Attese a Carfax Abbey

Era una notte biua e tempestosa, e i fulmini lampeggiavano su Carfax Abbey, illuminando a sprazzi la collezione dei dvd di Takashi Miike, esposti in una bacheca al posto degli ormai perduti – e mai rimpianti – gioielli di famiglia. Il Conte misurava nervoso il lato lungo della sala, da cui le vetrate lasciavano irrompere […]

Era una notte biua e tempestosa, e i fulmini lampeggiavano su Carfax Abbey, illuminando a sprazzi la collezione dei dvd di Takashi Miike, esposti in una bacheca al posto degli ormai perduti – e mai rimpianti – gioielli di famiglia. Il Conte misurava nervoso il lato lungo della sala, da cui le vetrate lasciavano irrompere furiosi lampi sul suo mantello nero griffato l0stAngel e sul cerone del volto. Al centro della stanza, su un cuscino di velluto nero che trasudava il sublime senso estetico del suo proprietario (nonché qualche decina di migliaia di acari inferociti per il disturbo), erano appoggiati con timore una enigmatica quanto inquietante fotografia e un fragile biglietto, scritto a mano in caratteri tremebondi.
Sul lato corto del salone, opposta alla porta, una piccola folla eterogenea attendeva immobile. Dallo specchio in un angolo, una ragazza cicciottella (ma carina) fissava un’altra fanciulla di fronte, più alta di pochi centimetri per i tacchi di piccole scarpe rosse e da lei molto diversa, eppure somigliante. Accanto all’affascinante Perdita, la sua languida mano dalle unghie color porpora appoggiata alla spalla di lei, un’altra donna attendeva: bella e fatale, oscura, alta, sui suoi dodici centimetri di tacchi a spillo, la Dark Lady della Milonga attendeva, gettando di tanto in tanto nervose occhiate all’adorato Conte nelle ambasce (mentre alle sue spalle, un uomo dalle lunghe orecchie conigliesche era impegnato a gettarle occhiate colà dove si puote ciò che si vuole). Alla destra del Cialtrone, una coppia alquanto insolita completava il quadro: una mutante coperta di sottili squame rosso sangue, infilata in un tubino di Versace, insieme ad un uomo abbigliato a tinte sgargianti. Dietro di loro, altre figure non distinguibili nell’ombra.
Attendevano, ormai da una mezz’ora buona, e alla furia del Conte spazientito facevano eco i tuoni della tempesta che infuriava sopra la sua casa. Infine si udì il suono di una piccola auto sportiva fermarsi sulla stradina che si inerpicava fino al nascondiglio del Conte e la porta richiudersi.
Il fido Astolfo spiccò il volo e percorse volteggiando la ripida scala a chiocciola, avventandosi fischiando sulla ritadataria, che trasse in fretta dalla tasca un piccolo libro sui roditori ed evocò un criceto dalla copertina. "Un angelo! – ebbe il tempo di pensare la bestiola, prima che il fido Astolfo gli affondasse le zanne cave nella gola, succhiando avidamente.

Giunsi di corsa nella sala ed aprii la porta: dal fondo del salone, Cialtrone mi guardò con sospetto e strinse con vigore a sé i giornalini che aveva sotto braccio.
"Scusatemi – mi giustificai, togliendo il cappotto gocciolante e preparando gli attrezzi del mestiere – ho fatto tardi."

Continua…

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