Dopo un’attesa quasi sufficiente a farmene completamente dimenticare l’esistenza, esce il secondo volume di The Lost Seven, il manga che – in un’epoca in cui sembra andare di moda – prende la favola di Biancaneve e ne usa i nomi per un’avventura alla Final Fantasy: sette guerrieri erranti del clan Brai decidono di affrontare l’ignominia derivata dall’aver abbandonato le tradizioni del loro popolo, fuoriescono dalla tribù e si schierano con la giovane Biancaneve per sconfiggere Queen Rose, strega dello specchio che controlla i demoni. Poi ovviamente (?) Biancaneve muore, i guerrieri sconfiggono la malvagia strega ma vengono dispersi, il loro capo – creduto morto – è scagliato ai confini del mondo ed i prodi sei si danno alla vita sedentaria e tranquilla, e vissero tutti felici e contenti.
Beh.
Più o meno.
La storia riprende dieci anni dopo, con il ritorno di Tanrou, la scoperta della figlia della regina, Red Rose, e la promessa di aiutarla a riconquistare il suo castello dalle grinfie dell’imperatore demone, per redimersi. Dopo un numero in cui Tanrou e Hagun tentavano di rimettere insieme i sette, questo numero ci accompagna più a fondo nel mondo che Ko Ya-Sung crea per la sua avventura. Un mondo sicuramente non originale e molto simile ad altri esperimenti come quelli di Kaori Yuki, nato da fiabe e tradizioni occidentali, fiabesche e religiose, frullate dalla testa di un giapponese e guarnite con elementi tipici del seinen: la fanciulla che vuole combattere, il guerriero con un gigantesco spadone, il demone clown ed i mistici tatuaggi. Proprio da questi ultimi sembra voler prendere le mosse l’intreccio: sono loro, generati dall’uccisione della strega, a guidare le azioni di Tanrou contro i demoni, e da loro rinasce Queen Rose sotto forma di Prin-Rose, modellata dalle arti dell’unico a non riflettersi nello specchio Sephirot. Siete confusi a sufficienza, adesso?

Marjorie Bowen — Raw Material
Linley was fond of collecting what he called “raw material” and, as a fairly successful barrister, he had good opportunity for doing so. He despised novelists and romancists, yet one day he hoped to become one of these gentry himself, hence his collection of the





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