"All this he saw, for one moment breathless and intense, vivid on the morning sky; and still, as he looked, he lived; and still, as he lived, he wondered."

Cornelio #2 – La reliquia del vampiro

Del primo numero ho parlato qui. Salto quindi tutti i preamboli e vado dritta al sodo.

Cornelio – Delitti d’Autore #2
La reliquia del vampiro
di Lucarelli, Di Bernardo, Smocovich.
Disegni di Francesco Bonanno

Gli autori tentano il bis, dopo un primo numero decisamente scoppiettante e denso di ironia e autoironia, ben disegnato e con una trama coerente (che, di questi tempi, è molto più di quanto possano dire tanti fumetti della concorrenza). Niente da dire, ci riescono. «Quella che stiamo per raccontare è una storia di puro e semplice orrore. Un mistero, naturalmente. Un mistero misterioso. Un giallo sì, anche. Ma tremendo e spaventoso, con tanto tanto sangue e una violenza cieca che non sembra avere nulla di umano. Se questo fosse un film, sarebbe Intervista col vampiro di Neil Jordan. E se fosse un libro sarebbe Il discepolo di Elizabeth Kostova». Se qualcuno avesse avuto qualche dubbio sulla volontà o meno di continuare con l’autoironia, ci pensa l’incipit del fumetto a togliere ogni dubbio. Proseguendo con l’idea di analizzare, in ogni numero, un archetipo della narrativa del terrore, in questo secondo volume di Cornelio sono i vampiri a farla da padroni. Paura, eh?
Una storia di incubi e di plagi, di ossessioni e maniaci, di gente bizzarra (in molti sensi) e di uno scrittore che forse ha superato il suo blocco ma che non riesce in ogni caso a veder pubblicato un libro. Sarebbe divertente se questa fosse una costante della serie: vorrei vedere gli autori alle prese con un nuovo espediente ad ogni numero, magari coronato da un successo nell’ultimo perché noi siamo animi semplici e i lieti fine ci piacciono. Così come ci piacciono i fantasmi di Cornelio con la signora Fletcher, le battute e i cambi di prospettiva («Era acqua benedetta!» «Quella in cui hai bollito gli spaghetti?»), i tormentoni e le strizzate d’occhio alla realtà (la signorina Clarissa C autrice del libro "Cento colpi di spatola" che parla delle sue esperienze sessuali nel campo dell’edilizia), la volontà di spiegare ogni mistero con gli occhi della scienza ma lasciando sempre aperta ogni possibilità con un’allusione o un indizio. Anche in questo numero la struttura del mistero regge abbastanza bene, i disegni sono buoni e il ritmo narrativo si mantiene su buoni livelli. In sintesi, un altro numero promosso. Bravi.

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2 Comments
  • contenebbia
    Posted at 09:41h, 20 July Reply

    Ma davvero ti son piaciuti i disegni del primo numero? A me ricordavan certi immortali numeri dell’Edifumetto, tipo “Sukia”, “Oltretomba” o “Jacula”…

  • Shelidon
    Posted at 10:05h, 20 July Reply

    Mio sublime Conte, piaciuti è decisamente un parolone ma l’ho trovato ben disegnato, le tavole ben rifinite, le scelte di story-telling palpabili. Che è molto più di quanto si possa dire di tanti altri fumetti italiani. In più hanno un certo carattere, si discostano un poco dal micidiale e uniformante stile bonellide che ammorba il fumetto italiano. E, di nuovo, è più di quanto si possa dire di tanti disegni colleghi e concorrenti. Dirò un’eresia, ma continuo a preferire il tratto e la freschezza di un Bonanno a quel Giulio Camagni che sto vedendo proprio in questo momento su Jan Dix. Gente per scoprire il cui nome non c’è altro da fare che andare a leggere il risvolto di copertina. Ma, per rispondere alla tua domanda, meglio un Bonanno anche di Fara e Statella che disegnavano il primo numero, nel mio personalissimo gusto. Per quanto debba ammettere che lo story-telling del primo numero era leggermente superiore di questo secondo. Sempre secondo il mio personalissimo gusto, intendiamoci.

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