"All this he saw, for one moment breathless and intense, vivid on the morning sky; and still, as he looked, he lived; and still, as he lived, he wondered."

Riguardo a PhKD…

Una scena di Blade Runner

Cofferati: cari politici, imparate da Philip Dick
TORINO – A voler guardare bene c’è di tutto nei libri di Philip Dick, persino noi. C’è l’America di Nixon, ma anche quella di Bush, c’è l’Italia di Berlusconi e l’Italia di Prodi, in delicato equilibrio tra maggioranza e minoranza. Lo sa bene Sergio Cofferati, sindaco di Bologna, che ieri sera alla Fiera del libro di Torino ha partecipato a un convegno dedicato allo scrittore di cui è appassionato e di cui è diventato un esperto (per Fanucci, che da qualche tempo ha acquisito i diritti, ha scritto prefazioni e interventi). Prima di intervenire all’incontro Le avventure dei mondi alternativi con Ruggero Bianchi, Goffredo Fofi e Carlo Pagetti, ci ha parlato della passione per lo scrittore americano, conosciuto «qualche decennio fa, un autore su cui non si possono applicare etichette politiche, né di genere. Non lo considero uno scrittore di fantascienza, ma uno scrittore tout court, un grande romanziere con la capacità di guardare al tempo che viveva usandolo, a volte, come luogo dal quale partire per guardare al futuro». E proprio questa capacità di anticipare il futuro, fa di Dick un autore che, pur con qualche forzatura, offre continuamente spunti di riflessione sull’attualità. Basta prendere una delle opere più famose di Dick, Minority Report , portata sullo schermo da Steven Spielberg, dove uno dei temi, in controluce, è proprio la dialettica tra maggioranza e minoranza, l’idea che la minoranza può perdere, ma tuttavia essere portatrice, più della maggioranza, della verità e della giustizia. Un tema su cui in Italia si discute fin dall’indomani delle elezioni e che sta infiammando le discussioni sulle cariche istituzionali. Insomma, non sarà che Philip Dick abbia qualcosa da insegnare anche al centrosinistra? «No, io penso che in questo caso abbia ragione la maggioranza, – dice Cofferati -. Ma è indubbio che questo è un tema della politica, straordinariamente attuale». A imparare qualcosa, secondo l’ex leader della Cgil, dovrebbe semmai essere il centrodestra. «La verità è che questo prolungato tentativo di negare i risultati elettorali ha lasciato delle cicatrici molto forti. Questo Paese avrà bisogno dello sforzo di tutti per ristabilire un equilibrio, è un lavoro da mettere in campo senza aspettarsi risultati a breve. Il tema che Philip Dick pone è che il rapporto tra maggioranza e minoranza deve essere considerato come un grande valore, che si debba agire con rispetto reciproco. Purtroppo il rispetto è venuto meno da parte del centrodestra. Non essendo noi scrittori, dobbiamo tendere alla normalità, all’equilibrio». D’altronde Minority Report può essere letto in chiave di attualità, non soltanto in Italia. La vicenda dei tre giovani veggenti, i «Pre-cogs», in grado di vedere immagini che svelano nel dettaglio i reati che stanno per essere commessi, permettendo di punire i colpevoli prima che agiscano, ha qualcosa di straordinariamente simile alla teoria della guerra preventiva di Bush. «Anche in questo caso – dice Cofferati – c’è un’anticipazione abbastanza singolare, molto forte. Philip Dick scriveva nell’America di Nixon, che detestava, e la connessione è tra l’idea di società che attribuiva a Nixon, basata sull’uso della forza per prevenire, e quella che ancora oggi appartiene a Bush. Rispetto a quegli anni, oggi negli Stati Uniti, sono rimasti elementi di incertezza molto forti. Le disuguaglianze sociali ci sono ancora, con la differenza che oggi i più deboli sono gli immigrati, soprattutto gli ispanici». D’altronde il futuro che Dick descrive non è mai qualcosa di lontano, è molto vicino, come se lo scrittore sapesse cogliere ai primi germi fenomeni che di lì a pochi anni sarebbero esplosi. «Come il telepredicatore che compare nel romanzo The androids dream the electric sheep , e che nella versione cinematografica, Blade Runner , è stato tagliato. Il personaggio di Wilbur Merser è una figura virtuale che costruisce il consenso attraverso l’uso della televisione, capace di diffondere capillarmente la sua filosofia, il merserismo. A parte che in tempi recenti anche dalle nostre parti questi aspetti, dell’uso del mezzo televisivo come organizzatore di consenso, si sono confermati – scherza Cofferati -, Dick ha anticipato una figura, quella del telepredicatore, che da noi non si è molto diffusa, ma che in America è diventata un vero e proprio fenomeno». E questo non è l’unico tradimento che il grande schermo ha fatto alle opere di Dick. Troppo cupo e pessimista per prevedere il lieto fine, il cinema, a cominciare dalla prima edizione di Blade Runner , ha spesso lasciato una luce di speranza, in chiusura, che nell’originale mancava. «Sono molto curioso di vedere questo nuovo film tratto da Un oscuro scrutare . Dick aveva una vita travagliata, una sensibilità esasperata. Da questo credo derivasse il suo pessimismo. Eppure ciò che apprezzo di più nei suoi libri è l’attenzione per le singole persone, quel lampo di simpatia che, ogni tanto, riesce a bucare la freddezza del suo sguardo e colma il distacco della scrittura».

(dal Corriere di oggi)

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2 Comments
  • ziagrariama
    Posted at 09:38h, 06 May Reply

    ciao shelidon…ho letto il tuo post e mi appare interessante….visto l’aria che tira sono considerazioni di cui tener conto. Una cosa mi piacerebbe sapere: ad es in questo post, nel fondo è scritto “dal corriere del 5-5-06”, cosa vuol dire che hai copiato l’articolo per te interessante….o….che hai inserito degli incisi personali…o…altro?

    Inoltre…la frase scritta in alto sullo spazio blù, nel tuo blog, è la tua o di….?

    Perchè mi pongo questi interrogativi? Intanto cerco di non essere superficiale e poi è un modo per conoscere. Voglio sapere a chi scrivo. Un sorriso e a presto spero

  • Shelidon
    Posted at 17:56h, 06 May Reply

    Ciao Ziagrariama.

    Interrogativo molto pertinente il tuo, considerato che mi sono dimenticata di mettere le «»… l’articolo è interamente tratto dal Corriere. In genere i miei commenti, se ne faccio, sono ben evidenziati. La frase è invece di Francesco Guccini, grande poeta e cantautore contemporaneo (nonché romanziere).

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