X-men limited deluxe edition – Ghost Box #1 e #2

Lo so, lo so. Costa 18 € per niente. E la prima domanda che tutti mi porrete è perché diavolo l’hai comprato? E’ un furto, e leggeremo comunque queste storie molto presto. Beh, è la voce della coscienza e mi sento di doverle rispondere, ma prima un messaggio alla Panini. Spero che vi si secchi […]

Lo so, lo so.
Costa 18 € per niente.
E la prima domanda che tutti mi porrete è perché diavolo l’hai comprato? E’ un furto, e leggeremo comunque queste storie molto presto.
Beh, è la voce della coscienza e mi sento di doverle rispondere, ma prima un messaggio alla Panini.

Spero che vi si secchi tutto l’inchiostro del toner,
per continuare a fare volumi come questi.
Davvero.
Che i vostri figli possano correre nudi per le strade
urlando empietà! empietà!
e che l’ira dei consumatori si abbatta su di voi e sui vostri discendenti
fino alla settima generazione,
che l’aldilà posa essere per voi un eterno Lucca Comics,
e sarà pianto e stridore di denti.

Detto questo, ho comprato questo volume per un motivo che, se possibile, invece di placare la vostra incredulità la decuplicherà: amo Simone Bianchi, così come amo tutti i disegnatori meno tecnici e più pittorici (si veda ad esempio le mie insensate passioni per Greg Land e Clayton Crain). Ma da sola questa ragione non sarebbe sufficiente. La verità è che lo amo molto di più in bianco e nero, trovo che il colore lo ammazzi e faccia perdere alle tavole gran parte della loro potenza (se non mi credete, ingrandite la prima immagine e poi quella qui a destra, versione a mezzatinta e a colori della copertina di Astonishing X-men #25).
Il secondo motivo per cui ho comprato questo volume è che ho un certo feticismo per i contenuti aggiuntivi, di cui questo prodotto non è parco: bozzetti preparatori, un’intervista inutile ma pur sempre un’intervista (non temete: della sua inutilità parleremo ampiamente più avanti, oh se ne parleremo), numerosi bozzetti e versioni alternative – anche inedite – delle copertine. Che cosa si può chiedere di più? Beh, facile: che il volume non copi il formato del fumetto d’autore europeo, che non si avvalga di un’inutile copertina rigida la cui somma in spessore supera quella delle pagine.

Il prezzo di questi volumi, su cui vale la pena di soffermarsi ancora un po’ ha avuto una vera e propria escalation. Il primo in mio possesso è Wolverine – Evoluzione #1, con il primo capitolo dell’orrida saga di Loeb disegnata sempre da Simone Bianchi (sì, sono masochista, ho anche quella).
Conteneva una breve introduzione di Joe Quesada, un’intervista di Giorgio Lavagna a Simone Bianchi corredata dalle foto del work-in-progress della copertina, una ventina di pagine di storia, due schede su autore e disegnatore, un articolo di Scatasta sui personaggi e su autore e disegnatore, alcuni interventi sparsi (di Andrea Plazzi, Giuseppe Guidi, nuovamente Luca Scatasta, Matteo Losso, Claudio Castellini, Alex Alonso, Sal Abbinanti, Gabriele dell’Otto, Giuseppe Camuncoli e Ivo Milazzo), chiudeva una nota di Jeph Loeb.
Usciva all’inizio del 2007.
Costava 11€.
Era un furto, ma per il lancio del prodotto ci poteva anche stare. In più, come ho detto, apprezzo molto di più Simone Bianchi a mezzatinta che a colori, l’intervista non era male, e c’era del materiale interessante. Insomma, l’idea della Panini di uscire dai soliti schemi e proporre anche qualche prodotto sul fumetto mi sembrava da premiare. Avevo torto?

Beh, giudicate voi.
Il secondo volume in mio possesso è Thor – Padri e figli, di Stracz… Strazc… Stra… Stracchino e Djurd… Durdj… sì, vabbé, buonanotte, disegnato da questo e scritto da quest’altro.
Perché l’abbia comprato, onestamente non lo so. Non impazzisco per Thor, e per Djurdo ho una certa avversione sin dai tempi della White Wolf.
Forse mi interessava l’introduzione di Warren Simons? No, non sono messa così male.
Forse provavo irresistibile interesse per l’intervista di Alexander Bubenheimer? Per l’amor del cielo.
Forse era la cover gallery? Nulla di entusiasmante e che non si trovasse anche in rete.
Forse era la storia? No, direi di no.
E allora posso dire di averlo comprato per niente. Perché nel volume non c’è altro.
Usciva a metà 2008.
Costava 15 €.
Era un’ingiustificata rapina.

