BIM Design Sprint (1)

Mapping, Sketching, Deciding, Prototyping & Testing di una libreria aziendale Qualche settimana fa mi è capitato di condividere qualche riflessione sul metodo ICE – Integrated Concurrent Engineering e ho ricevuto diverse domande sull’organizzazione di una sessione ICE. Nel fornire ulteriori riferimenti sull’organizzazione dello spazio fisico per la sessione (chiamato anche War Room), mi sono imbattuta […]

Mapping, Sketching, Deciding, Prototyping & Testing di una libreria aziendale

Qualche settimana fa mi è capitato di condividere qualche riflessione sul metodo ICE – Integrated Concurrent Engineering e ho ricevuto diverse domande sull’organizzazione di una sessione ICE. Nel fornire ulteriori riferimenti sull’organizzazione dello spazio fisico per la sessione (chiamato anche War Room), mi sono imbattuta in questo articolo.
Il nome di Jake Knapp mi ha fatto tornare alla mente che esiste un altro strumento estremamente utile per affrontare problemi complessi in modo agile ed efficace: il design sprint. Stiamo affrontando in modo approfondito l’argomento nel corso BIM.AgileManagement, partito lo scorso 22 settembre, ma vi condivido qualche riflessione e qualche strumento.
Sprint, il libro che riassume il metodo, è stato il nostro libro del lunedì questa settimana.

1. Il Design Sprint

Il framework per un Design Sprint viene sviluppata da Jake Knapp durante il suo lavoro in Google Ventures e consiste nella semplice idea che, date le giuste condizioni e raccolte le persone giuste, sia possibile sviluppare una soluzione, dall’idea preliminare al test di funzionalità, in uno sprint di cinque giorni.
Cinque giorni vengono presentati come “pochi”, chiaramente, ma sappiamo bene che chiedere cinque interi giorni per attività che dovrebbero essere cruciali (impostazione del modello, pianificazione di una libreria, avvio di un progetto) spesso non è cosa che venga recepita bene, nel settore delle costruzioni. I progetti partono all’improvviso, di corsa, e non si chiudono mai ma, piuttosto, vanno a morire silenziosamente in un angolo.
Il sito contiene una serie di utilissimi strumenti tra cui una sezione “how to pitch for a design sprint”, in cui si consiglia di:
  1. Condividere una rapida overview del metodo, ad esempio attraverso un post contro il concetto di brainstorming o un brevissimo video;
  2. Dare un assaggio tramite un’attività simile, come la Lightning Decision Jam di Jonathan Courtney;
  3. Portare qualche referenza di realtà in cui è stato usato il metodo, come Google, Slack, Uber, Airbnb, Medium, Dropbox, Facebook, McKinsey, IDEO, LEGO, le Nazioni Unite o il New York Times;

Attenzione perché nella mia esperienza il punto 3 non funziona nel settore delle costruzioni: architettura e ingegneria hanno spesso l’arroganza di ritenersi uniche, non solo come settore ma addirittura individualmente come aziende, e quindi può funzionare solo un riferimento diretto non solo nello stesso ambito (architettura con architettura) ma anche nello stesso settore (residenziale con residenziale) e con le stesse sfumature. Sono problemi che affronto spesso quando propongo un workshop di LEGO® SERIOUS PLAY® a un cliente che non mi conosce. È un mondo difficile.

Per verificare se sia o meno il caso di realizzare uno Sprint, esiste anche uno strumento chiamato SprintFit che, sulla base delle risposte ad una serie di domande, calcola la posizione della sfida rispetto alla sua importanza e urgenza.

Superata la fase del convincimento, lo sprint si compone di cinque giorni + un’attività di preparazione. Partiamo proprio da questa.

1.0. Preparazione

Nella fase di preparazione del Design Sprint, due sono gli aspetti cruciali: scegliere le persone e impostare l’infrastruttura, composta da materiale + stanza.

