Retrospettiva Ingres al Louvre

Grande invidia per chi potrà andarla a vedere…(dal Corriere della Sera di ieri) Louvre, un tocco d’Ingres – IVO BONACCORSI PARIGI – Alla grande retrospettiva di Ingres apertasi nelle settimane scorse al Musée Louvre si produce un bizzarro fenomeno e proprio nell.epoca delle mostre blockbusters e delle mega affluenze: la dissoluzione immediata delle teorie nebulose […]

J.D. Ingres, La schiava turca

Grande invidia per chi potrà andarla a vedere…
(dal Corriere della Sera di ieri)

Louvre, un tocco d’Ingres – IVO BONACCORSI
PARIGI – Alla grande retrospettiva di Ingres apertasi nelle settimane scorse al Musée Louvre si produce un bizzarro fenomeno e proprio nell.epoca delle mostre blockbusters e delle mega affluenze: la dissoluzione immediata delle teorie nebulose dei cronisti snob contemporanei che trovano la mostra nulla dal punto di vista specialistico ma che si dissolvono negli oooh! del pubblico. La riprova della nullità delle criticismo dandy che calcato sul salone ottocentesco si è incrostato, come topic critico nella prosa artistico-televisiva contemporanea assolutamente poco tecnica e orfana del giudizio dell.accademico di cui Ingres è l.incarnazione più spettacolare ed embedded. Aspetti di scolastiche conoscenze si stemperano in giudizi sul fare e sull.ornato, pratica desueta ma figura certa della leggera inversione della freccia del tempo, morte della sociologia dell.arte e supremazia assoluta degli apparati produttivi dell.immagine, cominciati con la pittura ideologica di David e terminati forse nelle pornografie lisergico politiche di un Bellmeer e delle sue bambole surrealiste ma che hanno come punto d.equilibrio il Violon d.Ingres specializzazione ingresque del semidada a prova che il baffo alla Gioconda non convince il mercato ed è forse roba da comunisti, poiché non hanno mai imparato a far altro che realismo socialista: da David a ai nouveaux realistes. Un acquerello della Sistina con trono del papa vuoto, forse la miglior opera romana, intimista e centrale per comprendere che anche nell.estetica d.interni e nel genere Troubador in piccolo formato ad Ingres non interessa la storia e la narrative-art ma l.immagine inossidabile. Come è attualissimo, un artista di cui Picasso copiò praticamente tutto pur lasciandosi sfuggire un malinconico: bisognerebbe… essere Ingres. Lezione appresa dal postmoderno dalla leziosa commodity-art di Koons o dal denaro che dipinge da Andy Warhol a Larry Pitmann. Esaustivo campionario di mostra che fa felici tutti perchè è superficie e questo basta come la migliore pop.art che ne è la riprova. Ma Ingres che convinse tardi i suoi contemporanei, lui sì concettuale per
comprendere il fatto che Raffaello e le fornarine non erano abbastanza e copiava nei colori sbagliati Tiziano e relativa Venere d.Urbino non più come quadro di genere ma quadro ready made che è il miglior controcampo dell.Olimpia Manet. Ritrattista senza pari, inventore del ritratto politico contemporaneo, purtroppo letto allora come meno specialista del maestro, che copia ed utilizza cesari ed ermellini, che Ingres riserva alle mademoiselles dalle pose eclettiche con sguardi vuoti. La storia dell.immagine che funziona… lo premia, oltre il Louvre e i misfatti dell.odierno patinato. A discapito delle presenze fotografiche e documentaristiche di Delacroix, la sola vera indicazione di strategia della perfezione, tutto accurato come il grande lifting con cui si ritoccano oggi i politici che devono vincere. Ingres, che è artista sintetico, si annoia davvero nei ritratti high-society, ma ne esce sublime, come la noia stessa pagata milioni con manine manieriste ritorte e sguardi sbiechi. Le posture, i piedini, il lancio delle anche delle modelle qualche decennio fa dalle campagne pubblicitarie a una sua tela dipinta hanno solo meno stoffa attorno. Trionfo dello styling più che dello stile: dal vaso attico ai tessuti che intrigano ancora la borghesia/aristo-chirachiana, oggi piuttosto alle prese con l.angolo destro della Libertà che guida il popolo del nemico Delacroix in versione Cpe o banlieu…come desiderano un tocco ingresiano. Ecco allora le donne di Ingres sono e sarebbero come Ségolène Royale su Vogue America ed è per questo che lo scarto preferenziale di chi sa trattare l.immagine si fida solo della logica del marketing (l.essere apparentemente senz.anima e freddo, cercare l.erotismo della seduzione politica dell.immagine proprio come le creme di bellezza). Il vero problema è che Ingres funziona da macchina celibe (riguardarsi le accademie pornografiche di Picabia a riprova!) e il suo orientalismo clinico calcato sulla chirurgia plastica delle schiene e sulla guerra chirurgica all.errore, pittore perfetto di sante pastorelle mai proletarie e regine in fuga come la Murat con splendido Vesuvio in eruzione in back ground, nemmeno Warhol ha saputo fare di meglio nei suoi ritratti people. Ingres è qui con prestiti eccezionali da musei di tutto il mondo (stupendi e poco visti ritratti da Met et Frick collection)nella possibilità di essere visto in una versione finalmente liberata da diatribe antiche (semmai ce ne fosse stato il bisogno). Puro ed edipico come il suo giovane uomo che interroga la sfinge, con vanitas e inferno nell.angolo sinistro perché chi si fida dell.iconico, sa come e dove relegare nella superficie la temperatura eroico/erotica dell. immagine. Oppure trasformare in una fuga prospettica ingombra di corpulente odalische la sua fuga in avanti, quella del più bunueliano dei moderni, Angeliche o Catherine Deneuve poco importa…il fascino discreto della pittura borghese ma solo per 450 persone alla volta, con belle file d.attesa e prenotazioni fino a maggio.

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