Usi del modello (4)
5. Un approccio pratico: gli usi del modello secondo Anthony McPhee Bilal Succar non è l’unico ad aver condiviso un approccio personale al concetto di Model Uses: tra i miei pensatori preferiti, l’architetto statunitense Antony McPhee ha pubblicato una serie di due articoli sull’argomento, il primo dei quali ha un incipit delizioso. How does BIM work, like […]
5. Un approccio pratico: gli usi del modello secondo Anthony McPhee
Bilal Succar non è l’unico ad aver condiviso un approccio personale al concetto di Model Uses: tra i miei pensatori preferiti, l’architetto statunitense Antony McPhee ha pubblicato una serie di due articoli sull’argomento, il primo dei quali ha un incipit delizioso.
How does BIM work, like really work, in the real world?
There are a proliferation of diagrams with arrows and graphics invariably arranged in a circle, or as a seamless flow.
But none of these are explanations of how BIM actually works, they are blueprints of how the authors think BIM should work.
It is an attempt to promote the myth that “BIM is about process, not technology”,
so that you will use the standard, guide, paid advice or academic career being pushed.
Con questa premessa e l’approccio pratico che contraddistingue i suoi scritti, McPhee individua quattro “tipi di BIM” a seconda dell’uso per il quale viene adottato:
- Survey BIM: l’uso di un modello informativo per riportare le condizioni esistenti di un fabbricato, la creazione di un modello che replichi le condizioni di qualcosa che già esiste;
- Design BIM, ovvero il BIM utilizzato durante la fase di progettazione;
- Construction BIM, per le fasi di realizzazione effettiva;
- Facility Management BIM, per le fasi di gestione.
Si tratta di un approccio abbastanza tradizionale che riporta il discorso alla classificazione dello standard americano, ma trovo che sia particolarmente interessante perché si occupa di dissolvere un falso mito, ovvero quello della “ruota” del BIM.
Vista fino alla nausea, si basa sul (falso) mito che il modello della fase precedente possa essere utilizzato per la fase successiva. Ma, indipendentemente dalle questioni legali e di proprietà intellettuale di cui forse prima o poi mi occuperò di scrivere, il concetto stesso di uso del modello ci suggerisce che forse questa integrazione senza cuciture, questo cerchio perfetto, non è altro che un accrocchio infernale di diversi modelli spesso impossibili da integrare tra loro, e non per motivi tecnologici. Come McPhee stesso suggerisce in relazione al BIM per la rappresentazione dell’esistente…
…a Survey BIM will only contain what has been requested. Although a lot information may be gathered, it is still not absolutely everything, nor is all data gathered necessarily included in the virtual model. The reality is, and always will be, that it is uneconomic to create a virtual world that exactly matches the real world.
Therefore the contents of a Survey BIM will vary depending on the purpose it is commissioned for. One done for alteration works is unlikely to be useful for an FM BIM, and one done for FM unlikely to provide all information required by design professionals for alteration works.
In un articolo successivo, McPhee espande il concetto e suggerisce un ulteriore approccio, che trovo particolarmente efficace, ovvero suggerisce di pensare ai model uses in relazione a chi si deve occupare delle operazioni. Negli approcci precedenti abbiamo sempre visto le responsabilità specialistiche come una caratteristica accessoria dei modelli ma, se ci pensiamo, ha perfettamente senso considerare usi che coinvolgono:
- una singola disciplina (ad esempio, quantificare gli elementi di una categoria);
- diverse discipline all’interno di un team (ad esempio l’analisi energetica che coinvolge architetto, ingegnere e quantity surveyor);
- diversi team (ad esempio la gestione dell’immobile);
- diverse discipline (ad esempio la preventivazione dei costi);
- diversi team (ad esempio, il rilevamento delle interferenze).
Si tratta di un approccio, se non inedito, sicuramente originale.
