Il periodo Asuka e la sua arte

Un brandello di storia del Giappone, che oggi mi è venuto lo sghiribizzo di inserire in Wikipedia. La parte in grigio non è mia, ma era già presente. dovrò tornarci perché il paragrafo dell’utente giunto prima di me ed i miei paragrafi non sono ben armonizzati tra di loro e trovo che il suo sia […]

Un brandello di storia del Giappone, che oggi mi è venuto lo sghiribizzo di inserire in Wikipedia. La parte in grigio non è mia, ma era già presente. dovrò tornarci perché il paragrafo dell’utente giunto prima di me ed i miei paragrafi non sono ben armonizzati tra di loro e trovo che il suo sia eccessivamente storico e troppo poco concentrato sull’arte…

Con il termine periodo Asuka si indica il primo periodo buddista della storia del Giappone, convenzionalmente racchiuso tra il 550 e il 700, e deve il suo nome alla provincia in cui venne spostata la capitale, determinando così una profonda influenza dell’idealismo astratto su tutta la cultura del Giappone.
La data convenzionale di inizio del periodo con il 552, quando ebbe luogo l’introduzione ufficiale del buddismo dalla vicina Corea, mentre il periodo si considera concluso con lo spostamento della capitale a Nara, nel 710. Altrio fanno risalire la conclusione del periodo all’assunzione del trono da parte dell’imperatore Tenji, nel 667.

L’introduzione del buddismo
Al momento dell’arrivo del buddismo in Giappone, la posizione più alta dello stato era occupata dalla famiglia Soga, sin da quando il loro capostipite Takanouchi Sukune fu primo ministro dell’imperatrice Zhingo: i Soga, che si succedettero al ministero degli esteri, ebbero sin dall’inizio un grande rispetto per le culture straniere e furono di importanza capitale nella diffusione della nuova religione. Loro avversari in questo furono i membri della famiglia Mononobe, comandanti in capo dell’esercito, soprattutto alla luce dei disordini sociali che sorsero nell’impero dopo l’introduzione della nuova religione. Spalleggiati dai Nakatomi, la famiglia dei sacerdoti custodi dei riti ancestrali, i Mononobe diedero inizio ad un sanguinoso periodo di lotte interne che videro i Soba vincitori, anche grazie alla neutralità della famiglia Otomo (gli ammiragli della flotta). Nonostante la sostanziale vittoria dei Soba e l’inserimento effettivo del buddismo nella nazione, le tensioni interne si accentuarono quando il re Meirei di Corea, nel 522, inviò all’imperatore Kimmei un ricco dono di testi buddisti ed una statua del Buddha Shakyamuni: l’esitazione dell’imperatore nell’accettare il dono e le lunghe discussioni all’interno del consiglio imperiale raggiunsero l’opinione pubblica. Il dono fu infine accettato ma quando una carestia colpì l’impero, i nemici dei Soba sparsero l’opinione che si trattasse di una punizione degli antenati per aver accolto in patria un idolo pagano. La statua venne quindi gettata in un lago ed i libri furono bruciati. A tutt’oggi la scultura dorata è considerata tra le più grandi perdite dell’antichità insieme alla biblioteca di Alessandria.
Nonostante la temporanea vittoria degli osteggiatori del buddismo, il culto si era già parzialmente diffuso in Giappone ed i suoi principi erano già noti in molte regioni quando, nel 554, giunsero dalla Corea i due sacerdoti Donyei e Doshin, recando con sé immagini e sculture. Dieci anni dopo, dalla Cina giunse anche il viaggiatore Chiso, con un altro carico di immagini e sculture, e nonostante questi tre personaggi possano essere considerati gli unici grandi importatori di cultura buddista del periodo Asuka, la nuova religione si diffuse in modo efficace. Al primo ministro Wumako Mononobe si deve la realizzazione di numerosi templi buddisti, eretti per ospitare i ricchi doni frequentemente inviati dai re di Corea Kudara e Shiragi: nel 573 nacque il principe Wumayado, considerato il primo sovrano buddista, e nel periodo della sua infanzia le lotte tra famiglie rivali vennero interrotte dalla nomina della reggente Suiki sua zia, nel 588. Suiki, che diede il nome ad il primo periodo buddista della storia del Giappone, fu una sovrana illuminata e scrisse i diciassette articoli della costituzione giapponese.

