In campo come nella vita: American Fooball e talenti trasferibili

This is going to be one of those rare posts in Italian: all my English-speaking friends should either chime out or hit that sweet “translate” button on your browser. It’s also going to be a post on American Football. Or not. Proceed at your own risk. Come avrà intuito chi mi segue anche su altri […]

This is going to be one of those rare posts in Italian: all my English-speaking friends should either chime out or hit that sweet “translate” button on your browser.
It’s also going to be a post on American Football. Or not. Proceed at your own risk.

Come avrà intuito chi mi segue anche su altri social media, in questi giorni sono a Nashville, Tennessee, con la squadra di Football per la American Football Coaches Association Annual Convention. L’anno scorso i nostri manager hanno parlato all’international session, mentre quest’anno siamo semplicemente in visita.
Questo non è il classico post di riepilogo di quello che abbiamo visto alla conferenza. Mi dispiace. Mi concentrerò su una singola conferenza all’interno di una singola sessione, perché trovo che abbia portato contenuti e suggestioni altamente rilevanti per una grande pluralità di situazioni. Oltre ad avermi ispirato a tornare a calcare le scene delle convention internazionali, perché effettivamente è qualcosa che mi manca molto.

La sessione

Per futuro riferimento, la sessione di cui sto parlando si è tenuta lunedì 8 gennaio all’interno della High School General Session, tenuta da Jeremiah Brown (The Lead Company ACC), ed era intitolata “Empowering Student Athletes Leveraging NIL for Career Readiness & Professionalism”.

NIL?

Prima di entrare nel merito di cosa trattasse la conferenza e perché/come potrebbe essere rilevante per noi, una nota su cosa sia la NIL: si tratta di una controversa legge, conquistata a fatica dagli atleti stessi, che consente ai ragazzi di sfruttare e monetizzare la propria immagine come giocatori professionisti (o potenzialmente tali) al posto di essere carne da macello per le loro scuole di appartenenza. Si tratta di un importante passo per l’autonomia dei ragazzi e lo speaker ha dovuto far ripetere più volte al pubblico che “non è una legge malvagia”. La maggior parte dei manager negli Stati Uniti sembra terrorizzata dall’autonomia dei loro atleti. Jeremiah ha provato a proporre un paradigma diverso.

Come?

In questo modo.

Cambiando il paradigma

Il primo paradigma che Jeremiah propone di cambiare è relativo all’approccio che i coach mantengono nei confronti dei loro giocatori, limitando e ribaltando atteggiamenti vessatori di giudizio.

“Se i tuoi giocatori scendono in campo per dimostrare che ti sbagliavi, non stai creando un luogo in cui si sentono sicuri, considerati e valorizzati.”

E le nuove generazioni non sono più disposte ad accettare certi approcci: se ne andranno.

“Se i tuoi giocatori non si sentono sicuri, considerati e valorizzati, non renderanno sul campo perché staranno giocando sotto l’influenza della paura.”

Un allenatore deve adattarsi a quello che di fatto è un cambio di paradigma gestionale in tutti gli ambiti della società: l’orientamento al risultato (o, come si dice in altri ambiti, al prodotto) deve lasciare spazio ad un orientamento al processo.

Quale processo?

Quello di aricchire i giocatori dal punto di vista personale, di trasformarli non in atleti vincenti ma in persone migliori, sul campo come nella vita. E se lo slogan vi è familiare è perché da sempre i Rams propongo lo stesso approccio. Era incidentalmente il tema del calendario 2022.

In particolare Jeremiah si concentra su un concetto chiave, he chiama quello delle “transferable skills”, dei talenti trasferibili. Gestione del tempo, gestione dell’ansia, rispetto dei ruoli, pensiero strategico… questi sono tutti talenti che vengono appresi sul campo, alcuni dei quali sono straordinariamente esclusivi del football americano in modi che non possono essere nemmeno immaginati da chi non conosce lo sport.
Il fatto di apprendere questi talenti sul campo, però, non significa che i giocatori siano automaticamente in grado di applicarli (di trasferirli, per l’appunto) in altri ambiti della loro vita. Ed è qui che un coach può intervenire, migliorare il livello del proprio impatto nella vita dei giocatori, e fare ancora di più la differenza.
Come fare quindi? Ecco la proposta di Jeremiah.

1) identificare questi talenti trasferibili. Gestione del tempo, comunicazione efficace, networking sono solo alcune delle possibili capacità che il fooball aiuta a sviluppare e che possono essere trasferite nella vita come nel lavoro. Identificarle può essere oggetto di brainstorming e di laboratori con i giocatori stessi.
2) identificare una giornata a settimana duante la offseason in cui viene data priorità alla carriera personle dei giocatori e al loro sviluppo come professionisti.
3) impostare obiettivi personali tramite sessioni individuali con i giocatori, durante le quali discutere i loro obiettivi personali e professionali per creare gruppi di mutuo supporto tra giocatori e con gli allenatori o gl assitenti che possono fornire specifica guida in specifici ambiti.
4) istituire quelli che Jeremiah chiama “life skill mondays”, giornate con cadenza settimanale in cui vengono tenuti workshop che si concentrano sulle skill maggiormente individuate durante le sessioni individuali: leadership, resilienza, intelligenza emotiva sono alcuni degli esempi portati d Jeremiah.
5) effettuare check-in periodici con gli atleti durante i quali veriicare non solo il loro progresso sportivo ma anche quello personale e professionale.
6) impostare e condividere obiettivi che vadano oltre lo sport. Lo sviluppo personale e professionale, così come quello sportivo, passa attraverso la definizione di obiettivi realistici, circoscritti nel tempo, raggiungibili e misurabili. Il successo che conta davvero è quello a tutto tondo come individui, non semplicemente sul campo, ed è un concetto in cui i Rams hanno sempre creduto.
7) fornire accesso a risorse di qualità. È ovvio che, nonostante i coach siano importanti nel comunicare questi talenti sul campo, il loro trasferimento sul lavoro richiede un passaggio di livello. È quindi importante che ai giocatori vengano messi a disposizione i contributi di professionisti negli ambiti individuati, sotto qualunque forma possibile: risorse asincrone, sessioni di lecture, giornate di workshop.

E noi?

La base filosofica è certamente la medesima. Torno però da Nashville con un’ispirazione a spingere il contributo oltre, più in alto, più a fondo. Perché i Rams continuino ad essere e siano sempre di più uno spazio in cui vengono formate persone che possono essere se stesse, che possono trovare il loro posto nel mondo, e che possono aiutare gli altri a fare altrettanto.

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