ISO 19650: usi del modello codificati

Lunedì ho analizzato alcune delle differenze tra la nuova ISO 19650, Organization and digitization of information about buildings and civil engineering works, including building information modelling, e il defunto BS-1192, Collaborative production of architectural, engineering and construction information. Ci siamo ritrovati con alcune significative riduzioni e, come cercherò di analizzare nei prossimi giorni, lo scenario non sembra migliorare confrontando […]

Lunedì ho analizzato alcune delle differenze tra la nuova ISO 19650Organization and digitization of information about buildings and civil engineering works, including building information modelling, e il defunto BS-1192Collaborative production of architectural, engineering and construction information. Ci siamo ritrovati con alcune significative riduzioni e, come cercherò di analizzare nei prossimi giorni, lo scenario non sembra migliorare confrontando i nuovi testi con la PAS 1192-2, al momento non disponibile e che diverrà appendice nazionale per la ISO nel Regno Unito.

ISO19650-1

Dalla prima analisi è emerso molto di ciò che la nuova ISO non comprende (in particolare, trovo, viene a mancare uno standard per le convenzioni di nomenclatura dei container), ma sarebbe ingiusto nei confronti del testo concentrarsi solo su ciò che manca, dato che vengono introdotte anche significative aggiunte al flusso.

Una delle più significative introduzioni della ISO, e una scelta tanto coraggiosa quanto discutibile, riguarda il capitolo 5: Definition of information requirements and resulting information models. In questa sezione, per quanto a livello possibilista ovvero attraverso l’uso del verbo “can” che nelle norme ha un significato estremamente specifico, vengono elencati alcuni possibili obiettivi e usi del modello che, come sappiamo, sono alla base per la definizione di quelli che un tempo chiamavamo LOD e che oggi, almeno nelle specifiche del cliente, prendono il nome di LOIn (Level of Information Need).

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Immaginate che funzioni più o meno così.

Immaginate che funzioni più o meno così, anche se la ISO 19650 non parla né di Model Use né, come mi aspetto farebbe nel suo lessico, di Information Container Use: il cliente definisce lo scopo, quello che un tempo chiamavamo Obiettivo. Spendere meno? Risparmiare tempo? Migliorare il progetto, ad esempio ottimizzando la varianza dei componenti metallici? Sono obiettivi differenti e, secondo il noto schema, non sono affatto assimilabili.

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http://destylio.com/blog/cheap-fast-good-choose-two/

Nella ISO 19650-1, vengono suggeriti alcuni obiettivi possibili, ovvero:

  1. registro dell’immobile (asset register);
  2. supporto per le verifiche di conformità normativa, ad esempio in materia di sicurezza (support for compliance and regulatory responsibilities);
  3. gestione del rischio (risk management);
  4. supporto ad analisi di business (support for business questions), con a sua volta ulteriori esempi.
Gli obiettivi informativi identificati nella ISO 19650-1
Gli obiettivi informativi identificati nella ISO 19650-1

Obiettivi specificati per le fasi di progettazione e costruzione devono essere dettagliati in modo progressivo e in relazione alle varie fasi. Obiettivi che hanno a che vedere con le fasi di gestione e manutenzione devono essere dettagliati in relazione a quelli che la ISO chiama trigger events, ovvero eventi prevedibili al verificarsi dei quali osserviamo una modifica nell’immobile, quali ad esempio le manutenzioni pianificate, le ispezioni dell’attrezzatura antincendio o la sostituzione di componenti.

Dagli obiettivi abbiamo sempre dedotto i cosiddetti usi del modello. Avevamo diversi strumenti a disposizione, dalla classificazione della Penn State alla lista di Bilal Succar. Rimangono strumenti validi, come vedremo.

Non dimentichiamoci di questo signore, perché è ancora molto utile.
Non dimentichiamoci di questo signore, perché è ancora molto utile.

Non posso entrare nel dettaglio per ciascuno degli usi che potrebbero discendere da questi obiettivi, ma possiamo dare una rapida occhiata a tutti gli obiettivi della ISO, per vedere se si tratta di qualcosa di nuovo o meno.


