Julia #105

Lo so, non parlo spesso di fumetti Bonelli, nonostante io riesca regolarmente a rubarne a Lui una buona quantità ogni mese. Il problema è che il panorama editoriale è a dir poco deprimente: la quasi totalità delle testate è una celebrazione dello stereotipo (si vedano quelle western, come Magico Vento, Zagor e il più noto […]


julia 105Lo so, non parlo spesso di fumetti Bonelli, nonostante io riesca regolarmente a rubarne a Lui una buona quantità ogni mese. Il problema è che il panorama editoriale è a dir poco deprimente: la quasi totalità delle testate è una celebrazione dello stereotipo (si vedano quelle western, come Magico Vento, Zagor e il più noto Tex, che per fortuna Lui non legge) o è diventata autocelebrativo steotipo essa stessa (Martyn Mystere e Dylan Dog, che trovo quasi completamente illeggibili). A questo si aggiunga una straordinaria peculiarità dei disegni: tranne alcuni “mostri sacri”, cui è concesso disegnare diversamente, i disegni dei bonellidi sono tutti uguali. E di una bruttezza impressionante, per di più.
Comprenderete quindi che non c’è molto da stare allegri. Al complessivo disastro scampano alcune isolate testate: il poliziesco Julia, l’horror investigativo Dampyr, il fantasy investigativo Brendon. Sì, ora che ne parlo mi rendo conto che in effetti il filone investigativo è il punto forte dell’editore.
Degli altri due, parlerò in seguito magari (se riuscirò a rubarGli le nuove uscite). Per ora ho letto il nuovo Julia: tenterò di parlarne con regolarità (anche perché ho visto che qui attorno ne parla solo questo altro utente, con cui abbiamo in comune anche l’amore per i template ad altezza fissa ma che sembra essere mooooooooolto più peloso di me).
Innanzitutto, la particolarità di Julia è che la maggior parte dei personaggi sono modellati, almeno fisicamente, su noti attori americani: la protagonista, una criminologa di successo con una serie di problemi nei rapporti con l’altro sesso, è Audrey Hepburn; la sua domestica Emily, che si occupa della casa e di dispensarle severe lezioni di vita è Woophi Goldberg, ecc.
In questo numero, una coppietta clandestina muore tragicamente a seguito dell’aggressione di un uomo avvicinatosi di nascosto alla loro auto, ferma in una radura isolata. Il montaggio “alla tenente Colombo” (prima il delitto così com’è avvenuto e poi l’entrata in scena dell’investigatore, in  modo che il pubblico abbia un vantaggio sul detective e il divertimento stia nel vedere come questi arriverà alla solouzione) è un po’ vecchiotto e toglie spesso mordente a un intreccio già di per sé non entusiasmante. Nella fattispecie, sarebbe forse stato interessante titubare insieme a Julia quando uno sconosciuto le si presenta affermando di essere stato l’aggressore della prima coppietta ma di non aver commesso il secondo omicidio, sempre ai danni di una coppietta. E magari sarebbe stato interessante non perdersi negli intrallazzi familiari e sentimentali della criminologa, riservando un po’ meno spazio alla sorella o alle sue peripezie con l’ispettore Webb. In conclusione, l’intreccio rimane abbastanza arido e senza suspance.

Nota in chiusura: ho scoperto che da Linux non si riesce a lasciare commenti su splinder (incompatibilità di browser? blocco inopinato dei pop-up? chi può dirlo…) quindi non vi posso rispondere. Vi leggo, comunque. Rimedierò quanto prima…

16 Comments

  1. Oh, finalmente in possesso di un sistema operativo che i programmatori di splinder non boicottano posso rispondere ai commenti…

    Eh già, Njord, e io che scrivo a fare? La prossima volta metto solo le figure! :-p

    Heraclitus, a me Dylan Dog non entusiasma affatto… dai un’occhiata a Dampyr e Brendon, se ti capita. In ogni caso, come dicevo, mi sembra che il panorama Bonelli sia abbastanza deprimente…

  2. mi associo.

    non è possibile riproporre lo stesso modello (sia esso western o spy) in tutte le testate…

    Dylan dog poi quando finirà di prendere selvaggiamente dal cinema popolare?

  3. Anch’io inizialmente ho avuto la stessa difficoltà e ritorno, fumo: dopo aver letto fumetti “occidentali”, i manga ti sembrano tutti grigi e interminabili. Tornando ai marvel dai manga, invece, quelli ti sembrano superficiali e sbrigativi. Il fumetto bonelli è una via di mezzo, però: si avvicina al manga sia graficamente (il bianco e nero sembra una sciocchezza ma per gli occhi vuol dire molto) che come struttura (albi più corposi, magari autoconclusivi). E’ una questione di abitudine: spesso vale la pena superare il blocco iniziale per leggere un po’ di tutto.

