokutenmaoh (che no, non è una forma di sgurz, ma sarebbe il re demone del sesto cielo e a questo punto ne so quanto voi perché Wikipedia mi chiede se non intendevo shikokutenkyo, provare per credere): è il classico personaggio biondo, con gli occhiali, di bell’aspetto ma non belloccio, riflessivo e perennemente crucciato perché ha già capito che il suo amico è un cretino e per questo moriranno tutti, viene accompagnato da un oni identico a lui, che forse è una carta seguace di Munchkin Fu;
  • Sakura, il punk che ride con la fascia: forgia le armi dello Yin;
  • Tachibana, il moro vestito da prete: forgia le armi dello Yang.

Lo so, presentato così non lascia molto di cui stare allegri, ma quando i cretini non litigano tra di loro e vanno a caccia di oni, non è un fumetto così illeggibile. Davvero. È poi è tornato ad essere un fumetto ben disegnato, lontano dagli eccessi di caricaturali di Tsubasa o dagli schemi spigolosi e piatti di Clover.

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