"All this he saw, for one moment breathless and intense, vivid on the morning sky; and still, as he looked, he lived; and still, as he lived, he wondered."

Fashion, Visual, Architecture & Product Design

 

Essendo abbastanza in anticipo per il lavoro, questa mattina mi sono fermata al Mondadori Multicenter di piazza Duomo (e, naturalmente, non c’è nulla come essere in anticipo per arrivare in ritardo). A dispetto del modo anarchico e insensato in cui hanno riorganizzato le riviste (per editore anziché per argomento, ma si può?), sono riuscita a trovare delle cose interessanti. E, per la gioia del Ragno Rosso che ama il design, ve ne propino una.

 

Monitor #48
FashionVisualArchitecture&Product Design

Attraente per via del look molto essenziale e “tecnico” che sfoggiava la copertina. Anche se non ve la posso mostrare, perché sul sito c’è ancora la copertina dello scorso numero: quella del nuovo numero, il #48, è terribilmente arancione con un mezzo logo bianco.
La suddivisione interna è interessante e, soprattutto, è lodevole la presenza di due indici di cui uno tematico, che raggruppano gli articoli in modo chiaro ed efficace anche grazie ad un uso discreto ma incisivo del colore. La particolarità della rivista, è che tratta di progetti nel vero senso del termine: ogni sezione, dall’architettura al design industriale, presenta opere attraverso le realizzazioni grafiche dei progettisti.

