21.03.2020
C’è uno specifico tipo di mal di testa. È un mal di testa che ti prende alle tempie e dietro agli occhi, ti impasta la gola e i pensieri. Oggi non riesco a lavorare, o per lo meno non a fare quello che dovrei. Mi sta salvando un lavoro meccanico. Ripetitivo. Di quelli che in […]
C’è uno specifico tipo di mal di testa. È un mal di testa che ti prende alle tempie e dietro agli occhi, ti impasta la gola e i pensieri.
Oggi non riesco a lavorare, o per lo meno non a fare quello che dovrei. Mi sta salvando un lavoro meccanico. Ripetitivo. Di quelli che in condizioni normali avrei trovato un modo per automatizzare.
C’è uno specifico tipo di mal di testa. Quel mal di testa di quando sai che dovresti piangere, ma per qualche motivo non riesci a farlo.
Ho la testa piena di ovatta. Dovrei scrivere qualcosa, so che dovrei scrivere qualcosa, ma non ho che spezzoni in testa, come brandelli di qualcosa che non vuole ricomporsi, che non vuole tornare insieme.
Era un quarto e venti, coach.
Maledizione.
Era un quarto e venti.
Per una volta non potevi concederci un punt?
Recedere un istante, per recuperare poi.
Ma no, era tutto o niente, perché il punt è da gente che non ha le tre “c” della vita.
Cervello.
Cuore.
Coglioni.
Più gli ultimi due del primo, certe volte, perché quel cervello era montato in un cranio d’ariete, duro più del muro, impossibile da smuovere. Perché il culo doveva essere basso, sì, ma la testa quella no. Mai.
E quindi non ci si poteva concedere un punt neanche questa volta, neanche in questa situazione, neanche quando è arrivato il virus.
Non si poteva.
Ed eccoci qui, quindi, come dei coglioni ma i coglioni sbagliati. I coglioni che ancora si domandano dov’è la lezione, cosa hai cercato di insegnarci quando hai deciso che ok, poteva bastare. Oppure cosa hai voluto insegnarci quando ti sei fatto questa merda di foto, anche tu come un coglione, senza pensare che prima o poi uno questa foto la ritrova. Nel momento sbagliato. E quindi, alla fine, a piangere ci riesce.
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