 

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1. Registro dell’immobile

L’obiettivo prevede che il cliente abbia interesse nella generazione di un registro che comprenda gli spazi e gli elementi rilevanti. Cosa determina la rilevanza di un elemento in questo registro dipende in prima istanza da ciò che ci viene richiesto di registrare e depositare. Ho accennato qualcosa quando ho parlato di BIM e fascicolo del fabbricato in relazione al lavoro svolto dai ragazzi del MasterKeen 6. La UNI 11337-9 si sta occupando proprio di definire quale debba essere il rapporto tra un modello informativo e la creazione di un registro che abbia senso almeno a livello nazionale. A livello generale, queste sono le informazioni che qualche anno fa il Consiglio Nazionale dei Periti Industriali ipotizzava fossero da depositare nell’ottica di una banca dati centrale:

  • dati anagrafici, ovvero:
    • la localizzazione nel territorio;
    • i riferimenti alla scheda catastale;
    • le informazioni circa le dimensioni dell’immobile (superfici, volumi, numeno di appartamenti, numero di vani scala, ..);
    • le informazioni economiche ovvero eventuali riferimenti a valori immobiliari, finanziamenti o ipoteche in atto, ammortamenti, costi di gestione;
  • dati tecnico-tipologici, principalmente basati su:
    • una descrizione delle caratteristiche costruttive dell’immobile e delle sue parti:
    • un’indicazione delle quantità di parti d’opera in fase d’uso;
    • una memoria di interventi significativi sugli elementi importanti (es: consolidamenti strutturali).
  • dati su materiali e componenti;
  • storico su cambiamenti significativi per l’edificio o per alcune delle sue parti, quali:
    • manutenzioni su elementi strutturali o impiantistici;
    • interventi amministrativi come la variazione di una destinazione d’uso.

Lo stesso Mario Dejaco, coordinatore del capitolo 9 della norma, è co-autore di un libro sul fascicolo, che anche in mancanza di obbligatorietà costituisce un buon punto di riferimento per il cliente confuso.

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In seconda istanza, le informazioni di registro dipendono dall’immobile, dal cliente stesso e dalle sue strategie di gestione. Questo è il punto in cui entra in gioco la ISO 55000, che si compone di tre norme:

  • ISO 55000: Asset Management – Overview, principles and terminology;
  • ISO 55001: Asset Management – Requirements;
  • ISO 55002: Asset Management – Guidelines on the application of ISO 55001.

Quindi la prima norma serve per capire la seconda e la terza serve per capire come applicare le prime due.

ISO 55000_

Nella consegna di un immobile costruito, una delle domande ad esempio è cosa viene messo a cespite, ovvero cosa può essere considerato risorsa materiale a disposizione dell’azienda, che ha vita utile superiore a un annonon di modico valore (che se non mi sbaglio è stabilito per legge intorno ai 500 €) e che pertanto è soggetta ad ammortamento. Questi elementi vengono inseriti nel cosiddetto Libro dei Cespiti, opportunamente suddivisi per categoria e per anno di acquisto: nel libro troveranno posto anche valori come l’importo di ammortamento, il valore del fondo di ammortamento ed il valore residuo del bene, sono operazioni che non si richiede ai software di BIM authoring, ma che di certo devono essere incorporate nei software di gestione tramite modello.

La cosa più complessa però, come sempre, risiede nei sistemi di classificazione e nell’associazione delle corrette categorie. Il decreto ministeriale del 31 dicembre 1988 dovrebbe essere ancora l’unico riferimento per individuare le categorie “dei beni materiali strumentali impiegati nell’esercizio di attivita’ commerciali, arti e professioni” (è il decreto in cui vengono impostati i coefficienti di ammortamento). Il decreto è composto di 22 allegati, alcuni dei quali evidentemente irrilevanti per noi ma prendendo l’esempio di un cliente risiedente nel gruppo 5 (Industrie Manifatturiere Alimentari), le categorie per lui rilevanti da estrarre da un modello per un’industria specializzata in Panificazione, produzione di biscotti e di pasticcerie (specie 3a) potrebbero essere:

  • Fabbricati destinati all’industria (come nella specie 1a ovvero edifici, opere idrauliche fisse, silos, strade e piazzali, fognature, vasche e serbatoio);
  • Costruzioni leggere (tettoie, baracche, ecc.);
  • Macchinari operatori ed impianti;
  • Impianti specifici;
  • Forni e loro pertinenze;
  • Macchinari con rilevante componente elettronica;
  • Mobili e macchine ordinarie d’ufficio.

