"All this he saw, for one moment breathless and intense, vivid on the morning sky; and still, as he looked, he lived; and still, as he lived, he wondered."

Letteratura gitana

Dal Manifesto di oggi.

E la nuova letteratura inglese e irlandese scopre gli «zingari»
Orsola Casagrande
Zoli è una giovane donna, alta, «non bella… o almeno non convenzionalmente bella, ma il tipo di donna che ti fa trattenere il respiro quando passa». A sei anni Zoli ha visto i suoi genitori trascinati a forza dai soldati nazisti nei pressi di un lago. Era notte e in quel lago gelido sono stati gettati. Sono morti annegati, «si sono sciolti come la neve al sole». Zoli si è unita ad un altro gruppo, assieme al nonno. Ha imparato, da sola, a leggere e a scrivere ed è diventata famosa come una cantante, eretta a custode delle tradizioni zingare, una «voce dalla polvere». Zoli è il nuovo romanzo dell’irlandese Colum McCann. E Zoli è una poetessa zingara. McCann ci fa conoscere la vita di questa donna nella Slovacchia del secondo dopoguerra. Scoperta da un famoso poeta, Martin Stransky, che diventa un po’ il suo sponsor, Zoli viene spinta a raccontare. Stransky registra le sue canzoni e le sue poesie. La convince a pubblicare le cose che scrive. Lei sulle prime accetta, ma poi si pente, ha paura di tradire la sua gente e così chiede al suo poeta sponsor di non far uscire il libro. Contrariamente ai patti però, Stransky pubblica i lavori della poetessa. Per aver permesso allo stato di pubblicare e promuovere le sue poesie, Zoli viene condannata dalla sua comunità. La pena che dovrà scontare sarà spietata, sarà infatti costretta a vagare, ma non assieme a la sua comunità: esule senza possibilità di riavvicinarsi al suo gruppo. Così la donna intraprende un viaggio attraverso l’Austria, l’Italia e infine la Francia dove si fermerà. Mentre i media europei gridano dalle prime pagine che presto saremo invasi dagli zingari (complice l’allargamento dell’Unione europea), in Gran Bretagna e in Irlanda raffinati scrittori riscoprono gli zingari e anzi li rendono protagonisti dei loro romanzi. Si cerca di sapere di più dello sterminio nazista, mezzo milione di persone morirono nel porrajmos, l’olocausto degli zingari, ma si vogliono anche riportare alla luce le storie, tradizioni, poesie di questi nomadi per scelta che fanno paura proprio perché continuano a rifiutare di essere ingabbiati nelle nostre società. A Belfast il comune, quando era sindaco Alex Maskey del Sinn Fein, ha dato ai travellers, gli zingari irlandesi, degli appartamentini nuovi e attrezzati. Loro, i travellers, hanno ringraziato ma nel back yard hanno messo le loro roulotte ed è spesso lì che continuano a dormire. La storia del porrajmos l’ha raccontata la scrittrice anglo-romani Louise Doughty, nel suo romanzo Fires in the Dark (fuochi nella notte). Il primo capitolo di una trilogia, Fires in the Dark si svolge nell’Europa centrale e racconta la storia di un ragazzo, un Kalderash-Rom. Nato nel ’27 in Boemia, il giovane viene rinchiuso in un campo di sterminio con la sua famiglia. Lui solo riuscirà a fuggire e prenderà parte alla rivolta di Praga del 1945. Il secondo capitolo della trilogia di Doughty è uscito da poco in Gran Bretagna.Stone Cradle (culla di pietra) è una saga familiare. Ma anche la storia d’amore tra un giovane zingaro e una gadgi, una non zingara, in un angolo della campagna inglese. Nel suo libro Bury me standing, seppellitemi in piedi, Isabel Fonseca scriveva che «gli zingari non hanno monumenti, non hanno un inno, non hanno rovine, e non hanno neppure una bibbia». Hanno però, o almeno cominciano ad avere, libri che li raccontano, restituendoci la storia, le storie, le loro tradizioni, canzoni, racconti.


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