Un lavoro sporco

«Charlie Asher è contento, felice, appagato. Una bella moglie in attesa di un figlio. Un negozio di roba usata. Amici con i quali scambiare le solite quattro chiacchiere. Un’esistenza tranquilla. Quando l’adorata Rachel perde la vita dando alla luce la dolce Sophie, la situazione prende decisamente una brutta, bruttissima piega. Charlie, distrutto, inizia a vedere […]

«Charlie Asher è contento, felice, appagato. Una bella moglie in attesa di un figlio. Un negozio di roba usata. Amici con i quali scambiare le solite quattro chiacchiere. Un’esistenza tranquilla. Quando l’adorata Rachel perde la vita dando alla luce la dolce Sophie, la situazione prende decisamente una brutta, bruttissima piega. Charlie, distrutto, inizia a vedere persone e oggetti che non dovrebbero esserci. Che non dovrebbero esistere. Un uomo altissimo color verde menta che appare e scompare a proprio piacimento. Enormi volumi usciti dal nulla che luccicano e si aprono su pagine dense di segreti sull’aldilà. Messaggi misteriosi conditi da teschi e ossa. Corvi spettrali che svolazzano in ogni dove. Conoscenti, amici o perfetti sconosciuti che cominciano a morire. I casi sono due: o Charlie sta impazzendo o qualcosa, qualcuno, l’ha scelto per una missione neppure troppo piacevole. Qualcuna, più precisamente, con tanto di falce e nero sudario vuole essere sostituita o aiutata. Ehi, è Un lavoro sporco, ma bisogna pur farlo…»

Geniale, brillante, a tratti esilarante. Tre uomini in barca incontra American Gods, Stephen King dà libero sfogo alla propria vena più paracula, il miglior umorismo macabro incontra una prosa pseudo-scientifica, a tratti addirittura etologica, per un romanzo che è una frase memorabile dietro l’altra, un insieme ben costruito di deliranti epicità e commoventi sciocchezze.
Originale, spumeggiante, ben costruito, l’intreccio prende le mosse da una serie di suggestioni mutuate dalla religione orientale e dalle mitologie nordiche e sviluppa esso stesso una mitologia autonoma, un sistema di figure e regole degne del miglior Gaiman… anche se, in questo caso, gli aiutanti della morte sono venditori di merce usata rigorosamente appartenenti alla categoria del maschio beta, i cani infernali scorrazzano per il salotto mangiando bagnoschiuma al kiwi, le forze delle tenebre non sono esattamente raffinate seduttrici e si frequentano più o meno a caso ignorando le reciproche aree di provenienza.
Ne emerge una San Francisco schizzatissima, dove le vecchiette di Chinatown potrebbero schiacciarci con «quattromila anni di antenati e di civiltà […] dodici figli, cento nipoti, una legione di pronipoti, […] storia, sofferenza e saggezza» semplicemente per aver rubato loro una melanzana, dove le immigrate russe ancora si sentono in colpa per via degli ebrei e gli animali domestici morti fruttano deliziose zuppe, dove gestendo un negozio di musica a Castro si farebbero «più soldi come Mercante di Morte gay che come negoziante etero». Un luogo di oscuri e affascinanti anfratti, di tram sferraglianti, di tombini che parlano e di scoiattoli in abito da sera, oltre che di apocalittiche Cadillac Eldorado Brougham del ’57 e di coraggiosi ispettori di polizia con un’incredulità decisamente sospesa. I personaggi sono, senza esclusione alcuna, deliziosi: dagli intrepidi maschi beta Charlie Asher, Menta Fresca e Ray ai personaggi femminili (l’androgina Jane, l’oscura Lily e la piccola Sophie in testa). Lo stile, indiscusso protagonista del romanzo, non perde un colpo e accompagna la lettura attraverso una serie ininterrotta di aforismi e giochi di parole, capovolgimenti logici e schiaccianti deduzioni.

«”Togli quella salsiccia dalla bocca alla bambina!” “Rilassati, non può mangiarla, non ha neppure i denti. E poi, all’altra estremità non c’è mica un teletubby che geme. Oh Gesù, mi ci vorrà un bicchiere di tequila per togiermi quell’immagine dalla testa!”».

«L’apriscatole gli scivolò di mano, l’olio del tonno gli schizzò sulla camicia e il pane cadde sul pavimento. Ecco, adesso era coperto di peluria. Peluria sul suo toast! Peluria sul toast della Morte. A che diavolo serviva essere il Signore degli Inferi, se c’era della peluria sul tuo pane tostato? “Cazzo!”».

Ho reso l’idea? Devo aggiungere altro? Consigliatissimo in particolar modo a Elderion, al Conte Nebbia e ai mutanti tutti, Damiani in testa.
E un sentito ringraziamento a Isabelle, miniera di buon gusto come di consueto, che ha avuto la cortesia di consigliarlo a me.

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