"All this he saw, for one moment breathless and intense, vivid on the morning sky; and still, as he looked, he lived; and still, as he lived, he wondered."

Wolverine #238 – “Roar”, di Duane Swierczynski e Mike Deodato


Wolverine #238, novembre 2009
– “Roar” (id., da Wolverine Annual #2, novembre 2008)
storia: Duane Swierczynski
disegni: Mike Deodato
Il numero #238 di Wolverine, occupato per due terzi dall’inutile e fastidiosa Wolverine: Origins, non è davvero gran che. Tuttavia, come a volte capita, il compito di dare un contentino finale agli indispettiti lettori è lasciato alla storia finale, una delle solite storielle autoconclusive che vedono Wolverine in avventura solitaria. E prima di cominciare a parlare della storia, prima che cominciate a seguire le note che LucaS lascia in chiusura, lasciatemi precisare che il blog di Swiercynski è http://secretdead.blogspot.com, e non come riportato per esteso nell’albo, perché quello – come sanno anche i bambini – è il profilo dell’autore. E se a qualcuno può mai venire in mente che sia il blog di qualcuno, e di scriverlo per esteso in note editoriali di qualunque tipo, che Dio ci aiuti. Il blog, in ogni caso, merita comunque una visita: non solo parla dei suoi lavori, ma anche delle sue ispirazioni e di ciò che colpisce il suo interesse. Un blog vero, insomma. E a questa storia sono collegati un paio articoli: sia il primo che il secondo sono più che altro collegamenti ad altro materiale, ma meglio di niente. Su una cosa, tuttavia, l’autore è piuttosto esplicito, una cosa abbastanza chiara sin dalle prime pagine della storia: Roar non è tanto un fumetto supereroistico quanto, come spesso accade con Wolverine, un racconto horror. Un racconto horror nel solco di ben più illustri precedenti autori, da storie di Lovecraft come Il tumulo all’intera produzione horror di Ambrose Bierce, che pesca dalle leggende dei nativi e non rinuncia a sporcarsi le mani con le questioni razziali sottese.
Ispirazione a parte, lo sviluppo e la struttura del racconto sono piuttosto semplici: un flash-back iniziale che verrà ripreso più avanti dando al racconto una struttura semi-ciclica, il ritrovamento iniziale, l’indagine preliminare, il primo scontro, la testimonianza rivelatrice, lo scontro finale, la rivelazione e la catarsi. La stessa struttura che può essere cantata a memoria da chiunque abbia letto almeno un paio di queste storielle di Wolverine. E tuttavia, senza nulla togliere alla banalità dello sviluppo, Roar rimane una storia godibile.
Per chi fosse interessato alla figura del grande ingannatore cojote nella religione navajo, potrei addirittura consigliare l’agile libercolo Navajo Coyote Tales. Ma anche no.

 

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2 Comments
  • impbianco
    Posted at 16:16h, 07 November Reply

    Se non fosse per le tette di Claudine, Wolverine Origins farebbe davvero pena…

    Comunque concordo con la storia conclusiva, davvero carina :D

    Letto il Namor di Ribic e Milligan?

     

    X-Bye

  • Shelidon
    Posted at 20:52h, 08 November Reply

    "se non fosse per le tette di Claudine"? Ti rendi conto di come siamo combinati? Stiamo parlando delle tette della versione femminile di Sinistro…
    Comunque no, non ho ancora letto Namor, anche se l’ho comprato, insieme all’ultimo 100% Darkness e all’X-women di Claremont e Manara.

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