La (lunga) via per il BIM: cosa cambierà nel Codice Appalti
Depositato il parere delle commissioni parlamentari sul codice appalti. Ecco qual è l’intervento sul punto caldo del codice, ovvero quello che riguarda la progressiva introduzione obbligatoria del Building Information Modeling per gli appalti pubblici. L’art. 23 comma 13 originariamente recitava: “Le stazioni appaltanti possono richiedere per le nuove opere nonché per interventi di recupero, riqualificazione o […]
Depositato il parere delle commissioni parlamentari sul codice appalti.
Ecco qual è l’intervento sul punto caldo del codice, ovvero quello che riguarda la progressiva introduzione obbligatoria del Building Information Modeling per gli appalti pubblici.
L’art. 23 comma 13 originariamente recitava:
“Le stazioni appaltanti possono richiedere per le nuove opere nonché per interventi di recupero, riqualificazione o varianti, prioritariamente per i lavori complessi, l’uso dei metodi e strumenti elettronici specifici di cui al comma 1, lettera h). Tali strumenti utilizzano piattaforme interoperabili a mezzo di formati aperti non proprietari, al fine di non limitare la concorrenza tra i fornitori di tecnologie e di non limitare il coinvolgimento di specifiche progettualità tra i progettisti. L’uso dei metodi e strumenti elettronici può essere richiesto soltanto dalle stazioni appaltanti dotate di personale adeguatamente formato e che dispongono di idonei sistemi di monitoraggio. Con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono individuati i tempi di progressiva introduzione dell’obbligatorietà del metodo, valutata in relazione alla tipologia delle opere da affidare e tenuto conto dei relativi importi, nonché adeguati sistemi di monitoraggio. L’utilizzo di tali metodologie costituisce parametro di valutazione dei requisiti premianti di cui all’articolo 38.”
(laddove ricordo che il comma 1 lettera h recitava che la progettazione in materia di lavori pubblici è intesa ad assicurare, tra le altre cose, “la razionalizzazione delle attività di progettazione e delle connesse verifiche attraverso il progressivo uso di metodi e strumenti elettronici specifici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture.”)
Vengono richieste le seguenti modifiche:
“al comma 13, sostituire il terzo e il quarto periodo con i seguenti:
L’uso dei metodi e strumenti elettronici può essere richiesto soltanto
dalle stazioni appaltanti dotate di personale adeguatamente formato nel
tempo mediante specifici corsi di formazione. Con decreto del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti da emanare entro il 31
luglio 2016 è istituita una Commissione che definisce le modalità e i
tempi di progressiva introduzione dell’obbligatorietà dei suddetti
metodi presso le stazioni appaltanti, le amministrazioni concedenti
e gli operatori economici, valutata in relazione alla tipologia delle opere
da affidare e della strategia di digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche e del settore delle costruzioni;“
Purtroppo la “Disponibilità di tecnologie telematiche nella gestione di procedure di gara” per le stazioni appaltanti (Titolo II, Art. 38, comma 4, b-3) rimane un requisito premiante, e non di base. Significa quindi che, salvo il decreto di cui sopra, le stazioni appaltanti possono continuare a non essere in grado di sostenere un appalto digitale appellandosi alla mancanza di infrastruttura o di personale adeguatamente formato. Almeno per il momento.
Rimangono anche tutti quei riferimenti generici a “programmi comunemente disponibili”, dannatamente generico.
Il parere unico è firmato da Stefano Esposito e Raffaella Mariani.
Appuntamento quindi al 31 luglio per il prossimo passo.
Per ulteriori approfondimenti, e per il testo originale:
http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/art/lavori-pubblici/2016-04-06/piu-trasparenza-piccoli-lavori-torna-anticipo-prezzi-e-tetto-subappalti-tutte-correzioni-parlamento-nuovo-codice-173157.php