La prima sezione, Monitor – Urban Scale, si occupa dei progetti di architettura, della grande scala (non questa, eh?). Il primo articolo tratta quindi della struttura commemorativa sorta a Madrid presso la stazione ferroviaria di Atocha (di Miguel Jaenicke, studio FAM, installato l’11 marzo 2007 in occasione del terzo anniversario degli attentati): particolarità dell’installazione è di essere interamente in vetro, ma proprio interamente, senza l’ausilio di altri materiali tranne un collante trasparente. Sull’interno del cilindro, sono incisi messaggi in varie lingue: «Non ci sono parole o messaggi per ricordare», «Vittime più di tutto, di questa follia. Noi anche per voi continueremo a gridare», «In ricordo delle vittime dell’intolleranza perché con la violenza non si costruisce nulla pace», tra gli altri. I nomi delle 191 vittime sono incisi sul vetro satinato della porta d’ingresso, e la struttura è dimensionata per ospitare 200 visitatori alla volta. Francamente non so se mi piace questo progetto: le strutture commemorative sono sempre difficili da realizzare e rischiano troppo facilmente di scivolare nel pacchiano. C’è anche da dire che se mi dilungo così su ogni progetto trattato nella rivista, non ce la caviamo più.
Altro progetto trattato nella sezione “Urban Scale” è la stazione ferroviaria di Shiretoko, Giappone, un luogo recentemente entrato a far parte del Patrimonio dell’Umanità e che simbolicamente costituisce punto di partenza e di arrivo per la visita allo straordinario ecosistema della penisola. Il progetto è di Hiroshi Kawahito e, con la sua membrana esterna in legno e i suoi tagli orizzontali, sono ragionevolmente certa non mi piaccia. Meglio dall’interno che dall’esterno, in ogni caso.
Non ha neppure questa scusante, invece, il ponte di Lethlean, Zulaikha e Owen vicino a Melbourne. Mi genera orrore ancestrale, ha un che di Lovecraftiano. Vedere per credere.
Già meglio è verde progetto per l’archivio regionale francese a Lille (da non confondersi con l’Ile), sviluppato da quegli X-TU architects già distintisi per la ristrutturazione dell’università di Parigi a Nanterre. Lo scatolotto spettinato, molto nello stile dello studio, quasi quasi ha il suo perché. E anche il loro sito. Una volta che riuscite a capire dove cliccare, è tutta in discesa.
Parlando poi di cose inquietanti, come non citare il gomitol… ehm… il nuovo osservatorio di Merseyside (Gran Bretagna) ad opera della Duggan Morris Architects? Più inquietante del render qui a sinistra ci sono solo il 3d a filo di piombo (non vi ricorda l’impugnatura di un minipimer?) e il montaggio con il finto turista giapponese felice. Anche la ciotola che si vede qui fa parte del progetto, noto per le sue innovative caratteristiche energetiche, e va ad integrarsi con l’installazione «Another Place» di Antony Gormley (andatela a vedere, per piacere) e con il Sefton Water Centre. Something to behold, come dicono gli anglosassoni.
Ed è roba da vedere assolutamente anche la 4′ Tower nel distretto economico Zuid-Oost di Amsterdam. Avete presente quelle simpatiche casette con il tetto a punta che affacciano su canale? Ecco, in questa parte della città ve le potete tranquillamente scordare. Concepito come città del futuro sotto la cattiva stella di Le Corbusier (grande maestro, se solo non fosse stato svizzero, e pessimo urbanista: qualcuno si ricorda del suo progetto di radere al suolo Parigi?), il distretto ospita cose come questa. E presto ospiterà anche la millefoglie di Wiel Arets.
In tutto ciò, l’allestimento di Aleksi Hautamaki e Anders Nord dello store concept per i finlandesi Alko passa decisamente in sordina. Anche perché, guardiamoci in faccia, ho visto Botteghe Svedesi Ikea con più appeal. E non c’è molto da stupirsi considerato che lo spazio web più in vista di uno dei due è il suo profilo su Linkedin.
La seconda sezione, che è anche il motivo per cui mi sono avvicinata a questa rivista in primis, è un Preview Special dal titolo Milan Design week: what’s in stock. In ritardo, lo so, ma pur sempre un punto di vista valido. Cosa c’era in programma quindi secondo i russi di Monitor?
1. Il progetto No more Tv house di Chino Kim per i coreani di DND Casa (no, non arredano Dungeon, sono specializzati in arredi hi-tech) di cui merita particolare attenzione la Hypno Wall, una parete-televisore. E questo me lo sono perso.
2. L’omaggio di Living Divani a Shiro Kuramata, la riproposizione in un materiale rinnovato della coppia di tavolo e sedia dalla linea tubolare e a dir poco essenziale. Visto in fiera. E non esageratamente apprezzato.
3. Le sedie Stereo di Luca Nichetto per Casamania (marchio di Frezza), nelle due versioni economy e upholstered. Perse, ma non mi ci strappo i capelli: in fin dei conti non mi piacevano particolarmente neanche le precedenti.
4. Il delizioso mobiletto pieghevole Motion di Elisabeth Lux per Pastoe, una meraviglia di cerniere e controcerniere. Non ricordo di averlo visto, e di questo mi dispiaccio.
5. Il mobile modulare Vita di Massimo Mariani per MDF Italia, semplicemente geniale nella sua essenzialità e complessità (ma io sono di parte, sono una patita della modularità). Lo voglio.
6. La bizzarra libreria Radial di Nendo per l’americana Council, non di mio particolare gusto. E non di particolare gusto nemmeno del produttore, dato che sul loro sito non ve n’è traccia.
7. Le inquietanti sedie antropomorfe Her di Fabio Novembre ancora per Casamania, che ricordo assai distintamente (quella semisdraiata allo stand faceva bella mostra di sé – si fa per dire – proprio sotto ad una riproduzione della Venere dormiente di Giorgione). Paura. Anche perché questa sedia si pone come rivisitazione di questa. E bisogna essere davvero malati.
8. La nuova collezione di rubinetti Axor Citterio M di Antonio Citterio per Axor che, francamente, per quanto d’autore, non riescono ad entusiasmarmi eccessivamente proprio in quanto, pur sempre, rubinetti.
9. I mobili in legno per cucina e bagno (se pensavate che non fosse possibile, benvenuti nel XXI secolo) di Enzo Berti per Dogi (spin-off di G&D).
10. Le fantascientifiche poltrone Orbital di Christophe Pillet per Modus, di cui apprezzo la linea ma che non credo vorrei in casa.

