Inutile mettersi a spiegare il perché qui, ma sono perseguitata dal giardino. No, ho già dato l’esame infinito di Storia del giardino, è per una serie di altri motivi contingenti. Comunque, per alimentare lo spirito che mi perseguita, offro in sacrificio questi articoli dal Manifesto di oggi (per la gioia del tizio che continua a scrivermi per convincermi di non leggere quella testata).
Oltre il giardino, la natura dell’artificio – Maurizio Giufrè
Il portoghese João Nunes è oggi in Europa tra i più valenti interpreti dell’architettura del paesaggio e tra i pochi convinti sostenitori di una visione multidisciplinare del progetto contemporaneo d’architettura. Quindici anni fa ha fondato il Proap, uno studio professionale che dal confronto e dalla partecipazione di più saperi ha definito la sua metodologia progettuale. Con la realizzazione del parco dell’Expo ’98 Nunes e il Proap hanno raggiunto la notorietà internazionale per l’impegno profuso nel disegno di un’area di novanta ettari che si snoda lungo il corso del fiume Tago e il nuovo ponte Vasco da Gama. Il progetto per l’expo portoghese è stato l’atto conclusivo di un processo di sensibilizzazione sui temi del recupero e della difesa ambientale che dagli anni ’80 si è diffuso in tutta l’Europa. Organizzazioni internazionali, istituzioni pubbliche governative e amministrazioni locali hanno dovuto strutturare programmi di salvaguardia e progettazione del territorio anche se non sempre le soluzioni sono state all’altezza dei compiti. In Italia, ad esempio, mancano figure professionali in grado di orientarsi nella complessità di un territorio nel quale la stratificazione secolare dell’occupazione agricola e urbana dei suoli ha prodotto una realtà che attende ancora di essere valorizzata. Al contrario in Portogallo la tradizione paesaggistica ha lontane origini e l’istituzione della laurea in architettura del paesaggio risale alla metà del secolo scorso, quando presso la facoltà di agraria dell’Università Tecnica di Lisbona si inaugurò un corso che avrebbe dovuto rispondere alle esigenze produttive del territorio. -Frammenti di campagna. Proprio di questi argomenti parliamo con João Nunes di passaggio in Italia invitato dall’agenzia Acma Centro Italiano di Architettura, per la quale ha tenuto nei giorni scorsi un importante workshop di progettazione intorno al tema delle strategie per i parchi periferici e agricoli nell’area milanese. Ed è proprio dalla realtà dell’hinterland che ha inizio la nostra conversazione, in particolare sul destino del suo progetto per il Parco Forlanini, un ampio frammento di campagna tra l’aeroporto di Linate e la tangenziale, che da più di sei anni attende di essere realizzato, mentre la cronaca giornalistica paradossalmente annuncia la «forestazione» della città, con un eccesso di retorica ambientalista anch’essa segno contraddittorio dei tempi. «Interpreto questi episodi – dice Nunes – come il ritratto della realtà stessa. E’ nella storia culturale italiana trovare, accanto all’invenzione e alle capacità di comprendere i problemi, l’impossibilità di risolverli. Al di sopra di questa realtà ne ondeggia sempre un’altra fatta di chiacchiere, di retorica che non riesce a convincere ma di cui si discute, un atteggiamento che riesce solo a lasciare segni superficiali nella continuità delle persone e purtroppo a non passare al di sotto della realtà più profonda, della costruzione dell’identità culturale di un paese e di una comunità. Il successo nel concorso per il Parco Forlanini si deve a un affiatato lavoro di team. Il progetto non è un’opera d’arte, una prova di arroganza creativa ma un insieme di suggestioni, una risposta pragmatica dopo la lettura di un insieme di problemi tecnici, sociali e culturali che ci hanno suggerito la nostra migliore proposta di cambiamento. Il progetto ha scontato la sua povertà e semplicità formale con il disinteresse nell’attuarla visto che non incideva in modo scenografico sulla città». Il progetto per il Parco Forlanini, infatti, non è una «pioggia d’oro sulla città» come ironizza Nunes, uno di quei progetti mediatici, per intenderci, che nessuno chiede se si possa mai realizzare, pur continuandone a parlare. Nunes persegue una visione più generale dei problemi della città e del suo territorio. L’architettura del paesaggio può risolvere molte delle questioni di vivibilità ambientale lì dove sono ancora possibili operazioni di recupero di consistenti aree inedificate, lasciate libere dall’industria o ridotte a resti o margini dall’agricoltura. La Lombardia non è più «tutto un seguito di ininterrotti giardini», come affermava Carlo Cattaneo riferendosi al territorio agricolo della pianura padana. Nunes però non si rammarica della perdita di quel paesaggio perché non può esserci alcuna nostalgia per il passato per chi