Piatti, fondine e altri piatti

Dovrebbe sussistere una sostanziale differenza, almeno in teoria, tra il Salone del Mobile e la maison object di Parigi, e con questo non intendo dire che in giro per il salone (e fuori) io mi aspetti di trovare solo divani e tavolini. Ci mancherebbe. Devo dire però che trovo curiosa, mentre prendo fiato in attesa […]

Dovrebbe sussistere una sostanziale differenza, almeno in teoria, tra il Salone del Mobile e la maison object di Parigi, e con questo non intendo dire che in giro per il salone (e fuori) io mi aspetti di trovare solo divani e tavolini. Ci mancherebbe. Devo dire però che trovo curiosa, mentre prendo fiato in attesa di addentrarmi in zona Tortona e tento di riprendermi dalla colossale sbronza rimediata ieri sera da Cibic, la quantità abnorme di stoviglie disegnate anche quest’anno, tra i giovani designer del Salone Satellite come tra gli affermati, a partire da Kartell che quest’anno decide di mettere “in tavola” stoviglie di plastica disegnate non solo da Cracco e Oldani (che ripropone in plastica vecchi pezzi) ma anche da Jean Marie Massaud, Patricia Urquiola e Philip Starck.


Al di là di facili battute, e indipendentemente dal risultato della specifica operazione di Kartell (anche quest’anno in stato di grazia per quanto riguarda lo stand in fiera), trovo curiosa questa tendenza, considerato che Richard Ginori ha i forni fermi dall’estate 2012, per citare solo il più noto degli esempi, e l’industria dei macchinari per la lavorazione della ceramica in Italia è in contrazione più o meno dal 2004. Ancora più curioso, da un punto di vista eminentemente intellettuale, scoprire che quest’anno tra i progetti presentati al contest del Salone Satellite troviamo più stoviglie che sedie. Letteralmente.

E anche se il motivo rimane un mistero, è un fenomeno con cui comunque è necessario fare i conti. Se è vero che la pietra filosofale dei designer è la sedia, a quanto pare la stoviglia ricopre un ruolo di tutto rispetto. Troviamo quindi le posate cubiste dei Belgium is design accanto alle interessantissime texture che Chun Mijin ha stampato sul calcestruzzo per il suo portabottiglie, mentre l’iconoclasta tedesca Maria Volokhova fa a pezzi Veneri e spacca teste di maiale, e Manuela di Ladesign risolve il problema alla radice disegnando le stoviglie direttamente sul piano dei suoi tavoli. Ci sono i calchi in carta del progetto Molt a cura di Shunya Hattori. E poi forme tradizionalissime, come quelle proposte da […] (in colore) e da Chen Ju Wei di Viichen design, bianche e purissime. Infine, ci sono le posate coreane stampate fuse con le stoviglie, che si sono guadagnate il terzo posto nella mia top ten Fuorisalone di quest’anno.

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Allargando l’orizzonte fuori dal salone e al di là delle stoviglie, invece, si scatenano le geniali forme di Made a mano, con le loro incantevoli lavastone boards in partnership con Agape 12, che festeggia i suoi quarant’anni.

   

Accanto a loro (letteralmente, a pochi passi nel Brera design district), le Scene mediterranee di Bredaquaranta ci offrono manufatti imperdibili e Formafantasma insedia, a Palazzo Clerici, una delle installazioni più emozionanti di questo salone, francamente un po’ avaro. Presenti non solo in galleria Libby Sellers, ma anche al Bagatti Valsecchi, da Rossana Orlandi, da Nodus e in Triennale al Design Museum, nell’ambito dell’esposizione Autarchia, Austeritá, Autoproduzione. Perderseli è peccato mortale. Consideratevi avvertiti.

   

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