Orgoglio e pregiudizio e zombie

Mentre procedevo nella lettura, non riuscivo a spiegarmi una cosa: come fosse possibile che l’ideatore di una tal geniale follia potesse anche avere una prosa così scontata, a tratti imbarazzante, decisamente ingenua e, in una parola, brutta. Santa Wikipedia mi ha fornito la risposta. Orgoglio e Pregiudizio e Zombie nasce dall’idea di un folle editore, Jason […]

Mentre procedevo nella lettura, non riuscivo a spiegarmi una cosa: come fosse possibile che l’ideatore di una tal geniale follia potesse anche avere una prosa così scontata, a tratti imbarazzante, decisamente ingenua e, in una parola, brutta. Santa Wikipedia mi ha fornito la risposta. Orgoglio e Pregiudizio e Zombie nasce dall’idea di un folle editore, Jason Rekulak della Quirk Books, che intendeva pubblicare alcune riscritture di classici della letteratura con l’introduzione di elementi centrali nella moderna cultura popolare, non ultimi pirati e ninja, zombie e mostri marini, vampiri e altre amenità. Come possa essere andata ad un siffatto autore compito di misurarsi con Jane Austin, per me rimane un mistero dei più insondabili.
Il concept, a vari livelli, potrebbe persino reggere: le sorelle Bennet sono state addestrate da loro padre ad essere tra le migliori cacciatrici di zombie della regione e, di fronte alla crescente minaccia dei morti viventi, hanno giurato alla corona di servire e proteggere, finché morte e matrimonio non le colgano. Se però Elizabeth Bennet è la più spietata ed efficiente delle guerriere, la sorella Jane ha dalla sua un’inguaribile fiducia nel prossimo, e quando il giovane Bingley si trasferisce nella villa accanto a quella dei Bennet, i due ingenuotti cadono subito preda l’uno dell’altra, così come Elizabeth viene immediatamente attratta e respinta dall’oscuro amico del padrone di casa, il famigerato assassino di zombie Fitzwilliam Darcy. E così l’esercito viene a stanziarsi nei dintorni per combattere la minaccia, e la stessa Lady Catherine è una maestra nelle arti mortali. Duelli di parole si trasformano in duelli a colpi di arti marziali, e infine l’amore trionfa com’è giusto che sia. La cosa è talmente folle che non si può non apprezzarla. Se solo le parti aggiunte (che comunque non sono nemmeno molte) fossero scritte un po’ meglio! Confidiamo in Ragione e Sentimento e Mostri marini.

11 Comments

  1. Mah. Questa tua passione per gli zombie mi perplime assai!
    Comunque non potevano affiancare alla Austen un bravo scrittore, è come quando una ragazza bruttina si porta dietro l’amica sfigata per fare colpo. Già la Austen fa cagare i polli, metterle di fianco uno bravo sarebbe infierire sul cadavere.

  2. Mettiamo le cose in chiaro: io non ho nessuna passione per gli zombi. Ritengo che siano vili creature e che sia dovere civile di ogni cittadino di adoperarsi al loro sterminio. Come tale, non posso che plaudere ai testi didattici che si pongono come obiettivo primario l’erudizione delle masse in materia.
    Che la Austen faccia "cagare", poi, è un giudizio piuttosto forte. Certo non è tra le mie autrici preferite – confesso di non aver mai terminato Orgoglio e Pregiudizio e di aver saputo come va a finire solo dall’ottimo film con Keira Knightley – ma la sua abilità nel tratteggiare "tipi", laddove non si possa parlare anche di caratterizzazione psicologica dei personaggi, è abbastanza indiscussa. E’ un po’ lo specchio di un’epoca, come cercare di capire la società veneta senza Goldoni.