Il flusso di definizione teorico delineato è il seguente:
1. Qualcuna delle parti in causa vuole usare una parte del modello per un obiettivo specifico;
2. Comunicano quali siano gli elementi coinvolti e quali sono le caratteristiche necessarie per quegli elementi;
3. Si identifica qual è il professionista più adatto a sviluppare la parte necessaria;
4. Il fornitore e il richiedente negoziano le modalità e il livello di approfondimento;
5. Si raggiunge un accordo circa il processo da seguire.
Il flusso di definizione comune risulta invece essere questo:
1. Una figura in posizione di autorità decide quali sono gli usi che servono a tutte le altre parti in causa;
2. La stessa figura ipotizza che cosa è necessario per conseguire quegli usi (o viene assoldato un “esperto BIM” che lo ipotizzi);
3. I requisiti vengono imposti a tutte le parti in causa;
4. Gli autori, e non il cliente, decidono quali informazioni specifiche forniranno per ogni uso del modello.
Da esperienza, devo ammettere che questo è ciò che accade spesso. McPhee propone uno schema differente, in cui le ipotesi iniziali sono meno vincolanti e il cliente riveste un ruolo di arbitro nelle negoziazioni che avvengono tra le parti coinvolte nella produzione del modello.
Circa la responsabilità nel definire gli usi del modello, l’approccio proposto da McPhee differisce leggermente da quanto è stato poi indicato nella ISO e vale la pena spendere un’istante del nostro tempo a riguardo.
As bad as letting BIM authors decide who can do what is, there is another, worse, (and very common) approach to deciding BIM Uses. That is the assumption the owner should do it. Not only that, but the owner should do it at the very beginning of the project before the various experts required are engaged.
Si tratta di un nodo che vede scontrarsi due problemi tendenti in direzioni opposte. Da una parte è chiaro che il cliente debba essere colui che imposta le richieste relative al progetto: il fornitore non può essere controllore di se stesso. Dall’altra, la maggior parte dei clienti ha un livello di alfabetizzazione estremamente bassa nel linguaggio del BIM e, quand’anche non fosse così, è chiaro che non è uno specialista delle discipline coinvolte nel progetto. In altre parole, se lo fosse non avrebbe bisogno di ingaggiare specialisti.
Il nodo viene sciolto nel flusso di lavoro “all’inglese”, dove il contractor responsabile della fase di pre-progetto, in cui vengono impostate queste specifiche, non è lo stesso a portare avanti il progetto nelle fasi successive. Si tratta però di fasi che non hanno altrettanta fortuna in altri paesi, incluso il nostro.
Trovo che la ISO 19650 non abbia risolto il problema con una cattiva soluzione: la suddivisione tra purpose (ad alto livello) e relativi uses (proposti dal contractor) potrebbe essere la chiave di volta per risolvere un problema che, altrimenti, si gioca sempre tra
Un ulteriore punto estremamente rilevante nello stesso articolo è la spiegazione del rapporto tra model use e LOD, ma l’argomento merita un post a parte.
6. Bibliografia di riferimento
- National BIM Standard – United States® Version 3.
Chapter 5: Practice Documents. Section 5.9: The Uses of BIM: Classifying and Selecting BIM Uses
(Version 0.91 – October 2013); - BIM ThinkSpace
Episode 24: Understanding Model Uses
(September 09, 2015); - BIMexcellence
211in Model Uses List
(April 26, 2019); - Australasian Universities Building Education (AUBEA2016): B. Succar, N. Saleeb, W. Sher,
Model Uses: Foundations for a Modular Requirements Clarification Language
(July 6-8, 2016); - Ralph Kreider, John Messner, Craig Dubler
Determining the Frequency and Impact of Applying BIM for Different Purposes on Projects
(2010); - Anthony McPhee
Different BIMs for different Purposes
(April 17, 2015); - Anthony McPhee
How to define BIM Use
(January 29, 2016); - Penn State: Ralph G. Kreider and John I. Messner
The Uses of BIM: Classifying and Selecting BIM Uses
(Version 0.9, September 2013)
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