progetta e guarda al futuro, a migliorare le condizioni di vita degli uomini. «Un’enorme distanza – chiarisce con la meticolosa calma che lo distingue – separa la licenza poetica dell’intellettuale lombardo dalla realtà del paesaggio. Un giardino nasce sempre con una libertà e una dose d’individualismo mentre il paesaggio si costruisce sull’economia e la necessità. E’ questa la ragione per cui non è possibile rendere astratto e globale il paesaggio: ovunque le necessità degli uomini sono diverse come la loro coscienza. Ogni volta bisogna fare i conti con la realtà ambientale, climatica, culturale e altro ancora. Prendiamo, ad esempio, l’Italia e il Portogallo. Sono due paesi – nel senso paesaggistico – due unità ambientali e culturali diverse tra loro che però hanno una caratteristica simile: sono strette fasce di terra orientate da nord a sud, caratteristica che permette loro di avere un’enormità di varietà biologiche, addirittura contrastanti. E’ sorprendente la diversità delle specie tra aree in prossimità del Mediterraneo e dell’Africa e quelle situate all’estremità opposta. Le culture, del nord e del sud, coesistono, si incrociano, si articolano territorialmente e vi riconosciamo aspetti similari tra i due paesi, ad esempio nelle origini della cultura materiale dell’alimentazione, ma i nostri due paesi sono così diversi perché non si ripetono le vicende degli uomini, non si ripete la storia». Per Nunes il paesaggio, e l’architettura che deve comporlo e interpretarlo, non si può uniformare e ridursi ai processi dell’economia globale. Sembrerebbe scontato ripetere il valore che assume il contesto, il significato della realtà fisica dei luoghi, se non fosse che una generale omologazione si avverte anche in questo campo ove gli architetti intuiscono esserci un campo d’espressione per i loro esercizi poetico-formali. E’ certo che per Nunes, che collabora con i più importanti architetti europei e internazionali, non è estraneo il concetto di paesaggio inteso come complesso manufatto architettonico, ma declina i suoi interventi partendo dalla materialità dei bisogni e delle necessità, seguendo una lettura analitica dello spazio fisico e di tutti gli elementi che lo compongono, per cui il progetto è sempre scelto per la sua natura dinamica di adeguarsi ai cambiamenti nel tempo, non è mai diagrammatico, meccanico, formalista. Nunes sposa la bella metafora di Georg Simmel che paragona il paesaggio a una biblioteca. «Ciò che abbracciamo con uno sguardo – scrive il filosofo tedesco in un saggio del 1913 – non è ancora paesaggio, ma tutt’al più materiale per esso, come una quantità di libri accatastati non sono una biblioteca ma lo diventano piuttosto solo quando un concetto unificante li ordina secondo il proprio criterio formale». Con semplicità e passione Nunes si è dedicato proprio a scoprire la «legge» che governa il carattere molteplice e variabile della natura. «Dobbiamo, innanzi tutto, comprendere – aggiunge – dov’è la frontiera tra il naturale e l’artificiale. Dobbiamo capirlo a iniziare da noi stessi, dal nostro corpo, consapevoli che sui nostri bisogni naturali si sovrappongono le varie istanze culturali. Un nostro comportamento in alcune culture può essere criticato in altre apprezzato: l’arbitrarietà delle posizioni degli altri ci fa comprendere la naturalità o l’artificialità delle nostre scelte. Un albero, che rappresenta il paradigma dell’elemento naturale, se oggi è geneticamente modificato, appartiene anch’esso al mondo artificiale come qualsiasi altro elemento prodotto dall’uomo oppure no? La prima questione è definire l’arbitrarietà di questa frontiera tra il naturale e l’artificiale. Molte delle esperienze contemporanee dell’architettura del paesaggio che conosciamo pongono come premessa il fatto che noi non siamo natura: io contesto questa premessa, poiché, al contrario, noi ne siamo parte integrante. Allo stesso tempo è da criticare la morale che vuole che tutto ciò che è naturale sia bene, e tutto ciò che è artificiale sia male. La logica della trasformazione non significa modificare per capriccio. Noi non sopravvivremo senza cambiare l’ambiente che ci circonda. A causa di questa morale siamo messi in una condizione strana e debole. Non sappiamo più discernere se la nostra trasformazione sarà accolta in futuro come patrimonio dell’umanità o giudicata come la peggiore delle speculazioni». La legge e il metodo. Con il lavoro dello studio Proap, Nunes ha condotto una strenua battaglia per affermare il principio etico che la modifica dell’ambiente non sempre segue logiche speculative o interessi particolari. In questa direzione non si è mai favorito un linguaggio bensì un metodo in grado di decodificare un luogo o uno spazio per fissare nuove relazioni tra gli elementi (naturali e artificiali) che lo compongono.
