MK5 (3) – Robotica e Automazione

Nel nostro terzo giorno tematico, dopo aver toccato argomenti che sono sempre stati parte del nostro percorso per il MasterKeen, abbiamo deciso di affrontare un argomento ricorrente eppure inedito, che fino a oggi ci aveva accompagnati come un fantasma. Quali sono i principi che ci guidano, o ci dovrebbero guidare, quando impostiamo uno script di Dynamo? E […]

Nel nostro terzo giorno tematico, dopo aver toccato argomenti che sono sempre stati parte del nostro percorso per il MasterKeen, abbiamo deciso di affrontare un argomento ricorrente eppure inedito, che fino a oggi ci aveva accompagnati come un fantasma. Quali sono i principi che ci guidano, o ci dovrebbero guidare, quando impostiamo uno script di Dynamo? E cosa stiamo realmente facendo? Quello che stiamo realmente facendo può essere Computational Design, cui abbiamo dedicato la quarta giornata, ma più spesso è automazione.

Per l’occasione abbiamo lanciato sfide complesse. Ma, prima di arrivare a questo, le presentazioni che hanno aperto la giornata sono state:


La domanda che ci siamo posta oggi ha cercato di prescindere dalle “belle architetture” che vengono citate fino alla nausea, anche da me, quando si tratta di robotica. Ci siamo piuttosto domandati: quali sono i principi dell’automazione (robotica o meno)? Una possibile risposta viene data in questo bell’articolo del 2016 dove l’autore prende spunto da un videogioco che potrebbe trovare uno spazio nei miei percorsi: Factorio.

Analizzando i buoni principi di design e di automazione produttiva che emergono dal gioco, Matt Oswalt distilla tre principi base di ogni automazione:

  • la regola del pensiero algoritmico;
  • la regola del collo di bottiglia;
  • la regola dell’autonomia.

E se sui colli di bottiglia ci sarebbe molto da ragionare a livello di processo, ma è un argomento più adatto al nostro Boost per BIM Manager, ai principi dell’autonomia ho visto dedicata buona parte delle presentazioni della mattina. Perché effettivamente la domanda che ci attanaglia sempre è: verremo soffocati nel sonno dal nostro Rumba?

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Per meglio spiegare questi interrogativi e uscire da un qualunquismo tecnofobo che non ci si addice, Sofia Carpinteri ci ha guidato attraverso importanti interrogativi:

  • Come la robotica influenzerà l’architettura?
  • Quale sarà il ruolo del progettista?
  • Come cambierà la progettazione?
  • Quali sono le possibilità per l’applicazione ad ampia scala?

“Robots teach us that there is a
thinner and thinner line between
objects and processes
as well as between
stability and instability.”
Antoine Picon, Professor of the History of Architecture and Technology, Harvard

Per comprendere meglio alcuni di questi concetti, abbiamo ripreso la definizione di Digital Materiality data da Fabio Gramazio e Matthias Kohler nella loro opera monografica del 2008: l’ossimoro contenuto nell’espressione vorrebbe provocarci verso una concezione nuova della realtà, dove il digitale non interviene in post-produzione ma si tesse nella struttura stessa della materia, generando qualcosa di nuovo.

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Tuttavia, nelle due tipologie di robot di cui ci ha parlato Sofia (di produzione e di servizio), l’architettura ne fa un uso estremamente limitato. Sembriamo ancora cercare ambiti di applicazione che non siano sperimentali e, nonostante Frank Lloyd Wright si ponesse gli stessi interrogativi quasi un secolo fa, realtà come Obico e Robofold non vedono ancora un’applicazione diffusa nel nostro settore.

“If I was to realize new buildings I
should have to have new technique.
I should have to so design buildings
that they would not only be appropriate
to materials but design them
so the machine that would have to
make them could make them
surpassingly well.”
Frank Lloyd Wright, 1932

Nelle parole di Mahesh Daas, preside della School of Architecture & Design presso l’Università del Kansas, Sofia ci ha invitato a tenere un “cauto ottimismo”, sia nei confronti della robotica che dell’intelligenza artificiale.

Ma quali sono effettivamente le applicazioni di queste due tecnologie in edilizia?

Particolarmente rilevante per chiarirci le idee da questo punto di vista è stata la presentazione di Gioacchino Speciale, che con straordinaria chiarezza ci ha accompagnato attraverso il concetto di algoritmo, che abbiamo avuto modo di riprendere con l’attività del pomeriggio, le applicazioni di robotica in architettura oggi (e come siano ben lontane dall’essere quelle di domani), strumenti e piattaforme di coding come il software di simulazione Gazebo, fino ad arrivare a quell’orgoglio nazionale che è Arduino.

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Ma dato che stiamo parlando di innovazione, sarebbe futile affrontare questi argomenti senza domandarci come nascono alcune innovazioni e, soprattutto, cosa ne determina il successo. Per rispondere al primo interrogativo, ci ha aiutato Daniela Defilla, che ci ha parlato della carriera di inventrice di Hedy Lamarr.

Per rispondere al primo interrogativo, Vincenza De Maria e Maddalena Riboni ci hanno parlato di darwinismo tecnologico, di cosa comporta l’adozione o meglio la sopravvivenza di un’innovazione, smontando alcuni falsi miti relativi alla presunta supremazia del Betamax sulla VHS ma anche proponendo i concetti di standard e interoperabilità come discriminante per il successo di una tecnologia.

.MK5_VincenzaDeMaria_001 MK5_VincenzaDeMaria_002 MK5_VincenzaDeMaria_003.

In aggiunta a questi variabili, riconosciamo l’importanza di coinvolgere i giusti player all’interno del mercato, specie ora che assistiamo a una:

  1. Trasformazione del processo produttivo;
  2. Trasformazione del processo sociale;
  3. Trasformazione del concetto di standard.

Il progettista viene visto come agente mutogeno, come agente che innesca il cambiamento, ma anche come hacker che se ne fa interprete e decostruttore, risvegliando le nostre passioni poitiche e sociali su quest’ultima nota.

Portando il discorso a scala urbana, la riflessione di Federico Luccarini ha esplorato le implicazioni del parametricismo, nella concezione di Patrik Schumacher e nelle sue implicazioni produttive, politiche, urbanistiche. Siamo davvero in un’era dinamica e interconnessa che ci costringe a ripensare la produzione di massa come personalizzazione di massa? E, se sì, come mai non sta accadendo?

..


 

Nell’esplorare alcuni dei principi base della robotica, nel pomeriggio ci siamo dedicati alla costruzione e programmazione di alcuni piccolissimi automata, alla loro decostruzione e infine alla loro ottimizzazione.

.MK5_03 - Automazione MK5_03 - Automazione (1) MK5_03 - Automazione (2) MK5_03 - Automazione (3).

Per quanto mi riguarda è stata una giornata estremamente stimolante, in cui abbiamo potuto lasciare da parte Dynamo per un istante e siamo tornati alle radici del perché facciamo automazione e del ruolo che ci si aspetta il progettista debba rivestire in un’era automatizzata. Come ha detto Mirko Baroncini, chiudendo la mattinata di presentazione, “non esistono limiti costrittivi ma solo confini di accesso”.

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