Wolverine #223

…o forse dovrei dire Wisdom, dato che eviterò di commentare Origins, ormai irrecuperabile una volta di più da quando Loeb ci ha messo del suo. «I believe in everything until it’s disproved. So I believe in fairies, the myths, dragons. It all exists, even if it’s in your mind. Who’s to say that dreams and […]

…o forse dovrei dire Wisdom, dato che eviterò di commentare Origins, ormai irrecuperabile una volta di più da quando Loeb ci ha messo del suo.

«I believe in everything until it’s disproved. So I believe in fairies, the myths, dragons. It all exists, even if it’s in your mind. Who’s to say that dreams and nightmares aren’t as real as the here and now?»
John Lennon


Quando le fate uscirono allo scoperto (The Day the Faeries Came Out, da Wisdom #1 del gennaio 2007).
Paul Cornell dovrebbe leggere Kaori Yuki, perché questi due sono fatti l’uno per l’altra. Una storia così cattiva e dissacrante che avesse come protagoniste piccole graziose creature che allietano l’infanzia non la leggevo infatti dai tempi della Kaori Yuki nei suoi giorni migliori, ovvero quand’era un po’ meno ossessionata da se stessa.
Ma non divaghiamo. Questa miniserie è un’assoluta delizia di citazioni, una specie di delirio non so da dove iniziare: il buon LucaS nelle note finali ne imbrocca un bel po’ ma non ha di certo il tempo di sviscerarle tutte a dovere. Io non so se sarò in grado di trovarle tutte, ma problemi di spazio non ne ho. Da dove inizio? Da Summertime Blues, il nome dell’operazione contro le fate? O dai titoli, che sposano perfettamente la natura del protagonista e suonano come episodi di telefilm investigativi?
O forse dall’inserimento nella realtà politica inglese, con l’MI13 che, per motivi scaramantici, è l’unica sigla non utilizzata (l’MI5 e l’MI6 di cui parla il capo del Comitato Congiunto di Sicurezza sono rispettivamente il controspionaggio e l’intelligence e tutte le parti in gioco sono realmente esistenti). E la sigla con cui si identifica in originale, la Weird Happenings Organization (sempre meglio dello S.T.R.I.K.E. o anche dell’R.C.X. che sembra un sistema di riconoscimento ottico dei caratteri alla scansione), diventa bizzarramente un riferimento circolare dato che Paul Cornell è stato per anni lo sceneggiatore di Dr Who. Certo, meglio dimenticarsi che ha lavorato anche al recente orribile sceneggiato su Robin Hood… Ma sto divagando, com’era prevedibile.
Realmente esistenti sono anche i lughi degli attacchi: South Downs è un parco naturale britannico ricco di tumuli contemporanei a Stonehenge, ma anche una regione della Terra di Mezzo. Inutile dire che sono "reali" (realmente parte delle leggende britanniche) anche gran parte dei personaggi che vengono nominati: Oberon, in shakespeariano attrito con la sua Titania, Re Artù, la terra di Avalon, il crown pub, il bull & whistle, Merlino (chi è l’idiota che nella traduzione ha deciso di mantenere la y?), persino Clapham da cui Ridley arriva a piedi ha una connessione con il mondo fatato: è famosa per essere la zona di Londra in cui risiede la Rowling. Tra i personaggi, tutti sono più o meno collegati in ugual modo al mondo delle fate: Tink, la fata ribelle che guarda caso finisce a letto con Peter; uno skrull che impersona John Lennon nel suo periodo più fuori; Sid Ridley che già di suo è una citazione vivente; Maureen Raven su cui torno in seguito.
Su queste basi, già sufficientemente deliranti, Cornell tesse una maglia di citazioni e riferimenti incrociati: «se vio imbattete in re Artù non aggreditelo [e va bene…] non offendetelo [e d’accordo] e non sedetevi alla tavola rotondapericoloso]. Non mangiate niente [è pericoloso]. Non estraete spade nella roccia. Non sposate nessuno». Sono tutti topoi dei racconti di fate: il mortale che rimane intrappolato nel regno fatato per aver mangiato qualcosa o che sposa la regina delle fate. Un topos stravolto è anche l’utilizzo del pentacolo per entrare nel regno fatato («noci e cervelli di gatto sul pentacolo fra dieci secondi… nove…»), l’Irlanda con il riferimento a Riverdance, le citazioni: give peace a chance, certo, ma anche «This is a young contry», riguardo alla quale non posso che riportare ciò che dice questo signore:
«That second is a phrase of Tony Blair’s. In 1997, when New Labour assumed power after eighteen years of Conservative rule and with the Britpop movement dominating the music charts (see Phonogram for details) there started to creep into our minds the possibility that perhaps the story of Britain wasn’t over. That perhaps we weren’t just a withering ex-Empire but had somewhere new to go. Eddie Izzard was being invited to Downing Street parties. Of course, as soon as the press gave this national mood the term "Cool Brittania" then it all seemed so naff that we put it to the back of our minds. But of a second it was there. The feeling that this was a young country.
It’s a major theme of Paul Cornell’s writing that history is rubbish and that on balance we’d be better off without it. It’s most developed in Something More, a C.S. Lewis style religious SF novel in which a particular conception of Christ is the villain (giving the devoutly Christian Cornell a headache hiding it from his congregation in case they misinterpreted it – a serious matter given that he’s married to the vicar). But "This is a young country" was exactly what he wanted to hear, and he became the self-confessed "only New Labour zealot".
Here in 2007, at the f** end of the New Labour project and with Blair having taken Britain to war a record five times in six years, it’s amazing that he can still trot out the phrase for the ‘hero shot’, in which Wisdom wins the ideological battle with Faerie by asserting our nation’s future as being more important than our collective national unconcious.
I’m also hoping for the rest of this mini to present us with an arguement as to how that idealism can still be felt as powerfully now as it did ten years ago. I’m hoping for a book that examines the rest of British culture in the way that Phonogram’s examining our music. All kept nicely deep in the subtext though, of a book that’s more of a cross between Spooks, Hellblazer and Excalibur.»

Che cosa aggiungere a questa meravigliosa disamina? Ben poco. Il ragazzo, chiunque egli sia, centra il punto della storia: un divertissment ma talmente denso di riferimenti e di cultura britannica da diventare una specie di studio sull’Inghilterra, una scanzonata critica all’importanza della storia com’è nella tradizione dell’autore, un gioco pericoloso che su un Marvel Max potrebbe portarci davvero molto lontano.
Non ultimo, la storia è densa di riferimenti circolari alla continuity: incontriamo nuovamente Jack Tarr e fa la sua comparsa la versione 616 di Maureen Raven, cui accennavo, madre di quel Killraven che sulla terra 691 di Wellsiana memoria se la vedeva con i marziani, e che qui fa la sua comparsa alla fine dell’albo.
C’è di che ubriacarsi.

Il villaggio che camminava come una donna (The Village that walked like a woman, da Wisdom #2 del febbraio 2007). Metà episodio? META’ EPISODIO??

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