    Damiani, quoto in toto e rincaro: alla bonelli non sembrano in grado di svincolarsi dal cinema in nessuna testata. Demian ricalca gli stereotipi del telefilm d’azione ambientato nei bassifondi francesi di Marsiglia e dintorni, Julia (con tutti i suoi pregi) è un omaggio smaccato ai telefilm investigativi con molta indagine e riflessione e poca azione, Dampyr (forse la migliore testata al momento) alle volte sembra Buffy, i fumetti western sono obsoleti e illeggibili, e sia Martyn Mystere che Dylan Dog hanno veramente stancato.

  4. Leggo “Tex” da quando avevo 8 anni e continuerò a leggerlo finché potrò. L’anno scorso ho acquistato il numero 1, “La mano rossa”, dal mercatino (da un fornitore, un tipo espertissimo di fumetti), per la modica cifra di 10 euro – lo trovi anche su Internet, ma non a 10 euro – e ho anche avuto una striscia, sempre di “Tex”. Poi ho visto anche il numero 1 di “Dylan Dog”, “L’alba dei morti viventi”, ORIGINALE. La mia collezione di “Tex” fa impressione: in camera mia ho due mensole piene di “Tex”, vecchi (che devo ancora leggere) e nuovi (che ho già letto), più i Tex giganti, gli almanacchi del West e i Maxi Tex; nello stanzino ci sono altre tre mensole tutte piene di Tex che ho letto in passato, quand’ero bambino. L’altro giorno ho preso il numero di questo mese e mi ha dato fastidio l’aumento del prezzo a 2,70 euro. Prima o poi Bonelli mi perderà se continuerà di questo passo, ma deve dire grazie che sono troppo legato a Tex e che non lo abbandonerò. Non possono aumentare il prezzo quando l’albo contiene sempre le solite 114 pagine. Perché aumentare? La verità è che la Bonelli Editore è in crisi di vendite, altrimenti non avrebbe motivo di aumentare il prezzo di copertina. Penso solo che l’euro è stato un danno perché fino a qualche anno fa un Tex costava 2300 lire o anche di meno, e ora costa 2,70 euro, cioè più del doppio – e l’albetto è uguale! E’ assurdo e vergognoso!

    Ma Tex rimane, per me, un mito, un grande amico e un grandissimo eroe. Dylan Dog l’ho letto qualche volta ma Tex è il numero uno e non lo tradirò. Gli altri fumetti Bonelli non li ho mai acquistati per il prezzo proibitivo (acquisto solo le puntate nuove di Tex, arrivate al numero 560. Ho più di 100 numeri consecutivi – dal 441 fino al 560 – e ho anche i primi numeri, dall1 al 10, ORIGINALI, non ristampe). Se ti va di parlare di Tex, hai trovato un esperto vero. Ciao da Palestrione, poeta del Neodecadentismo.

  5. Caro poeta, grazie della visita e del lungo commento. L’elemento affettivo nell’acquisto costante di un fumetto è qualcosa che, credimi, posso capire molto bene!

    Riguardo a Tex nello specifico, mi piacerebbe molto parlarne. In particolare mi piacerebbe sentire da te, un lettore affezionato che mi sembra molto acuto, in che cosa risiedono i suoi intramontabili punti di forza. Io devo confessare di averlo letto poco ma, al pari di personaggi americani come Capitan America, mi sembra un fumetti legato ad un genere e basato su cliché creativamente parlando un po’ superati. Mi piacerebbe sentire la tua campana.

    Sulla crisi economica della Bonelli, penso non ci siano misteri: non sarà però dovuta ad una crisi creativa e all’incapacità di agganciare nuovi lettori?

    a te la palla

  6. Ahi, Shel, cosa mi tocca leggere.

    Di quello che hai scritto stavolta, peraltro con fare un po’ tanto tranchant, condivido ben poco.

    Alcune cose che non condivido:

    1) MV.

    Passi Tex e Zagor, che hanno la loro età, ma in Magico Vento, per esempio, fatico un pochino a trovare quello che tu hai definito “celebrazione dello stereotipo”. A meno che il fatto stesso di fare un fumetto western non significhi stereotipo, nel qual caso direi che la tua analisi è quantomeno superficiale (anche perchè MV è più che altro un horror-western, genere di cui non mi sovvengono troppi epigoni). Nel genere, non lo trovo per niente banale, e -cosa da non disprezzare- provvisto di una continuity eccellente.

    2) Julia.

    E’ vero che pare sceneggiato sui tempi di un telefilm poliziesco. Però, non volendoci fermare all’impalcatura, in Julia c’è ben altro. Una profondità nei personaggi che difficilmente vedi altrove, una capacità di parlare di tutto quello che fa parte della vita senza affidarsi a facili schemi o slogan. Poi, mi dirai, in un fumetto non tutti cercano questo. Beh, neppure io, ma quando lo trovo ne sono felice.