«Proap – spiega Nunes – ha stabilito in Portogallo uno standard di progettazione per l’architettura del paesaggio che è diventato norma e prassi consolidata. Non c’è edificio che si costruisce senza la verifica del rispetto della qualità ambientale. Posso affermare che si è instaurato un ottimo rapporto tra committenza e progettista perché c’è stata l’apertura da parte di ognuno di confrontarsi con tutti. Ho conosciuto direttamente l’esperienza di Barcellona, per avervi svolto un master, ed è da lì che ha preso avvio il misurarsi con le migliori esperienze europee». Prima di terminare la conversazione con Nunes chiediamo quale cultura possa trasformare democraticamente il paesaggio – per ampia parte in Europa ancora agrario – e se sia possibile far avanzare progetti, programmi espressione delle più ampie istanze sociali. «Se parliamo del paesaggio agrario, parliamo di coloro, i contadini, che non lo possiedono ma che ne curano l’aspetto. Secondo me costoro non hanno una coscienza, un’etica, delle regole che articolano il loro lavoro: tutto ciò è un mito. Essi rispondono alle norme che gli sono imposte dalla tradizione o da un potere. Per me il potere è per definizione qualcosa di sospetto. Occorre capire, quando il paesaggio non corrisponde ai bisogni di una comunità cosa sta facendo il potere: se il potere, infatti, rappresenta le necessità e i desideri di una comunità, il paesaggio è un paesaggio democratico. Per questa ragione il paesaggio è sempre un problema politico».
(ha collaborato Antonio Angelillo)
João Nunes, tecnologia, storia e cultura in dialogo
João António Ribeiro Ferreira Nunes è nato a Lisbona nel 1960. Emerso a livello internazionale a seguito della realizzazione del Parco del Tago all’Expo ’98 di Lisbona (1994-2001) – realizzato nella prima fase di concorso insieme al californiano George Hargreaves – João Nunes e lo studio Proap di Lisbona, di cui l’architetto portoghese è uno dei soci fondatori, rappresenta una realtà specifica nel panorama del paesaggismo europeo. Dopo un primo periodo di attività svolta per conto dell’amministrazione dei parchi forestali della municipalità di Lisbona e dopo la realizzazione di piccoli giardini privati, João Nunes è stato coinvolto in gruppi di lavoro multidisciplinari soprattutto in seguito alla frequenza del master di architettura del paesaggio di Barcellona, istituito nella sede dell’Università Tecnica della città spagnola a partire dal 1982. Con lo sviluppo edilizio in Europa nella seconda metà degli anni Ottanta rilevanti studi di architettura e di pianificazione hanno aperto un proficuo rapporto di collaborazione con lo Studio Proap per la progettazione di spazi pubblici urbani. Lo studio Proap è diventato in questo modo interlocutore privilegiato di importanti architetti. Con Gonçalo Byrne, Nunes vince nel 2001 il concorso internazionale del Parco Forlanini a Milano e realizza gli spazi pubblici per la sistemazione del porto turistico di Lagos (1994-1999). Nell’esperienza svolta a cavallo del 2000 emerge una progettazione di parchi e di giardini urbani che seguono regole compositive dell’architettura urbana pur integrando competenze tecnologiche provenienti dalle diverse discipline ambientali (decontaminazioni, bonifiche ambientali, fitodepurazioni, rinaturalizzazioni). Ne sono un esempio il Parco Urbano a Quinta da Politeira (1997-1999), il Giardino della Cordoaria a Porto (1999-2001), il Parco Urbano da Quinta da Terrugem, Oeiras (2000-2001), il Giardino Almirante Reis, il Funcheal, Madeira (1998-2002). Membro della Efla (European Foundation of Landscape Architecture), Nunes insegna in diverse università europee ed è correntemente invitato a partecipare in giurie internazionali e a tenere lezioni e conferenze. Figura poliedrica, pittore, fotografo e profondo conoscitore dell’arte contemporanea, João Nunes persegue una visione umanistica del rapporto tra le tecnologie e l’ambiente, un dialogo necessario per elevare la qualità dell’artificio in cui l’uomo ha costretto la natura. La sua lettura dei luoghi segue un processo preciso e determinato volto a leggere le regole degli eventi geologici e della cultura materiale che ha definito i codici dell’estetica del paesaggio. Poiché il progetto paesaggistico e la sua realizzazione rappresentano un nuovo evento sul territorio (questa volta esteticamente intenzionale) è evidente, nei vari progetti realizzati dallo studio Proap, che tale processo richiede una profonda capacità di sintesi tra una precisa metodologia di analisi degli aspetti geomorfologici e naturalistici e la tensione progettuale inevitabilmente legata all’evoluzione del concetto di spazio pubblico contemporaneo. Poche sono le pubblicazioni disponibili in italiano sulle opere su João Nunes. Si segnala «Proap. Studi e progetti di architettura del Paesaggio 1985-2000», catalogo dell’omonima mostra monografica itinerante, attualmente presente in Italia (sito internet http://www.proap.pt). Mau. Giu.
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