"All this he saw, for one moment breathless and intense, vivid on the morning sky; and still, as he looked, he lived; and still, as he lived, he wondered."

I lupi nei muri

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Dopo La comica tragedia o la tragica commedia di Mr. Punch, che scopro di non aver colpevolmente mai recensito, la coppia d’oro Gaiman/McKean torna a osservare con occhio caleidoscopico il mondo dell’infanzia, anche se in modo sicuramente meno tragico e più scanzonato. L’immaginazione non è in questo caso uno strumento per vestire il mondo tragico e volgare degli adulti con un manto di inquietante fiaba, ma una forma di stigmatizzante lucidità, la capacità di credere a qualcosa di incredibile e comportarsi in modo logico anche quando accade l’illogico.
In questo particolare racconto, l’impianto imponente della convenzione viene affidato al nonsense: quando i lupi escono dai muri, è finita, tutti lo sanno. Per questo, e perché i lupi non vivono nei muri, non possono essere lupi quelli che la piccola Lucy sente muoversi nelle pareti della vecchia casa. Ne è convinta la statuaria madre, dipinta con i tratti deco di una diva uscita da un quadro di Tamara De Lempicka. Ne è convinto il padre, suonatore di una enorme e troneggiante tuba d’oro. Ne è convinto suo fratello, che spera in pipistrelli vampiri per essere morso e non dover andare più a scuola. Solo Lucy e il suo maialino di pezza sanno la verità, fino al momento in cui, in una notte tranquilla e senza suoni, i lupi escono dai muri ed invadono la casa, costringendo la famiglia alla fuga. Cosa fare? Andare a vivere «al circolo polare, dove le case hanno muri di ghiaccio e neve e prr centinaia di chilometri ci sono solo orsi polari e foche»? O «nel deserto del Sahara, dove le case sono tende colorate che svolazzano nel vento caldo e per migliaia di chilometri ci sono solo cammelli e volpi del deserto»? O forse «nello spazio, abitare in orbita su una stazione spaziale, dove i muri sono di metallo, con tutte quelle luci che si accendono e si spengono, e per milioni di chilometri ci sono solo pasticcioniani e fracassoniani»? No, tutti posti orribili per la piccola Lucy, cui manca il suo maialino di pezza e che quindi, per recuperarlo, torna nella casa e striscia attraverso i muri fino alla propria stanza. In fondo è confortevole, stare nei muri, ma la famiglia continua a vivere in giardino, e non ne vuole sapere di riappropriarsi della vecchia casa. Dove andare? In una capanna con muti di paglia su di un’isola in mezzo al mare? Su una mongolfiera? In una casa in cima ad un albero altissimo? Solo Lucy insiste a voler ritornare in casa. In fondo è confortevole, stare nei muri, e sbirciare i lupi dagli occhi dei dipinti e dalle crepe. Anche se, naturalmente, significa dover stare a guardare i lupi indossare i loro vestiti e mangiare la loro marmellata, giocare ai videogiochi e battere tutti i punteggi record (mio dio, è una cosa terribile!), suonare melodie lupesche nelle tube del capofamiglia. Troppo terribile da sopportare. E in fondo si sa, quando gli umani escono dai muri è finita.
Dal fumetto è stato tratto anche uno spettacolo teatrale per bambini, Musical Pandemonium, con canzoni originali ai cui testi ha contribuito lo stesso Gaiman.

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