Le persone necessarie a un Design Sprint di successo si possono suddividere a loro volta in tre/quattro categorie:

  1. Il team vero e proprio, che deve essere cross-funzionale e possibilmente contenere competenze che non siano esclusivamente quelle dell’ambito di riferimento: nel nostro caso, se oggetto del prototipo è una porzione della libreria aziendale, non possiamo avere un team composto solo da “specialisti BIM”, ma è necessario includere tutte le competenze coinvolte nell’utilizzo e nella progettazione dell’oggetto;
  2. Un manipolo di esperti con cui consultarsi: questi esperti vengono considerati a parte rispetto al team perché non è necessario che siano presenti per tutti e cinque i giorni dello sprint ma possono essere coinvolti e intervistati in momenti cruciali del processo;
  3. Uno o più persone in posizione decisionale (ne ho sentito parlare come “decisori”, anche se onestamente non amo il termine): senza persone che hanno l’autorità di prendere decisioni in merito all’ambito di azione del Design Sprint, ci si espone alla possibilità che parte delle attività non vengano poi confermate da questo ipotetico organo decisionale esterno, rendendo inefficace l’attività svolta;
  4. Il facilitatore, figura complessa ben diversa dal capo progetto, che deve essere in grado di condurre una discussione smorzando le ostilità, rispettando i tempi e, laddove necessario, operando una sintesi senza imporre o introdurre un proprio punto di vista. Si occupa di supporto e coordinamento, spesso anche di redazione della documentazione, ma offre anche consulenza metodologica laddove necessario e quindi nel nostro caso deve essere persona competente in BIM. Può trattarsi di un coordinator con particolari competenze “soft”, oppure di un esterno.

Per quanto riguarda il facilitatore, si tratta probabilmente di un ruolo che vi troverete a ricoprire. Consiglio quindi questo articolo con 24 consigli validi, in realtà, per qualunque processo dal Design Sprint al Lego Serious Play.

Il materiale necessario è contenuto in una sorta di checklist, messa a disposizione sempre sul sito, ma particolare attenzione dovrebbe essere posta alla scelta e all’organizzazione della stanza, quella War Room che tanto era cruciale nelle sessioni ICE.

1.0.1. Preparazione: la War Room

Curiosamente, considerato che di mestiere costruiamo spazi, la presenza di una stanza adeguata per questo tipo di attività risulta essere uno dei punti più difficili da sciogliere. Non si tratta infatti di una sala per riunioni formali, sala che in quanto espressione di potere è tra le prime a venire realizzate in un’azienda, ma di uno spazio tecnologicamente all’avanguardia o anche solo sufficientemente ampio per contenere diverse configurazioni di persone al lavoro. secondo gli autori, non deve necessariamente trattarsi di uno spazio fisico: nella mia esperienza, deve esserlo.

To solve a complex design problem, you need to track lots of moving parts. As humans, our short-term memory is not all that good–but our spatial memory is awesome. Plaster a room with notes and you take advantage of that spatial memory. You begin to know where information is, which extends your ability to remember things.

Ho già parlato di pensiero spaziale, non spaziale e numerico in occasione della Esri Conference dell’anno scorso a San Diego: si tratta di ragionamenti che sono particolarmente rilevanti per chi opera in edilizia, che statisticamente dovrebbe avere una sensibilità spaziale maggiormente sviluppata.

Oltre a questo aspetto, la stanza fisica che vede la compresenza del team contribuisce a creare quello che viene definita “comprensione condivisa” del problema: uno degli aspetti principali nell’inefficacia della comunicazione rispetto a un problema è, infatti, l’errata percezione di averne la stessa comprensione e la stessa visione. Spesso invece il team non si trova d’accordo nemmeno sull’inquadramento iniziale dello stesso. Nulla può essere dato per scontato.

Gli ingredienti per una War Room di successo, laddove l’obiettivo sia il Design Sprint, sono i seguenti:

