"All this he saw, for one moment breathless and intense, vivid on the morning sky; and still, as he looked, he lived; and still, as he lived, he wondered."

The very manly muppet

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Mancava nell’elenco dei “tesoro, mi porti a vederlo?”, ma effettivamente anche questo era nell’elenco di cose che avrei voluto vedere. Delusa? Difficile dirlo.
Innanzitutto era un po’ che i muppet non ingranavano un film decente, dopo quella grandissima delusione che era stata Il Mago di Oz (tradotto in Italia come Il super buon Natale dei Muppet, sa veramente il cielo perché). L’ultimo, guarda caso, era stato proprio il film di Natale con Whoopy Goldberg. E non dico “guarda caso” (solo) perché la stessa compare con un cameo anche in questo film, nel ruolo di se stessa, ma perché lo schema di quel film era lo stesso: i muppet rischiano di perdere il teatro e tocca a Kermit rimettere insieme gli elementi dispersi per un ultimo show che salvi la baracca. L’elemento di novità, in questo caso, è costituito dal “nuovo muppet” Walter e da suo fratello (Jason Segel), accompagnati dalla fidanzata di lui (Amy Adams, l’Amelia Earhart del secondo Una notte al museo). Molte le comparse, tra vecchi caratteristi come Alan Arkin e Mickey Rooney, Emily Blunt nel ruolo della receptionist di Miss Piggy, David Grohl nel ruolo dell’Animal oscuro e, nel ruolo di se stessi, Neil Patrick Harris (visto nei Puffi), Judd Hirsch (Numb3rs), John Krasinski (The Office), Selena Gomez (“collega” di Hannah Montana) e Rico Rodriguez (Modern Family), per tacere della vera e propria guest star Jack Black, uncredited. Come dite? Non ne conoscete che un paio? A-ehm… beh, sì, l’impressione è quella che, nella realtà come nel film, le telefonate di Kermit per rintracciare una celebrità disposta a comparire nel film non siano andate a buon fine (anche se qualcuno si sarà strappato le vesti nel riconoscere la versione umana di Walter, ma ci arrivo dopo). Ma proprio in questo sta la genialità del film. Una fotografia e una coreografia terribilmente retrò ci accompagnano attraverso una storia che in fondo rispecchia il vero: il pubblico è cambiato, la televisione è cambiata, e non sembra esserci più spazio per uno show come quello dei Muppet. Ma forse anche i muppet sono cambiati, perché qui siamo ben lontani dai fasti di assoluti capolavori come L’isola del tesoro del ’96 (con quello strepitoso Tim Curry, il miglior Long John Silver che io ricordi) o Il canto di Natale del ’92 (con la miglior entrata in scena che Michael Caine possa vantare nell’intera sua carriera). Cambiati e non adattati, né in bene né in male: perché non sviluppare, in questo film, l’idea che ciascuno sia un po’ Muppet dentro e che anche Walter, in fondo, possa scegliere di essere umano come suo fratello? E, a proposito, sì, la versione umana di Walter è Jim Parsons, dell’inspiegabilmente acclamatissimo The Big Bang Theory. Sarebbe stato forse un twist eccessivamente psicanalitico e intimista, forse, ma sarebbe stata una novità. Il film invece si trascina sulle solite notr, fischiettate o meno che siano, e arriva al finale rimanendo un prodotto piacevole, ma che di sicuro non riuscirà a ridare ai Muppet il loro teatro. Peccato, peccato davvero.

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