#BIMtool – inVision

Quando ho parlato di Design Sprint e in particolare della fase di prototipazione propria del giorno 4, ho rapidamente menzionato alcuni degli strumenti consigliati da Jake Knapp e la sua squadra. Tra questi, mi ero già sbilanciata a dire che il più interessante mi sembrava inVision. È il momento di provarla. Ma è gratis? Quanto […]

Quando ho parlato di Design Sprint e in particolare della fase di prototipazione propria del giorno 4, ho rapidamente menzionato alcuni degli strumenti consigliati da Jake Knapp e la sua squadra. Tra questi, mi ero già sbilanciata a dire che il più interessante mi sembrava inVision. È il momento di provarla.

Ma è gratis?

Quanto siete taccagni… no, ma potete attivare una versione di prova inserendo una qualunque mail, con cui potete creare fino a 3 progetti e invitare fino a 100 utenti.


Tipologie di progetto

Oltre alla possibilità di creare whiteboard completamente personalizzate su cui invitare i propri utenti a collaborare, la piattaforma offre alcuni modelli che ci possono aiutare a capire meglio le sue funzionalità. In particolare, i template che ci possono interessare sono:

  1. Strategy & Planning;
  2. Brainstorm;
  3. Meetings.

I template all’interno di ogni categoria sono sviluppati da stakeholder che si appoggiano alla piattaforma: non solo i bravissimi professionisti di Design Sprint, quindi, ma anche realtà come Xbox, oltre ai template sviluppati dal team interno.

1. Strategy and Planning

La principale pianificazione di cui si occupa una pianificazione agile è, naturalmente, la pianificazione dello Sprint propria ad esempio dello Scrum. Suggerisco chiaramente di appoggiarsi ad una piatatforma dedicata, per la gestione degli sprint e della produzione, ma il template fornito da Atlassian (quelli di Jira e che recentemente hanno acquisito e incorporato anche Trello) può essere utile per identificare le caratteristiche del sistema facendole prototipare al team come se si dovesse sviluppare in casa una piattaforma.

Tra gli altri template, spicca quello di lancio del prodotto, che può essere utile durante la prima fase di sviluppo del piano di implementazione per mettere a sistema lo stato di fatto relativo alla pianificazione dei vari progetti: di cosa abbiamo bisogno per consegnare un progetto definitivo? Quali sono le fasi che attraversiamo? I capiprogetto potrebbero non essere allineati tra loro o potrebbero non avere oggettivamente a sistema le caratteristiche comuni dei progetti che seguono, specialmente se non si tratta di project manager formati ma di progettisti promossi per anzianità o meriti compositivi, come spesso capita nell’ambito della progettazione architettonica.

2. Brainstorm

Si tratta della sezione che offre canovacci utili allo sviluppo rapido di idee o all’aggressione in gruppo dei problemi (ciò che il DevOps chiama swarming e che abbiamo visto in una delle pillole dell’anno scorso). Oltre al template di Design Sprint, è particolarmente interessante il modello offerto da Xbox, in particolare per la sua checklist al facilitatore.

Ma, soprattutto in questo periodo, vi invito a dare un’occhiata all’empathy map, strumento potente per quella fase di profiling che spesso risulta di difficile comprensione e che è necessaria per meglio comprendere, ad esempio, le implicazioni di richieste strategiche quali gli usi del modello.

Il template divide il canvas in sei sezioni che ruotano intorno a una figura stilizzata con la testa del cliente:

  1. Con chi stiamo cercando di empatizzare? Chi è la persona che stiamo cercando di comprendere? In che situazione si trova? Qual è il suo ruolo nel contesto in cui siamo?
  2. Cosa deve fare nell’immediato futuro? Cosa ha necessità di fare in modo diverso? Quali attività vuole che vengano svolte? Che decisioni dovranno prendere? Come sapremo di aver avuto successo?
    Si tratta di domande estremamente rilevanti nel nostro caso, trattandosi di innovazione di processo: perché il cliente ci sta chiedendo di lavorare in BIM con quegli specifici usi?
  3. Cosa vede? Cosa percepisce come disponibile sul mercato? Cosa percepisce come reale nel proprio ambiente? Chi altri vede e cosa stanno facendo?
    Anche in questo caso, specialmente confrontandosi con la piaga del “BIM chiesto per sentito dire” è fondamentale farsi queste domande per porsi in modo corretto rispetto a una concorrenza che potrebbe stare promettendo il conseguimento di obiettivi falsati e per ridimensionare o riorientare le aspettative del cliente.
  4. Cosa ci ha detto? Siamo in grado di distinguere tra ciò che ha effettivamente detto e ciò che immaginiamo abbia detto o ciò che immaginiamo volesse dire?
  5. Cosa fa oggi? Che comportamenti possiamo osservare in relazione a ciò che stiamo producendo? Cosa possiamo immaginare faccia?
    Nell’ambito dell’innovazione, è necessario analizzare a monte delle desiderata come quelle stesse attività vengono portate avanti oggi, perché gli ostacoli potrebbero essere non in fase di produzione ma in fase di ricezione di quanto prodotto.
  6. Cosa ha sentito? Cosa ha sentito da altri e cosa può avere sentito da amici o da figure di cui si fida? Cosa ha sentito da colleghi o suoi pari e cosa potrebbe aver sentito perché riportato da altri?
    Punto importante tanto quanto il punto 3 (e che viene distinto trattandosi di design thinking, ma provate a immaginare la differenza tra le chiacchiere sul BIM, che può avere sentito, e le belle immagini ritoccate di un caso studio finto, che potrebbe aver visto: nel nostro caso possiamo tranquillamente immaginare i progetti nell’ambito del “visto” e le chiacchiere sul processo, incluse le mie, nell’ambito del “sentito”).