  • deve disporre di ampie superfici verticali: durante lo sprint vengono utilizzate molto le pareti ed è bene che siano sgombre e accessibili o, se impegnate, già impegnate con elementi rilevanti per lo sprint stesso;
    • tra le superfici verticali, particolare ruolo rivestono le whiteboard, e in questo articolo Jake Knapp offre una classifica delle diverse forme possibili:
      • Montata a parete, da pavimento a soffitto– La migliore, perché consente di utilizzare tutto lo spazio, incluso quello più vicino al pavimento, e organizzare le mappe sia orizzontalmente che verticalmente;
      • IdeaPaint, ovvero quella vernice speciale che trasforma una parete in lavagna– Molto efficiente, a meno che le pareti non abbiano una grana particolare, nel qual caso bisogna far preparare un sottofondo: per l’amore del cielo, se utilizzate questa vernice dipingeteci tutte le pareti o fate in modo di avere le altre pareti dipinte con un colore, altrimenti vi state aprendo a… possibili incidenti.
      • Quadro, montata a parete– Avere dei riquadri non è un problema, ma è necessario averne molti.
      • Showerboard– Molto più economica, ma la superficie è terribile da pulire e richiede di utilizzare prodotti specifici.
      • Portatile o roll-up– In questo caso, sono da prediligere quelle di dimensioni maggiori, ponendo attenzione alla stabilità.
  • non deve essere considerata una sala riunioni, né essere considerata disponibile per tutta la durata dello sprint: deve essere destinata esclusivamente al progetto e trattata come tale;
  • l’arredo dev’essere mobile e flessibile, per consentire diverse configurazioni senza che sia troppo faticoso crearle: si alternano infatti situazioni in cui è necessario sedere ad un tavolo da disegno e altre in cui occorrono le sole sedie, per facilitare la discussione, per arrivare a situazioni in cui tutti sono in piedi e devono potersi muovere liberamente.

Nello stesso articolo vengono fornite tre ricette, con relativo prezzo d’acquisto dell’infrastruttura: la Design War Room di Google Ventures, la sala riunioni riconfigurabile e il fortino nell’open space.

Superata la fase di preparazione, i cinque giorni segnano la netta suddivisione delle cinque attività del Design Sprint:

  • Lunedì si mappa la situazione o il problema da affrontare;
  • Martedì si abbozza preliminarmente una serie di possibili soluzioni;
  • Mercoledì si decide quale sviluppare nel dettaglio;
  • Giovedì si prototipano le soluzioni individuate;
  • Venerdì si testano i prototipi per individuare il più funzionale.

In questo primo articolo, mi concentrerò sulle attività del lunedì, ovvero quella di costruzione della mappa.
Seguiranno altri contributi per le altre giornate.

1.1. Map (Lunedì)

La mappatura del problema e della situazione al contorno è, come spesso accade, il primo passo per affrontare meglio il problema stesso. Obiettivo della giornata di lunedì è quindi avviare i lavori in modo che il team abbia il maggior numero di informazioni possibili e una comprensione della questione in tutte le sue sfaccettature.

1.1.1. Obiettivi a lungo termine e formulazione delle domande

Fatte le dovute presentazioni, sia personali che relative al metodo, le prime attività da portare avanti nel Design Sprint sono due:

  1. Un obiettivo a lungo termine, di impronta ottimista, in cui si chiede al team di ricordare perché si sta svolgendo il progetto e si chiede di ragionare su dove si desidera essere a sei mesi, un anno o cinque anni da oggi. Il lasso di tempo è da decidere in funzione delle specificità del tema affrontato: nel caso della libreria ad esempio il lasso di tempo più appropriato sono i sei mesi, mentre per gli standard di studio sarebbe più opportuno ragionare in termini di anni.
  2. Una serie di domande, nella formulazione del quale si richiede di essere pessimisti: in questa sede è opportuno chiedersi ad esempio in cosa potremmo fallire, quali potrebbero essere gli ostacoli, quali potrebbero essere i risvolti negativi dell’iniziativa.

Potrebbe capitare che i nuovi oggetti della libreria siano disallineati rispetto al fabbisogno informativo dei progetti in corso?
Potremmo trovarci in una situazione in cui i progettisti non si fidano a caricare oggetti di libreria nei loro progetti?
I nostri oggetti di libreria potrebbero passare nelle mani di consulenti o altri player?

Queste attività preliminari non dovrebbero impegnare più di un’ora e mezza.

1.1.2. Disegno della mappa

Messi a punto questi ragionamenti di contesto, giunge il momento di iniziare la mappatura vera e propria. Alla sinistra della mappa si elencano clienti e player chiave, mentre alla destra si posiziona l’obiettivo finale. Scopo della mappa è mettere in evidenza quali sono i passaggi e le interazioni attraverso i quali i clienti interagiscono con i player e tra di loro nella loro strada verso l’obiettivo. Si tratta di uno dei passaggi più critici nel Design Sprint: per ulteriore approfondimento, consiglio di guardare questo esempio o, se siete colti dalla sindrome da parete bianca, di leggere questo articolo di Stéphane Cruchon, che propone un’ulteriore breakdown in fasi per la creazione della mappa. Potete anche provare a guardare questo tutorial.

