Due mostre su Alessandro Magno

Sempre dal Manifesto di ieri, anche se onestamente di Alessandro Magno m’importa fino ad un certo punto (e non ho visto il film, perché Colin Farrel ossigenato mi faceva impressione). Due mostre sulle gesta di Alessandro il macedone –Francesca Dal Molin Dopo l’improbabile Alessandro hollywoodiano, così avvertito nei confronti dei «paesi canaglia» da saltare a […]

Sempre dal Manifesto di ieri, anche se onestamente di Alessandro Magno m’importa fino ad un certo punto (e non ho visto il film, perché Colin Farrel ossigenato mi faceva impressione).

Due mostre sulle gesta di Alessandro il macedoneFrancesca Dal Molin
Dopo l’improbabile Alessandro hollywoodiano, così avvertito nei confronti dei «paesi canaglia» da saltare a piè pari nella ricostruzione pseudostorica del suo viaggio la scomoda tappa iraniana, è ora sulla scena di una mostra – allestita all’Ermitage dal suo direttore, l’orientalista e islamista Mikhail Piotrovsky – l’Alessandro russo. La stupefacente fertilità dell’immagine del macedone viene presentata in due sale del museo pietroburghese che propongono, quasi in un gioco di specchi, il lascito che sulle arti ha avuto il Conquistatore in Oriente e in Occidente. E se in Oriente si può parlare di influenza alessandrina soprattutto in riferimento a quel processo di ellenizzazione che informò la produzione artistica e culturale delle civiltà direttamente toccate – Grecia, Asia Minore, Egitto, Siria, Iran e Asia centrale, o ne ricevettero gli influssi più tardi, come lo stato indiano di Gandahara e l’impero bizantino – il percorso occidentale di Alessandro ha una storia ben diversa. Modello ideale di imperatori e re o motivo di esotica suggestione, Alessandro e le sue vicende, storiche o leggendarie che fossero, ispirarono in Italia una vastissima produzione iconografica, che approdò, tra l’altro, alla corte dei Romanov. Vi approdò non soltanto in virtù del secolare legame degli artisti italiani con la Russia, ma anche grazie al ruolo particolare che il mito del macedone ha sempre rivestito nella famiglia degli zar. L’arrivo letterario e iconografico di Alessandro in Russia risale infatti a non più tardi del XII secolo, con la traduzione di Aleksandria Pseudocallistena, seguita nel XV secolo dalla cosiddetta Alessandreide di Serbia, da fonti slave meridionali. Diversamente da quanto accadde in Europa, dove il sogno alessandrino di unificazione dei mondi venne letto come un atto di superbia, nell’allora Moscovia la figura del Macedone kosmocrator venne assunta tra i simboli della regalità, come già era avvenuto a Bisanzio. All’esposizione dell’Ermitage fa da riscontro una mostra fotografica itinerante, titolata Immagine del mito. Iconografia di Alessandro Magno in Italia, realizzata dal ministero degli affari esteri con l’obiettivo di documentare l’influsso esercitato sull’arte italiana da questa figura, storica e leggendaria al tempo stesso, indicandola come un tramite di dialogo tra popoli e culture lontani. La mostra si compone di immagini riprodotte e articolate in riferimento a due punti focali che simboleggiano, rispettivamente, la storia e il mito di Alessandro. Da un lato il mosaico della Casa del Fauno di Pompei, con la scena della battaglia tra Alessandro e Dario III, dall’altro il particolare del mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto, che illustra il tema del volo verso il cielo del re macedone, narrato nel Romanzo di Alessandro dello Pseudo Callistene e nelle innumerevoli versioni derivate. Lungo un percorso ideale che unisce i luoghi toccati da Alessandro ad altri dove la sua fama si trasformò in mito, l’esposizione ha stabilito un rapporto con le culture e i paesi che l’hanno ospitata, da Karachi a Tashkent ad Addis Abeba e verrà inaugurata tra breve ad Astana, nel Kazakhstan.

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