I principi della costituzione
Il documento redatto dall’imperatrice Suiki ebbe enorme importanza nella storia giapponese e meravigliò i contemporanei per il suo livello di cultura e illuminazione. Redatta su basi fortemente confuciane, la costituzione partiva dalla necessità della devozione all’imperatore per arrivare a commentare diffusamente i sûtra, che l’imperatrice aveva studiato in cinese. I principi di Nagarjuna venivano non solo spiegati dal testo originale, ma anche applicati alla cultura giapponese in modo efficace e non forzato, decretandone definitivamente l’adozione. Quando, nel 621, il principe Wumayado morì, l’evento nefasto venne riconosciuto da molti come la fine di un’epoca illuminata durata quarant’anni, la prima senza lotte da molto tempo.

L’arte
L’arte del periodo Asuka è fortemente influenzata dall’introduzione del buddhismo in Giappone; i contatti con Cina e Corea divennero molto forti, e il Paese, prendendo coscienza della sua posizione geografica rispetto ai suoi vicini, cambiò il suo nome da Yamato in Nippon ("dove sorge il sole"). L’adozione della nuova fede non fu una cosa indolore; la guerra civile tra coloro che sostenevano il buddhismo, guidati dal clan Soga, e coloro che sostenevano lo shintoismo, guidati dal clan Mononobe, si concluse solo nel 587 con la vittoria di Soga no Umako su Mononobe no Moriya e la conquista del potere da parte del clan Soga. Il buddhismo non soppiantò completamente lo shintoismo, che continuò ad essere seguito a livello popolare, ma fu adottato nelle classi aristocratiche e nella corte imperiale, influenzando così pesantemente l’espressione artistica.
A questo periodo risalgono molti templi e monasteri Mahāyāna e molte statue di buddha e bodhisattva, fortemente influenzate dall’arte cinese e coreana; il tempio Hōryū-ji è oggi la più antica costruzione in legno dell’Estremo Oriente pervenutaci intatta, sebbene sembra che sia stato ricostruito almeno una volta, forse dopo un incendio nel 670, come attestato nel Nihonshoki.
Della capitale, nella regione di Asuka, rimangono solo le rovine marmoree di alcuni templi, con l’eccezione del bronzo di Ankoin ruisalente al periodo Suiko e che, secondo le cronache, era la più grande scultura dell’epoca. Opera dell’artista Tori, che venne ricompensato con un posto a corte, la statua è stata danneggiata più volte da incendi e calamità naturali, nonché da un maldestro restauro nel periodo Tokugawa: lo stile originario dell’opera è oggi deducibile solo dalle braccia, dalla fronte e dalle orecchie, mentre tutto il resto si può considerare aggiunta successiva. Altre opere del periodo Asuka vennero trasportate nella residenza del principe Wumayado dal tempio Horinji, con lo spostamento della capitale a Nara: nella sala d’oro, o Kondo, sono conservate ancora oggi altre statue di Tori, tra cui la trinità Sakya del 625, e la famosa statua in legno e lacca di Kwannon, dono di un re di Corea. Confrontando le importazioni con la produzione locale del periodo, si può notare la tensione degli artisti giapponesi a migliorare le proporzioni proposte dai modeli cinesi e coreani, caratteristici per le grandi mani e i profili rigidi: il risultato è un movimento scultoreo nuovo, attento alla morbidezza dei tratti e allo studio delle proporzioni corporee. Un esempio di questo nuovo stile è la statua di Kwannon a Chiuguji, considerabile un capolavoro di dolcezza e proporzioni.
Altri scultori del tempo, oltre al bronzista Tori, furono Yamaguchi, Kusushi, Toriko e Oguchi. Oltre ai Buddha e ai Bodhisattva, vennero diffusi il tipo scultoreo dei Devaraja, i quattro re guardiani. Gli unici resti di pittura, invece, sono le decorazioni in lacca di uno dei santuari dell’imperatrice Suiko, esempi dello stile Hâng, ed anche le decorazioni del bronzo sono simili a quelle dei modelli Hâng rinvenuti nei dolmen. Tra gli altri esempi dell’arte del periodo, un ricamo conservato a Chiuguji, realizzato in memoria del principe Wumayado probabilmente su disegno di un artista coreano.

(da Wikipedia)

Bibliografia: Kakuzo Okakura, Lo spirito dell’arte giapponese

5 Comments

  1. Mi piacerebbe molto venirci, sarebbe anche un’ottima occasione di incontrare degli amici da quelle parti! Mi segno la cosa in agenda, con così tanto anticipo spero proprio di farcela.

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