Il risultato finale è un’analisi oggettiva delle paure, delle frustrazioni e delle ansie del cliente, confrontate con le sue richieste, i suoi bisogni, le sue speranze e i suoi sogni.

Spicca infine un template per il cosiddetto Crazy 8s del Design Thinking, con cui i miei studenti hanno familiarità. Si tratta degli “otto minuti di pazzia” in cui, presa un’idea, si richiede di disegnarne otto varianti seguendo il principio secondo il quale la rapida iterazione consente di non affezionarsi troppo alla prima versione di un’idea, che non è mai la migliore, e porta a risultati inaspettati.

3. Meetings

L’ultimo set di template riguarda la gestione delle riunioni, eventi che come sappiamo possono essere estremamente lunghi e infruttuosi. A questo proposito trovate ad esempio un template fornito da Microsoft Teams per l’agenda di un meeting, oppure uno nativo della piattaforma per le retrospettive e le stand-up. Trovate anche una matrice per la messa in priorità dei problemi, ma il template più interessante della sezione per quanto mi riguarda è la Good Partner Map di Ryan Rumsey, l’autore di Business Thinking for Designers.

Similmente a ogni approccio agile, la mappa parte dalla sezione dedicata al cliente inteso in ogni senso possibile, ovvero:

  • per chi stiamo producendo valore?
  • chi sono i partner con cui lavoriamo?
  • quali parti del loro lavoro trovano faticose o difficili al momento?
  • cosa guadagneranno dal successo del progetto?

Anche in questo caso, non è mai superfluo sottolineare l’importanza del terzo punto, dato che ci stiamo ponendo nell’ambito dell’innovazione di processo.

Il secondo quadrante si concentra sul valore in sé, ovvero:

  • cosa stiamo producendo di valore per i nostri partner e i nostri clienti?
  • quali sono le competenze e le capacità fornite dal nostro tream?

Il terzo quadrante, dopo il chi e il cosa, si concentra chiaramente sul come:

  • come forniamo questo valore?
  • come lo comunichiamo?
  • quali sono le attività, i metodi, o i processi che il team mette in campo per relazionarsi con i nostri partner e i nostri clienti?

In ultimo, chiaramente, ci si concentra sul perché:

  • perché ciò che stiamo facendo genera valore?
  • perché genera valore per il cliente e per i partner?
  • perché genera valore per il team?

Ricordiamoci che un progetto non è un progetto se al termine delle sue attività non abbiamo portato una crescita anche alla nostra organizzazione.

Esaurita la parte sinistra della mappa, la parte destra invita ad analizzare le caratteristiche in maniera proattiva e in particolare:

  • il primo quadrante richiede di catturare gli elementi di facile realizzazione e che sicuramente otterranno il favore e il supporto degli stakeholder;
  • il secondo quadrante richiede di approcciare le cose in modo diverso: quali parti possono essere svolte diversamente? Gli esempi forniti vanno dai reminder a partecipare a un workshop fino allo sviluppo dei prototipi)
  • il terzo quadrante si concentra su quegli elementi che possono essere svolti in modo più semplice, dai vincoli di tempo alla gestione degli eventi;
  • l’ultima parte è relativa all’innovazione del valore: tramite un’esplorazione iterativa, individuare alcune caratteristiche o alcuni processi e provare a migliorarli.

Il cuore della mappa è un quadrante in cui mappare le caratteristiche del prodotto, i processi in atto, i deliverable: che reazione ottengono e che sforzo ci richiedono? Si tratta della solita matrice effort / impact.

Nella sezione Wireframes e Flowchart, poi, trovate anche un template relativo alla Customer Journey, ma esistono piattaforme dedicate allo sviluppo di questo diagramma e ne parleremo un’altra volta.


Una volta scelto il template, ciò che vi troverete di fronte è a tutti gli effetti un canvas su cui, in modo collaborativo, i membri del team possono apporre idee nel modo che ritengono più adatto a stimolare il pensiero, dalle note a mano libera al disegno di forme, dal caricamento di file e immagini dal proprio computer all’aggiunta di forme e icone predefinite. Il sistema di presentazione è molto simile a Prezi, consentendo di illustrare efficacemente a terzi il lavoro del team.

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