"All this he saw, for one moment breathless and intense, vivid on the morning sky; and still, as he looked, he lived; and still, as he lived, he wondered."

Il mio mitra è il contrabbasso

Reduce da una notte praticamente insonne, riesco infine a parlare anche dell’ultimo noir di Fabrizio Canciani (dei precedenti La regola della cattura e Qualcosa che non resta credo di aver già parlato a suo tempo).

Fabrizio Canciani, Il mio mitra è il contrabbasso
Todaro Editore, 2007

Estate 2007 – Bruno Kernel sta decidendo se abbandonare la professione d’investigatore quando due sconosciuti francesi piombano in casa sua chiedendo notizie di Gio’, un vecchio amico del quale non ha notizie da anni.
Estate 1977 – Bruno Kernel, insieme all’amico Vladi, gira l’Italia in autostop alla ricerca di Giordano, bassista del loro gruppo musicale, Assistenza Pneumatici.
Due indagini: una per scoprire chi cerca Giordano con tanto accanimento e perché e una che, ricordando il viaggio di trent’anni prima, racconta l’Italia e i giovani degli anni ’70, l’impegno politico, la musica, la violenza, gli ideali e gli eventi delittuosi che sconvolsero il nostro Paese durante quegli anni di piombo.
Gli inquietanti misteri irrisolti di quegli anni riaffiorano e si mescolano ai ricordi, ai rimpianti, alla musica. Questo è il tema conduttore di Il mio mitra è il contrabbasso, un romanzo giallo atipico nel quale non è la ricerca del colpevole che muove Kernel, ma forse quella "dei colpevoli", e i morti che ci sono sono morti veri, quelli degli anni ’70 in Italia.

Canciani prosegue sulla strada di Qualcosa che non resta, il cui titolo era preso da un verso di "incontro", fondendo la musica alla trama del suo giallo e affondando, questa volta, negli anni ’70 e nel progressive rock. Il romanzo si popola quindi di banchi del mutuo soccorso e consorzi acqua potabile, oscillando tra passato e presente, tra due trame differenti ma simmetriche nella ricerca del fuggitivo Giordano.
Per intreccio, colore dei personaggi comprimari e ritmo, l’indagine del ’70 è superiore: inseguimenti in autostop, mistici pidocchiosi, coppiette in crisi e traballanti campeggi, contro un’indagine presente che, dopo essere decollata in fretta, si adagia come offuscata dagli anni di piombo. D’altro canto, mi piace molto di più il Kernel del 2000, con la sua tassista zen, il cane sordo e l’amico collezionista di dischi, e in chiusura il romanzo risulta un po’ troppo affrettato rispetto alla costruzione più solida degli altri due. Mi verrebbe da pensare che, per sviluppare bene due trame parallele, il romanzo avrebbe dovuto essere lungo almeno il doppio.
Lo stile rimane comunque molto piacevole, denso di citazioni musicali e riferimenti, efficacissimo nel delineare le atmosfere e nell’evocare le immagini di un’epoca, anche per chi di quell’epoca ha solo sentito parlare. Una lettura consigliata in ogni caso, magari partendo proprio dalla Regola della Cattura, che con i suoi riferimenti al gioco del Go e la struttura originale rimane il mio preferito.

Per una recensione decisamente più professionale e accurata della mia, vedere qui.

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2 Comments
  • Damiani
    Posted at 14:23h, 17 February Reply

    ottima proposta noir, per un genere che in Italia cresce si evolve e si moltiplica dalle grandi case editrici sino all’underground (press).

    fantastico

  • Shelidon
    Posted at 00:11h, 19 February Reply

    Se riesco a raccogliere le idee, a breve ne commento anche un altro: l’ottimo Monocromatica di due autori milanesi che si firmano con lo pseudonimo di R.S. Blackswift.

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