"All this he saw, for one moment breathless and intense, vivid on the morning sky; and still, as he looked, he lived; and still, as he lived, he wondered."

Rachel Kolly d’Alba, Debussy e perché non mi piace Il Lago dei Cigni

Ieri sera siamo andati a sentire questo concerto di cui già avevo parlato di sfuggita.

Claude Debussy: Prélude à l’Après-midi d’un faune;
Karol M. Szymanowski: conerto per violino e orchestra n.1 op.35;
Pëtr Il’ic Tchajkovskij: La bella addormentata op.66a, suite; Il lago dei cigni, op.20, suite.

Ora, la mia è una famiglia che, come tutte credo, si sostiene qua e là di piccoli miti, nella fattispecie il mito di un’età d’oro in cui ho visto questo con Nureyev. Che poi io non ho visto quello ballato da Nureyev, dato che ha smesso di saltellare più o meno quando io ho incominciato a camminare, ma non mi hanno mai portato a vederlo nemmeno con nessun altro, perché ormai il balletto era morto (e probabilmente l’avevano ammazzato loro). Ma sto divagando? Sto divagando. Dicevo passare l’infanzia con uno che ti decanta una cosa che non potrai mai vedere perché non c’è più è sufficiente a renderti odiosa la cosa stessa, per cui invoco le circostanze attenuanti su quanto sto per dire, ma a me Il lago dei cigni non è mai stato particolarmente in simpatia. Sarà la peculiare uniformità dello scenario. Sarà che alla fine muoiono tutti in modo idiota e anche quelle sono cose che da piccolo ti segnano. Sarà perché piace a tutti.
In ogni caso, l’iperentusiasta John Axelrod ieri sera ne ha dato una buona interpretazione, anche se l’orchestra della Verdi manca sempre un po’ di potenza e il contrasto tra questa relativa scarsa potenza e l’abbondante uso di percussioni può essere sembrato, a qualcuno, un po’ fracassone. Molto bello, sia la suite del Lago dei Cigni (anche se, lo ricordiamo, muoiono tutti come degli idioti) che quella dalla Bella Addormentata (anche se è una selezione sempre troppo ridotta, per i miei gusti, e in questo caso ulteriormente mutilata).

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Di Rachel Kolly d’Alba invece avevo già sentito parlare da più parti, e devo dire che è stata straordinariamente brava sia con Szymanowski che con il breve “bis” di note languide e pizzicati. Purtroppo l’impressionismo del polacco, per una cui disamina rimando ad altri più colti lidi, è – come si dice quando non si vuole apparire eccessivamente ignoranti – “troppo difficile per il mio orecchio”, e io di queste composizioni dissonanti riesco appena ad amare Ravel (ad amare la suite Ma mère l’Oye e ad amare con passione solo L’enfant et les Sortilège). O, se vogliamo dirla in modo più colorito, non riesco ad apprezzare le opere per gatto e ferro da stiro. È così strano che il concerto mi risulti inapprezzabile, dopo la straordinaria delicatezza ed il vibrante simbolismo mai volgare di Debussy? Un Debussy che l’orchestra di ieri ua reso, devo dire, con straordinaria delicatezza, facendo di quella scarsa potenza che lamentavo prima un imprescindibile punto su cui innestare la leva dell’emozione. Una buona serata, che riesce a bilanciare la delusione per la precedente.

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