"All this he saw, for one moment breathless and intense, vivid on the morning sky; and still, as he looked, he lived; and still, as he lived, he wondered."

Dylan Dog Colour Fest #8 – Historieta

Come dicevo tempo fa, non sono una grande fan di Dylan Dog per tutta una serie di motivi, eppure questo speciale a colori non mi è dispiaciuto. E no, non è (solo) per le belle figure tutte colorate corredate da pupazzi che fanno ridere tanto. E nemmeno per la serie di citazioni e riferimenti con le quali ultimamente gli autori Bonelli rischiano di esagerare (vedi l’ultimo speciale Martin Mystere – Anni 30, di cui parlerò più tardi, se ne troverò la forza). Se poi ci si aggiunge che normalmente non amo lo stile spigoloso e caricato dei disegnatori sudamericani, siamo ai margini del miracolo.
Cosa comprende questo volumozzo speciale e qual è il tema comune? Presentato l’11 aprile scorso a Milano, comprende quattro storie, firmate da autori italiani e quasi interamente disegnate da fumettisti sudamericani come dicevo, e corredate da una copertina dell’argentino Carlos Gómez, già disegnatore di Dago:

La prima storia, è una storia che avrebbe anche del potenziale, ma che purtroppo va subito in vacca. L’idea della nevicata assassina, mutuata dall’Eternauta, capolavoro argentino scritto da Héctor Oersterheld e disegnato da Francisco Solano López, e sicuramente è buona l’idea di esordire con questo omaggio in un volume che vorrebbe essere dedicato al fumetto sudamericano (l’idea era stata annunciata ormai parecchio tempo fa). Anche nel fumetto del 1957, che nelle atmosfere e nei temi è spesso stato definito profetico di quanto sarebbe accaduto in Argentina non molto tempo dopo, la neve che uccide è un’arma aliena. Tuttavia, mi pare di ricordare che le relazioni tra i personaggi, le umane reazioni di stupore e sconcerto di fronte al fenomeno, fossero gestite leggermente meglio, e non ci vuole molto consderato che in questo fumetto il baldo giovine pritagonista ha le visioni e convince la donzella di turno a seguirlo con farneticazioni che metterebbero in fuga anche la più accanita amante del brivido.
Va un po’ meglio con la seconda storia, in cui l’investigatore si trova ingaggiato da una vedova nella cui dimora si sono materializzati gli spettri dei precedenti mariti, tutti scomparsi per cause naturali in circostanze chiaramente misteriose, lasciandola una ricca ereditiera. La trama è ben tessuta e il colpo di scena ben misurato, anche se purtroppo la trasformazione della leggiadra vedova in leggiadra vedova con la pistola è resa con una delicatezza e una raffinata cesellatura psicologica recentemente vista solo in World War Hulk. Anche Un patto diabolico si basa su un soggetto con del potenziale, questa volta coadiuvato da dei buoni dialoghi e un buon intreccio. Certo, teologicamente non sta in piedi, ma non vogliamo essere pignoli. Infine, l’ultimo racconto parte zoppo con un soggetto non dei migliori, passa attraverso scene che sfondano la barriera dell’omaggio rotolando nel territorio del “oh no, non di nuovo”, ma verso la fine si risolleva grazie ad una sceneggiatura a dir poco d’eccezione. Peccato che la spiegazione razionale dietro alle misteriose apparizioni della casa stregata sia tutto tranne che razionale, e laddove dovrebbe lasciare soddisfatti fa rimanere abbastanza perplessi, specie se si fa il mio mestiere. Perché se davvero fosse possibile costruire una casa come quella, avrei finito di lavorare.
Nel complesso comunque un volume godibile e un’operazione editoriale di buon livello.

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