Attenzione alla formulazione dell’obiettivo finale: nel caso di un Design Sprint per gli standard di studio, ad esempio, l’obiettivo non sono gli standard in sé, ma – ad esempio – un modello di progetto che rispetti gli standard.
Nel caso della libreria, l’obiettivo finale e la presenza di un pezzo d’infrastruttura utile, funzionale e utilizzato da un certo numero di progetti.

1.1.3. Interviste agli esperti

Una volta stilata la mappa, operazione che dovrebbe essere ultimata prima della pausa pranzo, sarà il momento di interpellare gli esperti, sia quelli presenti all’interno del team sia gli eventuali esperti esterni, che non parteciperanno a tutto il Design Sprint. Le domande rivolte agli esperti dovrebbero impegnare dai quindici ai trenta minuti ciascuno e dovrebbero indagare questioni relative alla visione, alle precedenti esperienze con clienti / target simili, al funzionamento del prodotto e agli aspetti tecnici, ad eventuali precedenti esperienze nello stesso ambito.

Gli esperti, nel caso della libreria aziendale, potrebbero essere un BIM Coordinator non coinvolto nello sprint o il BIM Manager (se ha deciso di delegare la decisione), ma anche un designer del prodotto, un progettista senior, lo specialista che si era già occupato di realizzare altri pezzi di libreria o che aveva supervisionato la creazione dei blocchi CAD nella precedente tecnologia.

Gli input degli esperti hanno l’obiettivo di aggiornare sia la mappa (1.1.2.) che le domande relative a possibili problemi e ostacoli (1.1.1.).

1.1.4. Come potremmo…?

Riprendendo le domande (1.1.1.), ora aggiornate e integrate con l’input degli esperti, è il momento di essere proattivi: ogni problema e ogni ostacolo viene trasformato, generalmente su un post-it, in una proposta di azione. L’esercizio è spiegato in questo tutorial, oppure potete leggere questo articolo.

Nel caso della libreria aziendale, le domande potrebbero essere relative a come far sì che gli oggetti siano sempre aggiornati rispetto al catalogo dei produttori, a come far sì che la libreria contenga il nucleo minimo informativo comune a tutti i progetti indipendentemente dagli specifici usi del modello, oppure a come far sì che i progettisti siano a conoscenza delle novità nella libreria.

Nel caso degli standard di studio, le domande potrebbero essere relative all’educazione degli utenti circa l’importanza di una specifica convenzione (ad esempio, la convenzione di nomenclatura).

Una volta realizzate, le proposte proattive devono essere organizzate: generalmente si utilizza una parete per posizionare tutte le proposte e organizzarle in cluster tematici. Si tratta di gruppi che raccolgono le idee simili.

L’ultimo passo consiste nella votazione: ogni persona ha due voti a disposizione, che possono essere espressi indifferentemente su proprie idee o su idee altrui, oppure entrambi sulla stessa idea. Le idee vincenti vengono quindi integrate nella mappa.

1.1.5. Individuare un target

Al termine dei lavori, il decisore deve individuare il target su cui si desidera lavorare. Il team può contribuire nell’eventuale dibattito, ma l’ultima parola spetta a chi ha potere decisionale in merito.

Nobody knows everything.
Not even the Decider.
All the knowledge on your sprint team is locked away in each person’s brain.
To solve your big problem, you’ll need to unlock that knowledge and build a shared understanding.

Il target scelto determinerà la parte di mappa, e quindi di soluzioni, su cui ci si concentrerà nei giorni successivi.

Nel caso della libreria, i diversi target potrebbero essere diverse discipline (architettura, strutture, impianti) oppure progettisti di diverse tipologie di progetti (residenziale, alberghiero, infrastrutturale) o ancora progettisti che operano in diverse fasi (preliminare, definitivo, esecutivo).

Nella prossima puntata, affronteremo il martedì: la prima giornata dedicata alla risoluzione del problema.

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