Ho qualche dubbio invece su:

  • Attrezzatura varia e minuta;
  • Macchine d’ufficio elettromeccaniche ed elettroniche compresi i computer e i sistemi telefonici elettronici.

Non vengono generalmente modellati:

  • Autoveicoli da trasporto (autoveicoli pesanti in genere, carrelli elevatori, mezzi di trasporto interno, ecc.);
  • Autovetture, motoveicoli e simili.

E’ evidente che non si tratta esattamente delle categorie che siamo abituati a considerare.

Industriaalimentare


2. Supporto per le verifiche di conformità normativa

Se ricordate, questo è uno dei pochi usi già identificati nel RIBA Plan of Work del 2013 e si tratta di un uso che abbraccia non tanto la fase di esecuzione (sicurezza in cantiere) ma la garanzia circa il mantenimento delle condizioni di sicurezza nella fase di gestione. All’argomento è dedicata la PAS 1192-6: 2018, uno dei testi che si sono salvati anche dopo l’uscita della ISO 19650, e generalmente si considera che la modellazione informativa possa essere di supporto al cosiddetto H&S (Health and Safety) per:

  • fornire un ambiente più sano e più sicuro all’utente finale;
  • mitigare i rischi inerenti al ciclo di vita dell’edificio;
  • migliorare la sicurezza in cantiere riducendo gli incidenti e l’impatto a loro associato;
  • fornire informazioni più chiare, maggiormente verificate e rilevanti alle persone giuste nel momento giusto;
  • ridurre i costi di costruzione e gestione.
Al concetto è legato anche quello di riduzione del rischio, ma ne parlerò più avanti.
Al concetto è legato anche quello di riduzione del rischio, ma ne parlerò più avanti.

La conformità normativa di un progetto viene solitamente portata avanti con Solibri, per la praticità di gestione delle regole, ma mentirei se dicessi di aver mai trovato uno strumento che sia in grado di fare un controllo normativo completo anche solo dei requisiti igienico-sanitari che, come sappiamo, variano sia per destinazione d’uso che, spesso, a livello comunale.

Ipotizziamo ad esempio di dover verificare i requisiti di una parte di modello ad uso residenziale. Il testo di riferimento è il decreto del ministero della sanità del 5 luglio 1975, ignorando il suo aggiornamento del 9 giugno 1999 che vanifica il tutto introducendo il diritto di deroga per le comunità montane (che di conseguenza dovrebbero costruirsi il loro model checker personale). I parametri da verificare, in una situazione “semplice” come quella residenziale, sarebbero quindi:

  • altezza minima interna utile dei locali 2.70 m, riducibili a 2.40 m per corridoi e disimpegni, bagni e ripostigli (ma anche secondo il decreto originale, l’altezza minima dei locali può essere 2.55 m per immobili al di sopra dei 1000 m sl.d.m.
  • nel caso di più locali, superficie minima abitabile complessiva che garantisca almeno 14 mq per abitante (nel caso di un numero di abitanti superiore a 4, la superficie è di 14 mq per i primi e di 10 mq per tutti i successivi che si considera essere arrivati dopo e quindi devono smetterla di lamentarsi che si sta stretti);
    • rispettando il vincolo di cui sopra, le camere da letto per una persona devono avere una superficie di almeno 9 mq, che viene portata a 14 mq per due persone (perché si suppone che si vogliano bene e non gli dispiaccia stare stretti);
    • sempre rispettando il vincolo di cui sopra, ogni alloggio deve avere almeno una stanza adibita a soggiorno di almeno 14 mq.
  • nel caso di un monolocale, superficie minima abitabile complessiva di 28 mq per una persona e 38 mq per due persone (non è contemplata l’idea che tre persone possano vivere in un monolocale).
  • la temperatura interna dell’aria deve essere garantita tra i 18°C e i 20°C, esclusi i ripostigli;
  • tutti i locali con l’eccezione di bagni, disimpegni, vani scala e ripostigli devono essere provvisti di finestre la cui superficie deve rispettare il cosiddetto rapporto aero-illuminante, le cui regole di calcolo variano da comune a comune (e per gli edifici di edilizia pubblica bisogna garantire dimensioni unificate di finestre e infissi);
  • cucine e bagni devono essere provvisti di aspirazione forzata (da comune a comune varia la necessità di aspirazione nei bagni anche in presenza di finestre).