    Detto questo, effettivamente l’ultimo numero non era quanto di meglio.

    3) Brendon.

    Non che voglia denigrare il prodotto, ma per originalità delle idee e delle storie, caratterizzazione dei personaggi, intreccio della trama, non mi sembra che brilli fra le serie di casa Bonelli. Sicuramente più stereotipato di MV e di Julia.

    4) Attori (ma peccato veniale)

    La particolarità, se ci fai caso, non è di Julia.

    Pedditte, DD è Rupert Everett, Groucho è Groucho Marx, MV è Daniel Day Lewis, Ken Parker è Robert Redford, Dampyr è Ralph Fiennes e Tesla è Annie Lennox. Forse in Julia queste similitudini sono più frequenti, ma sicuramente si trova in buona compagnia.

    5) Gea.

    Ma come, mi salvi Brendon e di Gea neppure parli?

    Dunque: considerati rimandata a settembre.

    =P

    Come compito per le vacanze ti assegno la lettura di 20 numeri di Julia, e 20 di MV (possibilmente consecutivi).

    Gea ovviamente la devi leggere in toto, se già non l’hai fatto.

  7. Mario… ma va’ a cagare! :-p

    Condividerai anche ben poco di quanto ho scritto, ma oltre a questo direi che non hai letto molto! Cosa mi tocca vedere…

    1) MV

    Indipendentemente dal fatto che sì, già il solo genere è capace di mettere una zeppa notevole a qualunque creazione, sono ben lungi dal definire Magico Vento un prodotto originale. Anzitutto sin dall’inizio (chiedo scusa per il bisticcio), è stato concepito come un mix di Tex che perdeva colpi e Dylan Dog (non per niente il suo ideatore – quel tizio di Gordon Link di cui mi sfugge il nome – veniva proprio da quella testata). Ne viene fuori un western non con convenzionale, d’accordo, ma sicuramente non un nuovo genere: Ambrose Bierce faceva qualcosa di simile al western-horror un bel po’ di tempo prima di Magico Vento e basta spulciare nel cinema western per trovare palate di horror (senza bisogno di arrivare a roba tipo Billy the Kid vs. Dracula o Jesse James Meets Frankenstein’s Daughter, ovvio). Anche il fumetto non gli è estraneo: credo che il primo fumetto di questo genere sia stato il marvel Kid Colt, ma non ci giuro.

    Non sono così cattiva da rimandarti a settembre, ma sono così buona da consigliarti di leggere tutto Ambrose Bierce, di cui sono appena usciti per Fanucci i racconti dell’orrore e i racconti di guerra (si attende il terzo volume con i racconti fantastici).

    2) ehi, ho detto che Julia mi piace! I personaggi sono sfaccettati in modo notevole e la sua psicologia è ben architettata anche se, a voler trovare un difetto, l’utilizzo della narrazione in prima persona facilita molto la sua caratterizzazione andando a volte a discapito del ritmo o trovandosi ad indugiare eccessivamente su alcuni aspetti della sua psiche, soprattutto sulla questione dei figli. Altro difetto è un utilizzo di una psicanalisi decisamente troppo “da manuale” (vedi il sogno con il padre di qualche numero fa). Ah, non posso leggere altri 20 numeri di Julia, a meno di aspettare che li stampino…

    3) Su Brendon mi pare manchi a te qualche lettura: non è un prodotto eccelso, ma l’intreccio investigativo spesso regge piuttosto bene ed è interessante lo schema della ricerca di una spiegazione razionale ai misteri rispettando le regole interne di quel mondo (giungendo così spesso a spiegazioni razionali che nel mondo primario non lo sarebbero affatto). Che l’ambientazione e l’idea di fondo non sia particolarmente originale siamo d’accordo: il medioevo post-nucleare è un’idea vecchia.

    4) non li ho citati tutti, in Julia, altrimenti non mi salvavo più. Valevano l’ecc. Però laddove nelle altre testate le “comparse” possono essere considerate degli scherzi, dei camei, in Julia è come se avessero fatto un vero e proprio casting, forse perché lo schema stesso del fumetto è molto legato al cinema e alla televisione.

    5) Gea… questione annosa. Ho un’idiosincrasia congenita per Enoch. Non lo sopporto, da che mi sono imbattuta nel superficiale, immaturo, capriccioso, risibile Sprayliz e nel suo altrettanto pretenzioso e insopportabile blog. Sui disegni, niente da dire, ma i concept lasciano parecchio a desiderare e poche cose mi stanno più sulle scatole dei sopravvalutati…

    salumi

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