Arrietty (e quel mondo segreto sotto il pavimento che… boh)

Un film per molti versi incompiuto, quasi superficiale, questo Arrietty dello studio Ghibli con la blanda (e probabilmente distratta) supervisione di Hayao Miyazaki, qui “solo” sceneggiatore e produttore esecutivo. La regia è affidata all’esordiente Hiromasa Yonebayashi, che fa un lavoro decoroso, e materiale ds cui trarre un ottimo risultato ce n’era in abbondanza. Tanto per […]

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Un film per molti versi incompiuto, quasi superficiale, questo Arrietty dello studio Ghibli con la blanda (e probabilmente distratta) supervisione di Hayao Miyazaki, qui “solo” sceneggiatore e produttore esecutivo. La regia è affidata all’esordiente Hiromasa Yonebayashi, che fa un lavoro decoroso, e materiale ds cui trarre un ottimo risultato ce n’era in abbondanza. Tanto per cominciare, Arrietty è tratto da un romanzo europeo, un romanzo inglese di Mary Norton, la stessa autrice del romanzo da cui la Disney aveva tratto uno dei suoi più bei film di tutti i tempi: Pomi d’ottone e manici di scopa (il romanzo, anzi, i romanzi, erano Il magico pomo d’ottone, ovvero come diventare una strega in dieci facili lezioni e il suo seguito Falò e manici di scopa, scritti entrambi durante la guerra e che dall’Inghilterra della Seconda Guerra Mondiale traggono a piene mani). Perché mai questo sarebbe un punto a favore dell’anime? Beh, personalmente trovo che Miyazaki abbia dato il meglio di sé quando si è misurato con opere europee, come Il castello errante di Howl (dal romanzo omonimo dell’altrettanto britannica Diana Wynne Jones), rispetto a lungometraggi come il seppur pregevolissimo La città incantata (dal romanzo Il meraviglioso paese oltre la nebbia di Kashiwaba Sachiko) o il francamente ingenuo Principessa Mononoke. E, in particolare, questa serie dei “prendimprestito” sembra avere tutti gli elementi che vanno a genio a Miyazaki: una casa di campagna, un bambino malato, un giardino misterioso, immensamente debitori a Frances H. Burnett (e se non avete letto il libro, o quantomeno visto il film con Maggie Smith, cospargetevi il capo di cenere e rimediate immediatamente). Un misterioso piccolo popolo che vive nell’ombra e vive “prendendo in prestito” piccole cose la cui assenza non sarà notata dagli umani (spilli, fazzoletti di carta, graffette).
Cosa è andato storto quindi in questo film?
Difficile dirlo. Forse, strano a dirsi, proprio l’adattamento del soggetto. L’anime decide di concentrarsi su un arco narrativo che funge da preambolo ai romanzi, ovvero sulla prima avventura di Arrietty e il suo incontro con il primo umano, che costringe lei e la sua famiglia a cambiare casa la prima volta. Se nei romanzi quindi l’allontanamento da casa è l’inizio, l’anime decide invece di farne la propria conclusione, confezionando quello che dalle mie parti si classifica come un bel signor finale di merda: dove porta la relazione costruita passo passo con il ragazzo malato (ma malato talmente malato che nel libro originale ha le febbri reumatiche prese in India ma qui è cardiopatico e non ti spieghi come faccia a non rimanerci secco al primo tentativo di arrampicarsi fuori dalla finestra al secondo piano)? A cosa frutta il sogno del nonno di dare una nuova casa agli gnomi (costruendo una casa di bambola con cui infinocchia tutti, gnomi compresi, se non fosse che le bambole sono alte due metri)? E perché la vecchia governante non viene giustamente internata o condotta dietro una siepe dai prodi derattizzatori lasciando che (fuori scena, per favore) la natura compia il suo corso? Insomma, dov’è il mio lieto fine? Non c’è. Ma non c’è nemmeno un finale poco lieto: Arrietty se ne va, a bordo di una teiera, insieme ai genitori inutili ed allo spettro di un matrimonio forzato con il rude gnomo delle foreste (al solo scopo di perpetrare una razza ormai condannata dalla propria incapacità ad adattarsi ai cambiamenti del mondo). L’intera costruzione della trama rimane appesa, senza un compimento, come intrappolata, e si rimane attoniti a fissare i titoli di coda come a domandarsi “ok, e adesso?”
E adesso niente.
Confidiamo in Laputa, che non ho ancora visto e che dal mese prossimo sarà distribuito nei cinema ìtaliani con il titolo Il castello nel cielo.

7 Comments

  1. Laputa l’ho visto qualche giorno fa ed è veramente molto bello. Del regista giapponese io vedo solo i film che ha diretto lui perché sono i migliori, gli altri quando è solo sceneggiatori non reggono. Poi di Arrietty ho preferito il film tv della BBC con Christopher Eccleston :)

  2. Non l’ho visto, come non ho visto il film di Peter Hewitt. Però voglio leggere qualcosa dei libri: i due pomi d’ottone erano deliziosi almeno quanto il film con Angela Lansbury.

  3. Consigliatissimi, ma in inglese. La traduzione italiana tende ad esagerare, vedi “borrowers” tradotto con “rubacchiotti”, rendendo un libro per bambini e ragazzi (e bambinoni) semplicemente un libro per bimbi poco intelligenti. Chissà poi come mai.

  4. I too loved my re-read of The Borrowers. Is a wonderful story. The movie eorsivn wasn’t too bad either. i am going to try and re-read some of the others in this series during this year

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