Con queste premesse, ci si aspetterebbe che il tutto proceda in proiezione geometrica: la qualità in caduta libera e il prezzo in incremento indiscriminato. E invece no. Costa 18 €, certo, ma i contenuti si possono considerare migliori sia di quelli di Thor (e non ci vuole molto) sia, per certi versi, di quelli di Wolverine. E il volume è alto quasi il doppio.
Ma vediamo un po’ di che contenuti si tratta.

L’intervista di Marco Marcello Lupoi è abbastanza insulsa, almeno per due motivi. Il primo è che, per dio, l’abbiamo già vista tutti: era quel famoso video in cui Bianchi non sapeva parlare, Lupoi non ce la faceva più, l’audio era il peggiore della storia e tutti noi che, non avendo visto il nuovo look dei personaggi, ci domandavamo di che cosa diavolo stessero parlando.
Ora i casi sono due:
1) l’intervista era fatta per questo volume e le domande mirate ad estrarne una didascalia per le tavole;
2) hanno fatto il volume per giustificarsi della pessima intervista.
Non fraintendetemi, Leonardo Raveggi fa i salti mortali per trarne qualcosa di organico e sensato, ma non può fare i miracoli: più che un editor ci vorrebbe Stephen King.
Siamo di fronte ad un’intervista che, per più della metà, senza le immagini – o con quelle ridicole inquadrature dello sketchbook – è incomprensibile e con le immagini è ridondante.
L’altra metà, non fraintendetemi, è piuttosto interessante. E le immagini, i famosi bozzetti dei personaggi, sono materiale che trovo preziosissimo. Il restyling che preferisco è, naturalmente, quello di Ororo: mi piace il suo essere più africana, meno “occidentale colorata” di come alcuni disegnatori ci avevano abituato a vederla, adoro il suo manto ricco e tintinnante che la rende ancora più “matrona”, la sua pettinatura voluminosa e tirata, diversa dal solito vortice fumoso di capelli che pure amo, il suo essere carico di oro e gioielli. Un restyling criticatissimo, sia qui che in patria, ma che mi trova d’accordo al 100%.
Mi sarebbe piaciuto vedere lo stesso intenso lavoro anche su Ciclope ed Emma, ma non si può avere tutto.

E direi che è venuto il momento di parlare della storia.
Ghost Box #1 e #2 (Ghost Box #1 e #2, da Astonishing X-men #25 e #26 del luglio e dell’agosto 2008). La storia, che si apre con una stringa di Hisako su Facebook e con Hank che canticchia Ev’rybody’s Crazy ‘Bout the Doggone Blues But I’m Happy, non è niente male. Devo dirlo molto francamente, non mi aspettavo niente di che, e invece il nuovo assetto degli X-men a San Francisco sa di rinascita ma sembra andare per il verso giusto: impianto investigativo con molta fantascienza, un tocco di misticismo, comparse in borghese e un nuovo team-up. Certo, la spiegazione del ritorno di Ororo scritta così fa un po’ ridere ed è fuori personaggio che ne parli così apertamente, ma in fondo ha il suo senso. Lo schema Wolverine – Hisako è mutuato da Whedon, ma viene portato avanti con onestà e discrezione, senza esagerare, e la Bestia sembra ben sviluppato nel suo ruolo naturale di scienziato fuori dall’azione.
In breve, sarebbe forse eccessivo dire che mi aspetti grandi cose, ma comunque mi aspetto qualcosa di buono da questa nuova run.

Quanto a cosigliarvi o meno il volume, non ne ho il cuore. Posso però mandarvi a vedere la videointervista in quattro parti:
Prima parte;
Seconda parte;
Terza parte;
Quarta parte.

3 Comments

  1. @ ragno62: puoi dirgli da parte mia che dovrebbe proprio cambiare look?

    @ ragnorosso: sono sicura che sia un insulto, anche se ancora non so per chi dei due…

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