  3. Dal momento che tratteggia solo tipi non puoi dire che è lo specchio di un’epoca. Se voglio lo specchio di quell’epoca mi leggo Dickens, non la Austen. I suoi romanzi sono la semplice cronaca della frustrazione di una ragazzina adolescente dell’alta borghesia. Per di più è una cronaca banale, noiosa e senza alcuno scopo, perchè non venirmi a dire che la cara Jane aveva in mente di scrivere la cronaca dei suoi tempi! Sono etichette che mettiamo noi a dei libri che non avrebbero alcuna ragione di esistere. Perchè prendi Orgoglio e Pregiudizio, che scopo ha? Nessuno, non affronta temi interessanti, non ha personaggi interessanti e non è fornisce neppure la pura evasione, perchè io non evado con 5 oche che cercano marito e si fanno seghe mentali sul quanto è orgoglioso uno e quanto stronzo l’altro. Se mi vieni a dire che è uno spaccato del tempo solo perchè quella lì ha avuto la fortuna di scrivere una scialba storia d’amore ottocentesca, allora Dio ci scampi, tra 200 anni Moccia sarà un caplavoro classico, uno spaccato degli anni 2000.
    Scusa ma ti chiamo Mr. Bingley!

  4. Beh, il problema è che hai centrato il punto: tra 200 anni Moccia *sarà* uno spaccato degli anni 2000. Ahinoi ha così tanto successo proprio perché descrive dinamiche tanto diffuse nel nostro tempo. E la cosa non è confortante.
    La Austen, però, è differente. Per come l’ho sempre vista io, prende per buone queste dinamiche ma poi ci lavora sopra, il centro dei suoi romanzi è determinato da personaggi atipici, da relazioni gestite in modo diverso: i protagonisti di Orgoglio e Pregiudizio non sono Jane e Bingley, ma Elizabeth e Darcy. Così come in Ragione e Sentimento c’è un netto sbilanciamento nei confronti di Elinor. Poi è chiaro che il tipo di romanzo non mi è congeniale e vedrei bene un’invasione di zombie a risolvere la questione. Per questo trovo che l’idea di Orgoglio e Pregiudizio e Zombie sarebbe stata veramente geniale se si fosse trasformata in una critica nei confronti di quella società. In fin dei conti Mrs Bennet e quattro delle sue figlie non sono effettivamente molto diverse dai morti viventi. Sono solo in ossessiva ricerca di marito invece che di cervelli.
    Ah, a proposito, non mi piace nemmeno Dickens. La sua autocompiaciuta e pasoliniana compassione nei confronti dei poveri mi mette quasi più nervoso degli intrighi romantici della Austen.

  5. Non piace nemmeno a me. In generale non mi piace tutta quella letteratura che si compiace di descrivere morbosamente vita mediocri che interagiscono tra loro. Se ho voglia di cronaca leggo un giornale.

    Credo che solo da noi i Promessi Sposi siano considerati un capolavoro mentre chessò, la prima cosa che mi passa per la testa, Lo strano caso del dr. Jekyll e del signor Hyde è considerato letteratura per ragazzi. O dove De Amicis è lo scrittore per l’infanzia per eccellenza mentre Salgari quasi non lo si conosce. O dove Machiavelli è ancora studiato in letteratura italiana (mistero della fede). Insomma, qui è intellettuale e degno di nota solo ciò che è estremamente noioso ed insipido, mentre il minimo accenno di divertimento ed evasione in un libro viene considerato fuffa consumistica.

    Noto che pur avendo opinioni diverse sulla Austen, non piace a nessuno dei due! Porella!

  6. «Se ho voglia di cronaca leggo un giornale» riassume anche la mia filosofia, ma temo che la cattiva fama di cui godono le letterature a noi care non sia un fenomeno solo italiano, anche se lo è in particolar modo ed esistono nazioni più felici in questo senso. Però a me il termine evasione applicato alla letteratura non realistica non è mai piaciuto: ho sempre trovato al contrario che sia un potente strumento per farci comprendere un po’ meglio la realtà in cui viviamo.

