All’asta i capelli del faraone
L’annuncio era chiaro e dettagliato: «Vendo ciuffi di capelli provenienti dalla mummia di Ramsete II», aveva scritto sul sito francese di inserzioni online vivastreet.fr un anonimo venditore, precisando – a scanso di equivoci – di poter fornire la documentazione completa che attestava l’autenticità dei preziosi reperti. «Credo di essere l’unica persona al mondo a possedere questi campioni» si vantava un po’ ingenuamente l’inserzionista, aggiungendo, quasi a giustificare le cifre richieste (dai due ai diecimila euro per ogni reperto), che «dal momento che non verranno mai più fatti prelievi sulla mummia – oramai trasferita stabilmente al Cairo – la somma richiesta è in relazione con la rarità di questi oggetti». A scoprire l’annuncio è stato l’archeologo Christian Leblanc, capo della missione francese presso gli scavi dell’antica Tebe, che rendendosi conto della gravità dell’episodio ha immediatamente avvertito l’ambasciata di Francia al Cairo. Ne è nato un caso, anzi un vero e proprio «scandale», che rischia di avere serie ripercussioni sulle relazioni diplomatiche fra Francia e Egitto. In seguito alle indagini che la polizia francese ha subito avviato in collaborazione con l’ufficio che si occupa della lotta al traffico dei beni culturali, si è infatti scoperto che il venditore – un postino cinquantenne residente in un piccolo paese nel dipartimento dell’Isère – aveva ricevuto i capelli di Ramsete (insieme ad altri materiali relativi all’imbalsamazione del faraone) dal padre, che aveva partecipato a delle operazioni di analisi della mummia effettuate a Grenoble alla fine degli anni Settanta. Arrestato – e poi rilasciato – il postino (che per qualche giorno si era probabilmente illuso di arrotondare con l’aiuto di Ramsete il suo salario), sequestrati – ovviamente – i vari reperti, piliferi e non, resta da capire come il trafugamento dei materiali sia stato possibile. E mentre Christian Leblanc afferma che comunque «è stato un singolo ricercatore, e non la Francia, ad avere tradito la parola data» e un imbarazzato portavoce del Quai d’Orsay si dice «convinto che le secolari relazioni fra Francia e Egitto in questo campo non soffriranno in seguito all’increscioso episodio», il potente capo del Consiglio delle antichità al Cairo, Zahi Hawass, ha invece ribattuto che le conseguenze potrebbero essere gravi, e che comunque si attende «scuse ufficiali». Conservata al museo del Cairo, la mummia di Ramsete II era stata mandata nel 1976 in Francia (dove era stata accolta all’aeroporto di Le Bourget a Parigi con onori regali) per essere sottoposta a una serie di analisi tese a determinare le cause di uno strano male da cui l’augusto cadavere era affetto. Nel corso della ricerca (che individuò in un raro fungo l’origine del problema) la mummia venne studiata nel suo complesso: si scoprì così che Ramsete II, che regnò dal 1290 al 1224 a.C., aveva circa ottant’anni al momento della morte, che era alto un po’ più di un metro e settanta e aveva la pelle chiara e che i suoi capelli erano rossi o tinti con l’henné. Quegli stessi capelli che più di tremila anni dopo sarebbero stati messi all’asta su Internet.

Pride Month 2025 – It’s a Wrap
We Were Always Here: on Memory, Erasure, and the Persistence of Queer History All month long, we have journeyed through scroll and scripture, painting and poetry, ruin and reliquary, gathering voices, gestures, glances that once defied the world to say: we have always loved differently.
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