Ok, non so perché sto continuando a comprarlo. Probabilmente per i disegni. In ogni caso, vediamo che cosa c’è di buono in questo numero.
La storia dei tre fratelli #4 – Segreti e Bugie (A Tale of Three Brothers – Part Four: Secret and Lies, da Spawn #173 del dicembre 2007). Non apprezzo questo story arc, affatto, e non è colpa di David Hine che la scrive, né tantomeno di Brian Haberlin e Andy Troy che rispettivamente disegnano e colorano in modo assolutamente delizioso. Il punto è che ho iniziato a leggere Spawn con il numero 100 e non conosco davvero l’universo quindi non posso apprezzare le grandi rivelazioni sul passato di cui mi parlano aficionados di vecchia data. Di certo l’autore non sta tenendo molto conto di eventuali nuovi lettori, ma non so fino a che punto gliene si possa fare una colpa. In ogni caso, nel leggere pagine che dovrebbero essere cariche di dramma, penso a Reaper e mi viene da ridere. Dev’esserci qualcosa di storto nello stile narrativo. Nemmeno le pagine con il fratello che viene inghiottito dall’inferno mi hanno trasmesso qualcosa: banale e abusatissima la scelta del Salmo 23 come sottofondo, trita e ritrita la mano che regge la Bibbia e il libro che rimane a terra. Insomma, davvero niente di che.
Spawn – Il pistolero #1 e #2 (Gunslinger Spawn #1 e #2, da Spawn #174 e #175 del gennaio e del febbraio 2008). Perché abbiano scelto la copertina gialla (a destra) invece di quella qua sopra o di quella del #173 è un mistero, ma pazienza.
La storia è scritta sempre da Hine e corredata dalle splendide tavole pittoriche di Cansino e Van Dyke, ed è uno degli spin off ad ambientazione storica. La struttura della storia non è male, non eccessivamente didascalica né eccessivamente preoccupata di fornire subito tutte le informazioni necessarie (anche se all’inizio ho veramente temuto l’information dumping). Si destreggia bene tra ciò che il lettore si aspetta e ciò che invece accade, per poi ribaltarlo di nuovo: i comprimari sono stereotipati ma nemmeno troppo, per essere una storia del vecchio west, e Malebolge in completo bianco sarà anche un cliché ma è un buon cliché. Persino qualche frase ad effetto è riuscita a solleticare il mio gusto più tamarro. Non c’è niente da fare, mi fanno effetto cose come "Ti ho detto che ti avrei rivisto all’inferno, ma non avevo la pazienza di aspettare che morissi così ho pensato di portare l’inferno con me". Più in generale, e cercando di restare concentrati sulla storia, il turning-point narrativo della conclusione, la rivelazione esatta della natura del narratore, che già si sospettava, e della natura della storia come molto più di uno spin-off, sono ben costruite. Non male.
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