Il D.M. n° 236 del 14 giugno 1989 sulle barriere architettoniche ci introduce poi tutta una serie di altre verifiche tra cui, per le sole porte:

  • le porte devono avere almeno una larghezza minima di 75 cm;
  • le porte di ingresso agli immobili devono avere una luce netta di almeno 80 cm;
  • l’altezza delle maniglie deve essere compresa tra 85 e 95 cm (con una misura consigliata dal decreto di 90 cm);
  • di preferenza, le singole ante di porte a più pannelli non dovrebbero avere larghezza superiore ai 120 cm;
  • gli eventuali vetri devono essere collocati ad una altezza di almeno 40 cm dal piano del pavimento.

E, dato che tutto ciò sarebbe teoricamente gestibile nei nostri software tramite l’uso oculato di parametri, aggiungo:

  • l’anta mobile deve poter essere usata esercitando una pressione non superiore a 8 Kg.

Se non abbiamo ancora lavorato in modo che i nostri software di BIM authoring e model check ci consentano di fare queste verifiche, forse è il caso di iniziare.

Tempo di togliere un po' di surrealismo dalle nostre porte...
Tempo di togliere un po’ di surrealismo dalle nostre porte…

3. Gestione del rischio

Non stiamo parlando della gestione del rischio d’impresa, in questa sede, per quanto si tratta certamente di un ambito interessante che sta diventando di dominio comune (vedi l’ultimo articolo di Dale Sinclair su AECOM). Per approfondire questa parte del ragionamento, consiglio il paper co-scritto da Arto Kiviniemi BIM-based Risk Management: Challenges and Opportunities, sviluppato a seguito della 32nd CIB W78 Conference 2015 tenutasi a Eindhoven: nel paper viene riportato un framework generale di gestione del rischio.

riskmanagement

In questo caso però, la ISO ci parla di un ambito che è particolarmente rilevante per noi e che richiede l’utilizzo del modello per identificare e analizzare i rischi cui può essere esposto il fabbricato tra cui rischi naturali, condizioni meteorologiche estreme, rischi di incendio.

Il testo di riferimento più recente in Italia per quanto riguarda questo ambito è sicuramente il Rapporto sulla promozione della sicurezza dai rischi naturali del patrimonio abitativo di Casa Italia, cui già ho avuto modo di far riferimento. Nel testo del rapporto, la parte I è dedicata al quadro informativo nazionale, ovvero alle fonti di dati attualmente a disposizione.

Obiettivo di questa parte del progetto è identificare le fonti informative che consentano una visione
unitaria ed integrata dei rischi naturali che insistono sul territorio italiano.

L’operazione è stata portata avanti in collaborazione con INGV (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia), ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), Istat (Istituto nazionale di statistica), CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, gli unici ad avere l’acronimo che non combacia) e MiBACT (Ministero per i beni e le attività culturali) con una collaborazione organizzata in tavoli di ricerca e sintetizzata in tabella 1.1.

Onore al merito di chi ci ha lavorato e ha potuto essere citato.
Onore al merito di chi ci ha lavorato e ha potuto essere citato.

