Debole speranza

Un articolo che mi era sfuggito, dal Manifesto del 21, riguardo alla diatriba vergognosa con il Getty Museum. Chissà che per una volta il nostro Paese sia in grado di mostrare gli attributi agli Stati Uniti. Francesco siamo tutti con te (beh, oddio…). il Getty Museum Rutelli al Getty Museum: «Vogliamo tutto» –Arianna Di Genova […]

Un articolo che mi era sfuggito, dal Manifesto del 21, riguardo alla diatriba vergognosa con il Getty Museum. Chissà che per una volta il nostro Paese sia in grado di mostrare gli attributi agli Stati Uniti. Francesco siamo tutti con te (beh, oddio…).

il Getty Museum

Rutelli al Getty Museum: «Vogliamo tutto» Arianna Di Genova
L’Italia dichiara guerra a Malibu. E lo fa incurante delle prossime vacanze natalizie e prima del pacchetto di scioperi della stampa, affinché tutti sappiano e l’opinione pubblica, nazionale e internazionale, possa giudicare i fatti con alcuni dati alla mano. Il ministro per i beni culturali, Francesco Rutelli, ha convocato una conferenza al Museo nazionale romano (Palazzo Massimo) per ribadire che lo stato italiano non si accontenterà dei ventisei reperti che il Getty museum ha accettato di restituire e che l’accordo futuro, se mai ci sarà, dovrà prevedere il rientro dei quarantasei beni richiesti (erano cinquantadue ma per sei c’è stata una rinuncia). Quarantasei imballaggi e spedizioni, altrimenti non ci sono margini per trattative di altro tipo: qualsiasi negoziazione dovrà ripartire da qui. Se l’istituzione californiana ha accolto il principio che le opere archeologiche trafugate sono un possesso illecito, allora deve procedere in linea con quei presupposti e non tergiversare più. Il teatrino è finito. «Se il Getty ha dichiarato di voler chiudere quel capitolo della sua storia, non comprendiamo perché non restituisce tutto il patrimonio trafugato. Benvenute le ventisei opere annunciate ma perché ci si ostina a negare il resto?», rilancia Rutelli. E per avallare, anche di fronte alla stampa straniera, una posizione che potrebbe sembrare come un braccio di ferro, sventola un dossier – a titolo esemplificativo – che racconta le vicende di undici dei pezzi «negati». Sfilano così sotto gli occhi alcuni gioielli del Getty che non hanno goduto fino a oggi della dovuta attenzione mediatica, «oscurati» dalla fama di due star come la Venere Morgantina e l’Atleta vittorioso in bronzo. Eppure i reperti mostrati hanno un appeal non indifferente. Fra gli altri figurano la bellissima statua di Tyche in marmo, l’affresco pompeiano strappato malamente da una domus a Boscoreale, una testa maschile romana, alcuni vasi attici a figure nere e rosse, un kantharos e frammenti bronzei (tra cui bardature per cavalli, elmi, candelabri). Condividono tutti la stessa sorte: sono stati posti sotto sequestro dalla magistratura nel corso dei numerosi processi, ancora aperti, che coinvolge trafficanti di opere esportate illecitamente e collezionisti sedicenti. Una foto tratta dalla catalogazione del Getty viene situata accanto alla polaroid dei carabinieri. E l’immagine segnaletica fa un grande effetto, soprattutto perché in alcuni casi, come nel «lotto» del sequestro Becchina (l’unico non riferito a un personaggio come Giacomo Medici, già condannato in primo grado) compare anche un listino prezzi a uso e consumo del museo di Malibu. Difficile pensare quindi che i dirigenti non sapessero di trovarsi di fronte a opere clamorosamente rubate, come hanno sostenuto in diverse sedi. Dal 1973 al 1990 gran parte del patrimonio archeologico dell’istituzione museale è arrivato proprio così oltreoceano, tramite un mix micidiale di prestanomi, commercianti senza scrupoli, collezionisti in malafede (Fleischman) e piste mafiose. L’anfora attica a figure rosse attribuita al pittore Euthymides, pagata quattromila dollari nel 1984, presentava addirittura un foro che è tipico del segno lasciato dallo «spillone», strumento utilizzato dai tombaroli negli scavi clandestini. «Qui non si parla di opere rubate in età napoleonica, bottini di guerra o accordi fatti da regimi e amministrazioni varie ma di qualcosa avvenuto negli anni Ottanta e Novanta. La magistratura farà autonomamente il suo corso ma noi dobbiamo procedere per la nostra via» insiste il ministro. «Non possiamo accettare nessun accordo se non c’è una restituzione completa. Lettere, comunicati, informative da parte del direttore Michael Brand sono tutte in contraddizione con il principio portante. Non esistono mezzi termini: il Getty vuole restituire le opere trafugate? Sì o no sono le sole risposte possibili». L’Italia chiude il dialogo a distanza, giudicandolo inconcludente. Le strade che da ora si potranno intraprendere sono sostanzialmente due: la prima è quella della rottura di ogni trattativa e lascerebbe il campo alla magistratura e alla confisca; l’altra, più amichevole, prenderebbe a modello ciò che è avvenuto con il Fine Arts di Boston che ha rimandato al mittente tredici reperti contestati e in cambio ha avuto in prestito una copia romana di statua greca per i prossimi quattro anni. E per quanto riguarda l’atleta attribuito a Lisippo? Il ministero per i beni culturali, vicino a una soluzione per quanto concerne Afrodite (nel 2007 dovrebbe tornare a casa), richiederà ufficialmente e ad alta voce anche il rientro di quella pregiata scultura, divenuta il simbolo di un conflitto irrisolto e di una questione morale. Forte di un parere dell’Avvocatura di stato, quattro fitte pagine, dove in sintesi si afferma che, secondo le indagini svolte dai carabinieri, la statua sarebbe sbarcata in territorio italiano (venne rinvenuta nelle acque di Fano), avrebbe eluso i controlli doganali e preso il volo illegalmente non permettendo allo stato di porre vincoli ed esercitare il diritto di prelazione. Sul tavolo del governo resta inoltre un inquietante e nutrito dossier che solleva dubbi su ben duecentocinquanta opere di provenienza quantomeno «nebulosa», esposte nei bei percorsi tematici allestiti dal museo californiano. L’ultimatum è scattato. La parola ora passa all’America e il 2007 è la dead-line.

2 Comments

  1. Ciao, Shelidon…

    ti ho vista passare sul mio profilo, mi sono incuriosito… ho dato solo un’occhiata, il tempo è quello che è…

    Mi ha colpito la tua epigrafe, sarà che sono un incallito fan di Guccini, ma mi ha colpito… e io l’ultimo verso non l’avrei censurato, parolaccia o no…

    Poi ho sbirciato il tuo primo post… ti ho sentita parlare di “arte, fantasy, fantascienza” (su architettura e deliri personali non mi pronuncio)…

    Mi hai interessato… passa a trovarmi quando vuoi, tuo

    Cosimo Piovasco di Rondò

  2. Bentrovato Cosimo, passa pure quando vuoi. A me aveva incuriosito il tuo avatar: ripasserò senz’altro.

    PS: l’epigrafe non è “censurata” (che vuoi che sia un «e a culo tutto il resto?»): i puntini di sospensione sono solo una strizzata d’occhio a chi sa e capisce che cosa segue. *__^

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