Brendon #62 – Il lato oscuro

Io proprio non capisco il punto dei tanti detrattori di questo bimestrale Bonelli. Personalmente trovo peggiori, e di molto, cose come Dylan Dog, che ormai si ripete all’infinito, Jan Dix, di cui ho già ampiamente parlato, o Julia che ormai da mesi non riesce a mettere insieme un intreccio giallistico a pagarlo in contanti. Brendon […]

Io proprio non capisco il punto dei tanti detrattori di questo bimestrale Bonelli. Personalmente trovo peggiori, e di molto, cose come Dylan Dog, che ormai si ripete all’infinito, Jan Dix, di cui ho già ampiamente parlato, o Julia che ormai da mesi non riesce a mettere insieme un intreccio giallistico a pagarlo in contanti.

Brendon #62 – Il lato oscuro
Soggetto e sceneggiatura: Claudio Chiaverotti
Disegni: Esteban Maroto
Copertina: Massimo Rotundo
«Denzel raggiunge Adelphia, la città delle scienze, in compagnia del giovane figlio Tim. Ha raccolto tutte le “regine” che poteva per portarlo sin qui e farlo operare al cuore dal professor Reynhald, luminare della medicina: se l’intervento riuscirà, il piccolo avrà salva la vita, altrimenti… Ma le mani del chirurgo hanno un prezzo che va molto al di là di quello che il padre disperato può permettersi. Saputo della forte taglia che è stata posta sulla testa dell’omicida che imperversa in città, Denzel decide di auto-accusarsi dei crimini, chiedendo a Brendon di consegnarlo alla Milizia, riscuotendo il denaro e utilizzandolo per far operare Tim. Il Cavaliere di Ventura cerca di rintracciare vero colpevole, deciso a scagionare Denzel. Ma sulla strada della verità incontra Jennifer, uno strano manichino di legno che sembra assetato di sangue!»

Non è male l’intreccio di questo numero, con il cavaliere di ventura alle prese con l’ennesima taglia e l’ennesima mescolanza di incubi e pazzia. Parte di ciò che mi piace di più di Brendon è l’ambientazione, che mescola in modo delizioso fantasy, western e steampunk (cosa che non può non solleticare il mio spirito tamarro). Chiaverotti mette insieme una bella storia a tinte gialle tra pazzi squilibrati, padri di famiglia, mariti incazzati e bambole di legno che – ci scommetto – sono sicuramente più scomode del loro corrispettivo gonfiabile. C’è persino spazio per qualche colpo di scena e un paio di cazzotti. E per una volta Brendon non si fa l’infermiera. Si può chiedere qualcosa di più da una sceneggiatura?
Quanto a Esteban Maroto… beh, è la dimostrazione che la Bonelli, non si riesce a capire come né perché, castra i suoi artisti. Certo, non so se avrei trovato appropriato vedere qualcosa del genere, ma non riesco proprio a capire come abbia fatto un illustratore che sul bianco e nero ricordo abbastanza decente a ridursi in questo modo. Peggiora la situazione, ammesso che sia possibile, la copertina di Massimo Rotundo, non so decidere se disegnata male o colorata peggio. Avrebbe fatto meglio a continuare con le fanciulle svestite.

3 Comments

  1. Anni ed anni fa conobbi Nicola Mari, che mi sembrava un talentuoso giovane: seguii le sue peripezie bonelliane e lentamente lo vidi tramutar- obtoroto collo- il suo stile in maniera imbarazzante…Amici comuni mi dissero che lo avevano “costretto”…Strani casi alla Bonelli…

  2. Sì, obtoroto non era male.

    Guardi, diletto, io sono convinta che alla Bonelli vi sia un qualche oscuro disegno superiore, uno spirito maligno che si ciba delle anime dei disegnatori e li rende tutti uguali, incatenati ai tavoli, con le orbite vuote e lo sguardo fisso.

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