Questa sezione del rapporto è oro per noi, alla ricerca di banche dati con cui far dialogare i nostri modelli. Tra le fonti più interessanti, mi limito a citare:

  • in tema di rischio sismico, il catalogo parametrico dei terremoti italiani dell’INGV (e relativo Database Macrosismico Italiano), è scaricabile in formato spreadsheet (Excel oppure Open Document) e contiene informazioni come la data del sisma, l’epicentro, la magnitudo;
  • in tema demografico, l’Istat rende accessibile tutti i dati in suo possesso, aggregati per regione e raggruppati tramite 99 indicatori sul portale 8milaCensus: da questi dati ricaviamo informazioni come il tasso di occupazione, l’indice di vecchiaia, l’incidenza di laureati e diplomati, l’incidenza di famiglie in disagio e anche in questo caso i dati sono scaricabili in formato spreadsheet (raggruppati per comune) oppure in csv raggruppati per regione;
  • in tema di dissesto idrogeologico, i dati a disposizione sono frammentati ma si può fare riferimento alle Mosaicature Nazionali ISPRA pericolosità frane alluvioni, da cui è possibile scaricare i dati in uno zippone di 460 Mb che contiene diversi file relativi alle aree di pericolosità idraulica, in formato spreadsheet e restituzione grafica cad, o ad una delle banche dati messe a disposizione dall’ISPRA sul suo portale.

Alcune regioni mettono anche a disposizione i loro dati tramite portali come quello degli Open Data della Regione Lombardia.

I dati relativi alla Lombardia su 8milaCensus.
I dati relativi alla Lombardia su 8milaCensus.

Dal punto di vista dei software di authoring, gli usi che discendono da questa esigenza ricadono nell’ambito della simulazione e solitamente si avvalgono di applicativi specifici, ahimè quasi tutti appoggiati all’IFC. Per un approfondimento informato, è fondamentale guardare almeno il progetto BIM di ELASSTIC (Enhanced Large scale Architecture with Safety and Security Technologies and special Information Capabilities) che consente di sbirciare un framework per:

  • simulazioni di evacuazione (flusso pedonale);
  • simulazioni di esplosione;
  • simulazioni per l’integrità strutturale dopo un terremoto;
  • simulazioni circa la diffusione delle fiamme (e in Italia sarebbe fondamentale anche quella dei fumi);
  • simulazioni energetiche.
Relazione tra i vari gruppi tecnologici in ELASSTIC.
Relazione tra i vari gruppi tecnologici in ELASSTIC.

In ambito Autodesk, le simulazioni sismiche vengono solitamente portate avanti con Robot, mentre per le simulazioni antincendio esiste questo plug-in di Xinaps ma spesso si utilizza Dynamo (vedete ad esempio questo vecchio post del buon Dieter Vermeulen). In generale, quando si tratta di simulazioni strutturali consiglio di dare un’occhiata all’eccellente prodotto di SOFiSTiK.

Non è solo la normativa ma anche la coscienza che dovrebbe spingerci a esplorare soluzioni migliori.
Non è solo la normativa ma anche la coscienza che dovrebbe spingerci a esplorare soluzioni migliori.

 

4. Supporto ad analisi di business

Quest’ultimo uso codificato nella ISO ci ricorda che il modello deve essere di supporto al mantenimento del Business Case (ne ho parlato brevemente qui in relazione al BIM) incluso lo sviluppo continuo di informazioni relative a:

  • gestione di capienza e utilizzo (management of capacity and utilization);
  • gestione di sicurezza e sorveglianza (management of security and surveillance);
  • supporto alla ristrutturazione (support for renovation);
  • impatto energetico previsto ed effettivo (predicted and actual impacts);
  • gestione (operations);
  • manutenzione e riparazioni (maintenance and repair);
  • sostituzione (replacement);
  • decommissione e smaltimento (decommissioning and disposal).

Alcuni di questi usi sono relativi alla fase di gestione e manutenzione: la normativa inglese identificava nel COBie il formato di interscambio deputato a questo tipo di utilizzi, ma la ISO non ne fa menzione e dovremo attendere una revisione del BS 1192-4 per vedere che cosa sarà di questo information exchange protocol (che, come sapete, non è mai stato il mio preferito).

COBie
C’era una volta il COBie e, secondo alcuni, esiste ancora.