11.
Il pacchianissimo doccino a goccia dall’evocativo nome Drop, di Giulio Iacchetti per IB rubinetterie, di cui forse ho già parlato nel mio post sul Salone.
12. Il terrificante sistema poltrona-sgabello-sedia di Michael Young per Accupunto, il cui accostamento di materiali è come vedere Bambi cavalcato da una valchiria nuda (oddio, ora avrò quest’immagine in testa per giorni).
13. Le lattea sdraio Kite, Pool House e Substance, rispettivamente di Shin Azumi, lo stesso Christophe Pillet della Orbital di cui al punto 10 e Harri Koskinen, disegnate per Sedie Friuli (che ha buoni prodotti ma dovrebbe proprio cambiare nome). Pregasi non confondere la Kite con quella, omonima, di Karim Rashid.
14. L’interessantissimo tavolo origami Square2square di Blubau per BBB, che si piega e dispiega secondo le linee base della geometria piana giapponese: non ho trovato un’immagine, ma sul sito dello studio, tra i prodotti, si trovano una galleria ed un video che mostra il funzionamento.
15. L’orgasmico pianoforte elettrico Cantilever di Sam Hecht per Yamaha, un tripudio di essenzialità ed eleganza come ci si aspetta dall’autore di quegli splendidi prodotti Lacie. L’oggetto, in home page sul sito dello studio, è una delizia per la sua forma essenziale, squadrata, bianca, da cui spuntano le tre linee morbide e definite dei pedali in acciaio e che, visto di fronte, mostra la linea dei tasti attraverso un taglio rettangolare meravigliosamente proporzionato. Il sistema di apertura, poi, è semplicemente perfetto. E che dire del telecomando?

16.
La collezione Global Edition per Bernhardt Design, presentata in zona Tortona, di cui ho parlato nell’articolo sul salone, con contributi di Yves Behar, Pearson Lloyd, Arik Levy, lo stesso Shin Azumi della sedia Kite al punto 13, Lievore Altherr Molina, Jeffrey Bernett, gli spagnoli dall’evocativo nome Culdesac, Christian Biecher. Un’equipe decisamente di alto livello che genera una linea davvero elegante.
17. Missing in action (sì, la rivista salta la numerazione, sa il cielo perché). E non ditemi che questo è il prodotto che vi è piaciuto di più, per cortesia.
18. Gli abbastanza anonimi prodotti lignei della linea Allumette, di Atelier Oi per Roethlisberger.
19. La poltrona Sumo disegnata dal marveliano nome Xavier Lust per Baleri, che prosegue sulla linea della precedente Credence, stesso studio, produttore De Padova ma stesso effetto “sformato”.
20. Il sistema per bagno Sen, disegnato da Curiosity per Agape e che mi entusiasma già di più. Signori, questo è un rubinetto.
21. La decisamente poco entusiasmante sedia Cartoon di Gam e Fratesi per Swedese.
22. L’installazione Constructive di From us with love, di cui si può vedere un video qui.
La terza sezione, Visual Design, riguarda le installazioni, i progetti d’interni e simili. Forse la più scarna e meno interessante, se non fosse per una cosa di sicuro interesse ovvero la valorizzazione del gasometro a Madrid, nel quartiere di Vallecas, che diviene un Eco-Boulevard ad opera degli autoctoni Ecosistema Urbano. I progettisti di Bovisa imparino che cosa significa rivalorizzare un gasometro.
Oltre a questo, un articolo sull’installazione di Taketo Shimohigoshi per Fleg International a Daikanyama (Tokyo) – per cui rimando al sito ufficiale – e un articolo piuttosto inutile sulla underground di Oklahoma City, che non è la metropolitana ma una rete di cunicoli sotterranei che collegano alcuni grattacieli della città, dipinta dallo studio Elliott + associates in simpatiche e riposanti tinte di giallo, verde e rosso. Da noi sarebbe il paradiso dello stupratore, ad Oklahoma City francamente non so.

La sezione Architectural Design, forse la migliore della rivista, affronta invece i progetti d’architettura alla scala più piccola e i progetti d’interni.
Qualcuno conosce Torno, sul lago di Como? No? Peccato, perché proprio qui è situato il primo progetto ovvero la nuova base nautica per il club Plinio, ad opera dello studio MARC. Una piccola scatola vetrata su un lato e aperta sull’altro, adiacente alla passerella per scendere sul lago. Meglio la vista su un lato che quella sull’altro, ancora meglio la vista da sotto, ma comunque non è male. Sarebbe anche il caso di strappare le colline del comasco e del lecchese alla fin’ora indiscussa egemonia dei geometri e delle loro villette a schiera.

