"All this he saw, for one moment breathless and intense, vivid on the morning sky; and still, as he looked, he lived; and still, as he lived, he wondered."

Solomon Kane, ovvero il Van Helsing dei poveri

Avete presente quella piccola delizia di citazioni, umorismo e sani cazzotti che era il Van Helsing di Stephen Sommers? No? Beh, nemmeno Michael Basset, regista semi-esordiente e scritore alle prime armi che firma questa prima (e spero unica) avventura cinematografica di Suleyman Kehani, meglio noto come Solomon Kane. Certo, trarre qualcosa di decente da un personaggio di Robert Howard – lo stesso di Conan il Barbaro, per intendersi – non è di certo semplice e molti suoi predecessori hanno fallito nel tentativo, da John Milius a Richard Fleischer. Ne risulta un film assolutamente insipido, e non è colpa di James Purefoy nei panni dell’eroe dannato, anche se si è fatto veramente di tutto per farlo assomigliare a Hugh Jackman. E non è nemmeno colpa dell’eterna bambina Rachel Hurd-Wood, anche se a lei una mezza colpa di esistere la si potrebbe anche imputare, o dell’inutilità di Max Von Sydow, né c’entrano qualcosa il guardiano di Aeon Flux, madame Maxime nei panni dell’oscuro mietitore, il collega di Wanted o il pirata dall’occhio di legno in versione “abate psicopatico con il suo personale allevamento di zombi”. Anzi, quest’ultima si può tranquillamente definire la miglior prova d’attore del film.
Di chi è colpa, quindi? Di Patrick Tatopoulos che farcisce il film di mostri pari solo ai suoi vampiri-zombi salterini di Io sono leggenda? E dire che l’uomo ha una certa esperienza: sue sono le creature dello stesso Van Helsing, di 10.000 a.C., di due Underworld, di Pitch Black e The Cronicles of Riddick, dell’ultimo Resident Evil e di Silent Hill. Ok, è anche il creatore dei draghi di Eragon, ma nessuno è perfetto. Ciò non toglie comunque che le sue creature, dagli zombi ai razziatori, con forse l’unica eccezione della strega, sono di una banalità a dir poco sconcertante. E questo fa molto, in un film che ha poco altro.
Non vorrei comunque addossare tutte le responsabilità al lato visivo: è assolutamente impressionante come, da un po’ di tempo a questa parte, sia diventato un must strutturare come un videogioco trame di film come questo, dalla quest per ritrovare la bambina al colpo di scena verso la fine in perfetto stile “io sono tuo padre”, su, su fino allo scontro con il mostro finale. Colpa della trama, quindi, se questo film è una ciofeca? No. Alla fine di tutto la responsabilità è mia: nessuno mi obbligava a vedere questa insipida schifezza.

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