Altri hanno a che fare con lo space programming, che la stessa UNI 11337-7 sulle figure professionali identifica come skill fondamentale anche per le figure operative.
Ai livelli più elementari, la gestione di questo tipo di informazioni viene gestita da qualunque software di authoring che riconosca lo spazio come categoria del modello (e quindi tendenzialmente qualunque software di BIM autoring che sia certificato BuildingSMART). A livelli avanzati, esistono strumenti specifici e una quantità francamente insensata di plug-in (la soluzione di myCADD che prova a gestire la cosa tramite famiglie, lo space planner di Egan, recensito anche qui, ma esistono contributi che promuovono lo stesso workflow utilizzando Dynamo, come ad esempio questo). Lo space programming è anche una delle più semplici applicazioni per algoritmi di generative design.
Alcuni di voi potrebbero ricordare la tesi di Antonio Rusconi, qualche anno fa, cui ho avuto il piacere di dare una piccolissima mano. Trovate un articolo relativo al suo lavoro sull’ultimo numero di BIM Nation, la rivista edita da AM4.

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L’immagine, comparsa qui, viene da un lavoro di Bian Nickel, noto anche come The Revit Saver.

Per quanto riguarda il supporto alla ristrutturazione (e al restauro), non basterebbe un libro, ma sappiamo qualcosa riguardo alla gestione della sicurezza e al calcolo dell’impatto energetico.

Per quanto riguarda il primo, non posso che consigliarvi di chiedere all’ing. Mauro Sogni, che per motivi totalmente indipendenti dalla sua volontà è diventato il nostro esperto durante la quarta edizione del Master Keen e l’esplorazione di questo particolare uso del modello. Se si sta ad esempio considerando la cosa dal punto di vista della vulnerabilità ad attacchi esterni, ci si concentra normalmente sui serramenti e la normativa di riferimento è la UNI EN 1627 (Porte pedonali, finestre, facciate continue, inferriate e chiusure oscillanti – Resistenza all’effrazione – Requisiti e classificazione). Questa prevede il riferimento a una tabella di classi di resistenza (RC, Resistance Class) e l’esplicitazione – sull’elemento o sul sistema del modello – del tempo necessario ad effettuare l’effrazione tramite gli strumenti che appartengono a quella classe.
Per l’analisi generale, è necessario applicare la cosiddetta teoria dei grafi, per la quale consiglio la lettura della ricerca Breaking into BIM: Performing static and dynamic security analysis with the aid of BIM.

Trasformazione in grafi dei locali di un modello BIM.
Trasformazione in grafi dei locali di un modello BIM.

Per quanto riguarda il calcolo dell’impatto energetico, il workflow ha a che vedere con gli strumenti di LCA (Lifecycle Analysis) e con tutto quel set di pietre sul sentiero del LEED. Sul tema si è spesso pronunciato Giacomo Bergonzoni e sono sicura che sarà felice di rispondere alle vostre domande in merito. Io non sono una specialista in questo campo: conosco un paio di strumenti che si agganciano apparentemente bene al mio software di authoring preferito, ovvero Tally e One Click LCA (di quest’ultimo detesto il titolo ma vi lascio un video per giudicare in autonomia la qualità almeno apparente del prodotto).

Tra gli altri usi nominati dalla ISO, ho sempre trovato problematico fin dai primi draft l’incoraggiamento a considerare la demolizione tra gli usi del modello, dato che la tendenza a livello globale è quella di parlare di ridestinazione d’uso. Ma questa è un’altra storia, per la quale è necessario adottare un occhio che ragioni a scala urbana, e dovrò occuparmene in un altro momento.


5. E adesso?

Con la presenza di un testo in cui vengano indicati degli obiettivi, almeno a livello di linea guida, trovo abbia senso iniziare un lavoro che in passato sembrava eccessivamente ambizioso a tutti (persino a me che, come sapete, non manco di follia): la sistematizzazione di una manciata di usi del modello utili e dei workflow che possono consentirci di portarli a casa in modo efficace con i nostri software di authoring e con l’output verso un formato aperto. Fino ad ora ho esplorato, principalmente con i ragazzi del MasterKeen, una grande quantità di usi del modello. Ora è tempo di raccogliere quell’esperienza, quelle esplorazioni, e fare sul serio.

Armiamoci e partite.
Armiamoci e partite.

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