  7. Io di solito nel momento in cui leggo, cerco proprio l’evasione. Non perchè non mi piaccia la "vita normale" e sogni qualcosa "di più", ma per il semplice motivo che l’immaginazione è l’unico strumento che abbiamo per combattere l’impossibilità di poter sperimentare tutto quello che esiste e soprattutto quello che non esiste al mondo (Freud dixit). Poi, dopo il momento della lettura ed il piacere dell’evasione attraverso le parole scritte, solo allora interpreto la realtà con la lente che ci ha messo di fronte l’artista.

    Ho letto, forse nella biografia ma non ricordo, che Tolkien interrogato per l’ennesima volta sull’allegoria ha risposto (parola più parola meno): "perchè dovete sempre trovare un significato? Uno non può semplicemente raccontare una storia?" ed è verissimo, secondo me. Abbiamo questa smania di giustificare la fantasia con insegnamenti e significati reconditi, forse perchè ci vergognamo della gioia di leggere una semplicissima storia. E’ anche vero che è inevitabile, successivamente, che si dia un significato a quella storia, se quella storia ci ha in qualche modo arricchito. Ma sono fermamente convinto che uno scrittore di fantasia debba avere in mente la storia e non il significato della stessa, perchè il suo compito è quello di raccontare, che sia il lettore a tirare le somme attraverso il suo Io. Invece ora come ora i lettori, i critici e gli scrittori stessi cercano il significato che fa scalpore o quello dalla facile presa sul pubblico, con il risultato che le storie diventano tutte uguali, banali, retoriche e spesso demagogiche.
    Lo scrittore dovrebbe prima di tutto creare un Significante che evochi un Significato, mentre sempre più spesso si vedono Significati (discutibili tra l’altro) strizzati in Significanti precostruiti.

  8. Mi hai frainteso, non sto parlando di reconditi significati nascosti sotto il velo della metafora. E tuttavia storie che tu definisci di evasione non ti raccontano di uomini come te, posti in circostanze straordinarie? Le loro passioni, il loro modo di affrontare enormi sfide o piccoli drammi, non sono modi di raccontare qualcosa sul nostro mondo attraverso il potente strumento della letteratura non realistica? Prendi un Frodo che ha paura di partire, o un Gandalf che non vuole toccare l’anello per paura di fare del male nella tentazione di fare del bene. O, semplicemente, prendi l’inesauribile serbatoio di giochetti matematici e scacchistici di Alice, il terribile ritratto di quanto può essere crudele ed egoista un bambino in Peter Pan, i ragionamenti (fanta)scientifici di Asimov o quelli psicologici di Dick sul tempo e lo spazio. Non hai mai riconosciuto nulla di tuo nell’angoscia di fronte all’infinito che Lovecraft riversa nei suoi racconti? Che diamine, il suo è l’approccio alla religione che più condivido, come potrebbe essere un dio creatore di tutto questo, se non così? C’è molto più dell’orrida metafora, nella letteratura non realistica, e il Significante evoca un Significato che è fuso nella sua essenza, e non altro rispetto a sé.

  9. Sì, sì! Lo penso anche io! Quello che tentavo di aggiungere è che tutto ciò, secondo me, non dovrebbe essere ricercato dall’autore come una specie di effetto speciale, ma dovrebbe riversarsi nella storia naturalmente. La finalità prima dello scrittore dovrebbe essere raccontarla sta storia, e se la racconta bene è inevitabile che tutto ciò succeda. Se invece si mette a scrivere con in testa il mantra "devodareunsignificato, ohpersonaggiosiimentalmentepsicolabilecosìsaremosocialmenteimpegnati" la cosa non funziona. Epperò fanno tutti così adesso! Anzi, se non fanno così vengono messi nello scaffale 8-12 anni. Alice l’ho vista lì al Mondadori mediastore o come cavolo si chiama.

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