Ancora meglio di questo, il progetto della House «O» a Chiba (poco fuori Tokyo), disegnata da Sou Fujimoto in una collocazione che ricorda l’incantevole Casa del Tè di Alvaro Siza in Portogallo. La casa sbuca dagli scogli in modo meno aggraziato, certo, ma il patio interno e alcuni scorci sono a dir poco incantevoli.
Tra i progetti d’interni, la psichedelica Blue Frog Acoustic Lounge and Studios a Mumbai, di Chris Lee e Kapil Gupta, il Dsquared2 flagship store a Milano di Storage e il glaciale interno del Dj’s Jewellery Store a Hong Kong, progettato da Panorama International. Non diresti mai quanto siano belli i loro allestimenti vedendo lo schifo di sito che si ritrovano.
Tra le cose che non incontrano il mio gusto, la (troppo) poliedrica Biblioteca a Medellin di Giancarlo Mazzanti e il (troppo) aggettante Petter Dass Museum ad Alstahaug, di Snohetta (che non è una tizia, è uno studio).
Decisamente anonimo è infine l’allestimento per KK outlet a Londra, dello studio FAT. Ho visto Autogrill con più mordente, altro che Fashion Architecture Taste.

Cosette decisamente interessanti ci sono anche nella sezione Product Design. E non parlo tanto del telefono Symbio di Eliumstudio per Thomson (interessante, per l’amor del cielo, qui c’è anche una presentazione video ma è pur sempre un telefono) e men che meno del cellulare P-per di Chocolate Agency. Ma il loro E-paper, il palmare che si piega fino a chiudersi a braccialetto… beh, anche per una non fanatica del design tecnologico come me una cosa del genere ha il suo perché.
Allo stesso modo, voglio assolutamente il dosatore di spaghetti Noooodle dei geni Ding3000 per Konstantin Slawinski. Perché? Innanzitutto perché non so mai fare le dosi. E già questo sarebbe un buon motivo. Secondariamente perché… cioé, guardatelo! E’ meraviglioso! Come si fa poi a non comprarlo sapendo che gli autori sono gli stessi di Pimp my Billy, la meravigliosa presa per il cul… ehm… presa in giro dei prodotti Ikea? Se vi piace il genere, degli stessi autori e produttori c’è S-xl Cake, lo stampo per torte che crea fette per tutte le esigenze, Abrollding, il dispenser di nastro adesivo òpiù ingombrante del mondo, e la serie di mobili Animal Tales tra cui spicca il vaso Cuco, del tutto inutile e se ne vanta.
Un altro oggetto decisamente notevole, degno di quei cataloghi che arrivano a casa per posta ma con il vantaggio indiscusso di essere di alto design, gli oggetti Domestic Landscape di Benjamin Graindorge per il MUDAM del Lussemburgo, e in particolare Aquarium e Pools.
Di fronte a tutto ciò, la Moving Lamp e la Dress Chair, sempre di Benjamin Graindorge, scompaiono come neve al sole.

Così come rischia di scomparire la penultima sezione della rivista, Find, con i suoi prodotti decisamente più normali. Una carrellata di Riva 1920, Waldmann Lichttechnik, Foscarini e molti altri. Decisamente inquietante, tra tutti, la panca Diagram per Nola. Da che parte ci si siede?

Infine, se volete farvi del male, la sezione Update dedicata ai materiali, la sezione Fetch dedicata alla moda e la sezione File con una selezione di link.

E direi che per oggi vi ho annoiato abbastanza.

 

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4 Comments
  • impbianco
    Posted at 09:56h, 01 May Reply

    … non ho capito se questo fumetto sia Marvel, Dc o un manga XD scherzo… XD

    X-Bye

  • Shelidon
    Posted at 10:28h, 01 May Reply

    A tratti sembra un fumetto DC. E chi mi conosce sa che questo non è un complimento.

  • ragnorosso
    Posted at 15:57h, 01 May Reply

    mi sono sentito in dovere di leggere tutto il blog siccome sono stato nominato all’inizio, anche se di architettura e compagnia bella non mi interessa nulla. adesso però mi è venuto un dubbio sulle sedie antropomorfe: se dietro hanno le natiche, sedercisi è un piacere simile al beccare una buca con una bici senza sellino?

  • Shelidon
    Posted at 15:18h, 03 May Reply

    Ma guarda, io credo proprio di sì. O hai le misure (nonché il sesso) giuste, o quella roba mi sa di cura medievale.

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