Febbre dell’oro

Questo articolo del Manifesto di due giorni fa (sì, continuo a essere indietro con la lettura della rassegna stampa) mi ha ricordato quel periodo in cui ho letto tutto il leggibile sui viaggi per mare per il libro che mi ero messa a scrivere. E che, come al solito, è diventato tutt’altro, mi sono messa […]

Questo articolo del Manifesto di due giorni fa (sì, continuo a essere indietro con la lettura della rassegna stampa) mi ha ricordato quel periodo in cui ho letto tutto il leggibile sui viaggi per mare per il libro che mi ero messa a scrivere. E che, come al solito, è diventato tutt’altro, mi sono messa ad illustrare ecc. ecc.
L’articolo parla di un libro di Anna Unali sulla ricerca dell’oro. Molto affascinante.

In viaggio sugli oceani a caccia di tesoriMarina Montesano
Quando si pensa all’età delle esplorazioni, delle missioni e delle scoperte geografiche, generalmente l’immaginazione corre al Nuovo Mondo, o magari all’Asia remota di Marco Polo e dei molti viaggiatori che percorrevano la via della seta. Accanto a questi orizzonti mitici, però, l’Europa ha a lungo sognato le ricchezze di un continente che a noi oggi sembra portare solo visioni di miseria: l’Africa. Nel corso del Medioevo era noto che, oltre la fascia costiera nordafricana, un tempo parte dell’impero romano, e sempre ben conosciuta e praticata dai viaggiatori europei, vi erano terre immense e ricchissime. Nel primo millennio della nostra era, infatti, fiorirono le civiltà della regione nota come Sudan: originariamente, infatti, questo nome, che in arabo significa «paese dei neri» e che oggi è solo uno stato che si estende a sud dell’Egitto, indicava l’intera fascia di territori posti sotto il Sahara e che dunque si estendevano dalla Guinea al Mar Rosso. Il Sudan era suddiviso in regni che traevano la loro importanza dalla presenza di grandi vie carovaniere lungo le quali viaggiavano merci e schiavi. Il bene più prezioso, però, era l’oro, metallo che in una Europa ancora povera (almeno fino ai secoli XI-XII) di commerci veniva tesaurizzato nei forzieri di cattedrali, abbazie e corti aristocratiche. Il risveglio economico degli europei coincise dunque anche con l’inizio della caccia all’oro. A partire dal Duecento in città come Firenze e Genova, e man mano un po’ dappertutto, si riprendeva infatti a coniare monete auree e il metallo prezioso diveniva così preda ambita. A ricostruire questa storia di avidità, ma anche di sogni, viaggi ed esplorazioni, arriva un libro di una specialista del settore, Anna Unali (Alla ricerca dell’oro. Mercanti, viaggiatori, missionari in Africa e nelle Americhe, Bulzoni, pp. 514, euro 27). La ricerca prende le mosse proprio dall’Africa, la cui storia è letta attraverso i racconti dei viaggiatori arabi ed europei, agli occhi dei quali le terre subsahariane rappresentavano una promessa di ricchezza, alla quale avrebbe puntato in particolare uno stato nuovo per la scena politica europea, ma dotato di grande intraprendenza: il Portogallo. Proprio le navigazioni lungo le rotte della costa atlantica africana costituirono una spinta importante per le impresa di Colombo e di quanti lo seguirono. Ma con la scoperta del Nuovo Mondo anche il mito dell’oro prese una nuova strada e si trasferì oltreoceano. La ricerca della Unali si ferma al Cinquecento, ma sarebbe stato interessante seguire le vicende della caccia all’oro sino al continente nordamericano del XIX secolo. Nell’America Latina lo sfruttamento delle miniere d’oro non rappresenta solo un episodio di storia economica e coloniale, aspetti che naturalmente sono prevalenti, e ai quali il volume dedica ampio spazio: a tal punto l’oro era ricercato da costituire un capitolo importante nella storia dell’immaginario degli europei e, in particolare, dei conquistadores. Emblematica in questo senso è la ricerca dell’El Dorado, la mitica città d’oro cercata in lungo e in largo per il continente, e in particolare nell’impero degli incas. A questa vicenda la Unali riserva gli ultimi due capitoli del suo libro, la cui dimensione si colloca nello spazio che corre tra la storia concreta, dura, dettata dal bisogno economico, e quella del mito degli immensi tesori nascosti, cui generazioni di avventurieri hanno dedicato l’intera esistenza. Una dimensione che coincide, in fondo, con la storia dell’oro.

3 Comments

  1. no aspetta… a me sembra un quadro cinese…

    Preciso che non ho ancora letto il post xkè ora non ho tempo a sufficienza, ma lo farò più tardi. Però , avrei 1 dom.da da farti: come fai a scrivere tanti post così lunghi in poco tempo? Mmmmm, MISTERO….

  2. E’ un disegno del grande Hokusai, quindi giapponese.

    Quanto ai post lunghi… in realtà spesso mi limito a segnalare articoli che mi hanno colpito o interessato e che sono apparsi su giornali on-line o sull’edizione del giorno prima di giornali cartacei. Dove io trovi il tempo di leggerli è cosa che mi domando anch’io.

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